Contro (3)
Altri sguardi sul futuro
Difficile prendere posizione contro Minority Report: un film in cui azione e riflessione, intrattenimento e arte, spettacolarità e impegno si miscelano a meraviglia, equilibrati ingredienti che concorrono a produrre un film, in una parola, perfetto.
Eppure... Eppure una vocina insiste, un certo indefinito disagio non si riesce a cacciarlo dalla testa: un rapporto di minoranza esiste, non lo si può nascondere.
Questo rapporto di minoranza prende le mosse proprio dalla (presunta) perfezione del film, dalla sua levigata "chiusura", l'impermeabile consapevolezza del film stesso di essere un Capolavoro (annunciato: c'è qualcosa della Pre-Crime nella macchina del marketing che promette film che già sono capolavori prima ancora di uscire, totalmente storicizzati prima ancora di fare il loro ingresso nella storia (del cinema), sottratti al giudizio -del pubblico, della critica -prima di commettere il fatto, di essere visti).
C'è la sensazione che il vero argomento di Minority Report sia Spielberg stesso, una sorta di lungo spot di Spielberg per Spielberg. Quasi tre ore di progressivo ripiegamento su se stesso che non produce, che non mostra altro che non sia la volontà di Spielberg di essere Autore, con la A maiuscola, di essere considerato Artista (e magari impegnato, politico, critico verso Hollywood, ad esempio) e non il classico "abile artigiano" che produce un solido prodotto d'intrattenimento, come tanti ce ne sono intorno alle colline di Hollywood.
E dato che ci crede tutti un po' tardi, temendo che potesse sfuggire quanto lui sia Autore, sovraccarica il film di "marche" atte a sottolinearne la presunta "profondità": c'è qualche scena, un'inquadratura solo, in cui non insiste con la storia del vedere, dello sguardo, dell'occhio, del controllo politico? C'è qualche sequenza non sovraccarica di rimandi alla cecità, alla visione come conoscenza del mondo, a Edipo e compagnia? Non solo la critica ma anche lo spettatore minimamente smaliziato non perderà occasione per lanciarsi in spericolate esegesi, nessuno si tratterrà dal piacere di vedere confermate la propria intelligenza e acutezza sviscerando il tema dello sguardo (che, come insegna La critica cinematografica for dummies è la cosa più importante al cinema), ad esempio, o quello dell'acqua (come inconscio vs. libero arbitrio? Forza fatevi sotto!) o la figura della Madre, uccisa, rimossa, e del conflitto col Padre?
Ma tutto è così forzato, sottolineato, didascalico, che alla fine l'unica cosa che veramente rimane è, come una sorta di messaggio subliminale, il diktat "uhè, forte Spielberg, l'ultimo vero regista che riesce a combinare profondità, impegno e intrattenimento, la voce critica all'interno della macchina hollywoodiana!".
A fine visione mi chiedevo: come avrebbe fatto il deus ex machina (Max Von Sidow) a mettere in moto la sua trappola? Come, insomma, avrebbe messo Anderton (Cruise) sulle tracce del (falso) assassino del figlio con l'inevitabile vendetta ecc..? In fondo se Anderton non avesse visto la previsione non sarebbe successo nulla: apparentemente è il classico caso (inviso ai logici) di profezia che si auto-avvera. Dico apparentemente perché forse non è così, c'è sfuggito qualcosa che lo potrebbe spiegare più logicamente: ma non mi interessa, non ora.
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