A favore (3)
Le montagne russe dei generi
Spielberg usa il racconto di P. Dick per mettere in scena una montagna russa che rivisita i generi popolari classici: dalla fantascienza al poliziesco, al noir al fiabesco con persino piccole incursioni nell'horror e nella commedia. Ne risulta un film molto autoironico, incalzante e di grande rispetto verso il materiale di partenza. I temi principali del racconto, l'autorità oppressiva, l'ossessione del ricordo ecc sono presenti come in "trasparenza", per venire fuori del tutto nei picchi drammatici più importanti. Spielberg ci mette molto di suo inserendo divagazioni emotive tipiche del suo cinema che esaltano lo sfondo drammatico e rendono il protagonista certamente più interessante di quanto non lo fosse Harrison Ford in Blade Runner se proprio si vogliono fare confronti. Il merito del film sta nell'abilità con cui Spielberg gestisce il tutto in un'opera cinematografica di divertimento e non in una seriosa opera filosofica pessimista e cupa che sarebbe stata molto meno originale. Senza dubbio il suo miglior film dai tempi di Schindler's List
Marco Vitelli (da Film.TV.it)
L'ombra di Kubrick
Le (molte) persone che hanno disquisito su quanto di Kubrick ci fosse in AI, avranno ancora molto da dire sullo stesso argomento vedendo questo film: è indubbio come l'influenza del regista abbia lasciato una traccia su Spielberg, che specie nel primo tempo richiama lo stile di Kubrick in molti elementi, non ultima la scelta cromatica. Uno Spielberg insolitamente sperimentale, che usa movimenti di macchina per lui decisamente insoliti e financo "sperimentali" che mozzano il fiato più che nelle sequenze di pura azione, uniti alla splendida fotografia di Kaminski che, da sola, rende la visione una vera esperienza. E' buffo come regia e sceneggiatura seguano insieme una parabola discendente in tutto l'arco del film, passando da un primo tempo serrato e ben costruito ad una seconda parte più convenzionale e tristemente banale, specie per il finale quasi disarmante nella sua pochezza. Un peccato, perchè gli elementi davvero validi ci sono tutti, a cominciare dalla sottile ironia che pervade tutto il film nella costruzione di un futuro a zero privacy, al punto che anche certi macroscopici svarioni di sceneggiatura (gli occhi del protagonista che consentono l'accesso ad aree riservate anche dopo l'imputazione) suonano come sarcasmo nei confronti di una società che aspira alla perfezione ma resta fallace nel profondo. Certo, qualcuno potrà avere da ridire sul paradosso temporale che, di fatto, sorregge tutta la vicenda (e che non esplico per non rovinare il film), ma in definitiva lo sviluppo della storia conta meno rispetto alla sua messinscena, che rimane di notevole pregio anche se, e mi ripeto, con una flessione finale. Gli interpreti sono tutti all'altezza, confermando quanto Cruise sia un attore ampiamente maturo, mentre l'emergente Farrell convince meno in un ruolo dalle scarse faccettature. Resta interessante scoprire dove questo "nuovo corso" porterà Spielberg, per troppi anni adagiato su uno stile fin troppo manierato (ma ce ne fossero di "maniere" così!), che sembra ora aver deciso di cercare nuove vie: le premesse sono ottime, la fiducia in uno dei pochi, veri geni del cinema contemporaneo è totale.
Lamberto Lamarina (da Film.TV.it)
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