A favore (2)
Riprovaci Steven
Intendiamoci subito, il film ha un grosso difetto: il finale.
Stavolta lo dico anche io. Ho difeso fino allo stremo il finale di A.I., ma non posso che lamentarmi invece del finale di Minority Report. Per me il film doveva finire con l'ibernazione di Cruise/Anderton e con Morton/Agatha che ritorna a fare la precog.
Due situazioni strazianti (soprattutto la seconda), ma vere... verissime. Il resto non sembra credibile, né - soprattutto - regge cinematograficamente.
Era questo il finale in linea con il resto del film. Steven Spielberg ha (ri)trovato l'energia per fare un film cupo ma non ce l'ha fatta ad andare fino in fondo... e come se Stanley Kubrick avesse deciso di terminare Il dottor Stranamore senza lanciare la bomba...
Per il resto, un film che ridà dignità al genere fantascienza ad alto budget. Dopo anni di film insufficienti e di dignitosi tentativi riusciti a metà (Mission to Mars, A.I., solo per citare i più recenti), dove la sola eccezione di Matrix ha brillato, finalmente un film dalla sceneggiatura credibile, dalla regia brillante, dagli effetti speciali usati con intelligenza, dalla recitazione a tratti sorprendente (su tutti, Samantha Morton).
Il maggior merito di Spielberg e dei suoi collaboratori rimane quello di aver reso benissimo le figure dei precog, in questo surclassando lo stesso Philip K. Dick. Se qualcosa dell'iconografia di questo film rimarrà nella storia del cinema, piuttosto che la navetta della Polizia precrimine (il "Dispenser"), o il sistema di trasporto mag-lev, o Tom Cruise che insegue i suoi occhi, questo sarà lo sguardo smarrito e allucinato della precog Agatha che chiede se quello che osserva attraverso il finestrino dell'automobile avviene nel presente,.
E la scena più straziante del film non è quella in cui Tom Cruise finisce ibernato all'"Inferno", ma quella in cui Agatha è nuovamente rinchiusa a fare la precog nel "Tempio". E poi, la vera curiosità da soddisfare nel finale non è sapere che fine hanno fatto Cruise & moglie, ma qual'è il destino dei precog. Non è certo un caso che Spielberg, che cinematograficamente parlando è un volpone, mette le rivelazioni sui precog sempre successivamente a quelle su Anderton.
Ovviamente un altro grosso merito del film rimane la credibile ricostruzione del futuro prossimo venturo, non a caso freddamente immaginato dal regista insieme a un comitato di scienziati, tecnologi e sociologi. Da brainstorming con questi esperti sono scaturite idee come quelle della scomparsa dei motori a scoppio - sostituiti da mezzi di trasporto alternativi ed ecologici - della scomparsa delle armi da fuoco, della preoccupante evoluzione della pubblicità e, più importante di ogni altra, della complessa questione della "fine della privacy" delineata con emblematico distacco in una delle sequenze migliori del film: la carrellata che dall'alto riprende appartamenti apparentemente privi di copertura (e quindi di privacy) dove una banale umanità vive la sua banale esistenza esposta impietosamente agli sguardi diretti degli spettatori e a quelli indiretti, ma ben più inquietanti, dei tutori dell'ordine.
Il futuro cupo di Dick è distillato da Spielberg in una visione sostanzialmente ma non del tutto positivista, e se molte delle tematiche più tipicamente dickiane vengono rapidamente perse per strada, il film guadagna in realismo quel che perde in incubo. Gli innumerevoli spunti di discussione sul cinema e sul nostro futuro, lanciati quasi con noncuranza dal regista, fanno perdonare le ingenuità da blockbuster di cui (purtroppo) il film è costellato.
Insomma, un film da vedere e rivedere, che non diverrà un cult-movie come 2001: Odissea nello spazio o Blade Runner, ma che sicuramente lascerà la sua traccia sul genere.
Un voto? Sufficienza abbondante... e riprovaci Steven!
Francesco "Frank" Piantini (dalla Mailing List Fantascienza)
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