Nato nel 1914 in Olanda, l'artista si trasferì in Italia, a Milano, nel 1958, iniziando quasi subito a lavorare senza sosta con la Mondadori, legando indissolubilmente la sua carriera alla collana. Quando negli ultimi anni della sua decennale collaborazione la redazione informò i lettori circa i problemi di Karel alla vista, ciò apparve uno scherzo crudele, un'inspiegabile ingiustizia, poichè ancora avremmo desiderato vedersi aprire mille e mille altre finestre su quei mondi lontani, così perfettamente incastonati nel mitico cerchietto rosso della veste grafica di Urania. Karel Thole era una persona sempre vicina al pubblico, desiderosa di svolgere la funzione di filtro e narratore dei suoi dipinti. Ricordo ancora quando, sedendomi accanto a lui in occasione delle frequenti mostre, passava intere ore a raccontare la sua vita e le sue esperienze, oppure descriveva con ardore gli stratagemmi di sua invenzione per superare i problemi alla vista, oppure ancora ci conduceva davanti ad un autoritratto fotorealistico che lo vedeva raffigurato all'interno di una bara. Era un uomo che, sebbene assalito da problemi umani, viveva il suo passaggio su questa Terra come un viaggio sublime e interessante, anche con una punta di ironia.
Parlando degli illustratori di Urania viene ovviamente da pensare subito a Thole, ma non posso evitare di citare altri artisti, che bene o male hanno lasciato un contributo indelebile nella pinacoteca di questa storica rivista, e si sono distinti per il tratto e la peculiare genialità. Potremmo distinguere un periodo pre-Thole ed un altro post-Thole, ciascuno legato nelle tecniche e nella tipologia alla propria collocazione storica.
Ho avuto la fortuna di conoscere o lavorare assieme ad alcuni dei grandi illustratori di Urania, ma purtroppo a causa della mia posizione generazionale non ho potuto apprezzare appieno la bravura di Kurt Caesar o Carlo Jacono, se non in anni successivi, quando ho arricchito la mia collezione procedendo a ritroso nel tempo. Alcuni contemporanei sembrano non amare il periodo degli Anni Cinquanta, quel genere di fantascienza archetipica, così ricca di robot, astronavi a razzo ed avvenenti eroine da salvare, eppure anche quello ha costituito un segmento di cultura irrinunciabile.
Non starò qui ad analizzare i motivi per cui in tempi recenti artisti di altrettanta bravura si siano succeduti ad altri senza restare lungamente ad abbellire con il loro talento le copertine di Urania. La vita è una serie di congiunture temporali, fatta a volte di incontri fortuiti, a volte di scelte obbligate, ma dopo Caesar, Jacono e Thole l'incantesimo degli incontri ha prodotto di nuovo piccole Ere di incredibile bellezza, alcune durate troppi pochi anni. Tra i principali artisti che si sono rivelati degni eredi di Karel Thole possiamo annoverare Oscar Chichoni, Vicente Segrelles e Marco Patrito.
Quest'ultimo in particolare ha contribuito enormemente a Urania, e a tutte le sue pubblicazioni parallele, portando tra noi un bagaglio inesauribile di conoscenze sul design di astronavi e sull'anatomia di esseri altrimenti inimmaginabili. Se non lo conoscessi personalmente oserei pensare sia egli stesso un alieno caduto sulla terra, una creatura infiltratasi tra noi per compiere missioni di vario tipo, tra cui anche quella di divenire illustratore per Urania. A proposito, l'artista ha festeggiato il suo cinquantesimo compleanno proprio questo mese di ottobre: e perbacco... è nato assieme a Urania! Non è questo un segno del destino?
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