La Prima Guerra Mondiale è l'ambiente precipuo, iniziale, dove si muovono i tuoi personaggi; tuttavia, nel tuo romanzo, la guerra si è protratta fino al 1921 con conseguenze disastrose per il panorama politico e geografico di questa possibile realtà storica. Per ridisegnare la "storia", su cosa ti sei basato oltre alla tua immaginazione?
Devo dire che mi hanno aiutato moltissimo i romanzi di Joseph Roth, primo tra tutti La cripta dei cappuccini. Una riflessione autorevole su cosa significasse essere austriaci ai tempi di Francesco Giuseppe. E poi Contro passato prossimo di Guido Morselli, bellissima ucronia su come l'Austria vinse la Grande Guerra.
Il vate nazionale, Gabriele D'Annunzio, combatte a fianco di Matteo Campini: chi è il D'Annunzio del tuo romanzo? La mia impressione è stata quella di vedere un poeta un po' troppo generoso, un galantuomo... Nella realtà, D'Annunzio era decisamente spocchioso e poco nobile, perché hai voluto ridisegnare la sua figura?
Perché volevo che D'Annunzio incarnasse la propaganda patriottica del suo tempo, tutta apparenza, gesti nobili e nessuna sostanza, se si esclude la mancanza di qualsiasi scrupolo nel mandare al macello i soldati. D'Annunzio gioca con la guerra come se andasse a caccia, l'unica cosa che gli interessa è mettersi in mostra e divertirsi con gli aeroplani.
Chi è dalla parte giusta, oggi? Se oggi Matteo Campini fosse qui con noi, se fosse una persona reale, chi combatterebbe?
Oh, c'è poco da aspettarsi da Campini. Voterebbe per l'ultimo che ha sentito parlare e poi rimarrebbe alla finestra, fregandosene di tutto e di tutti, finché qualcosa non lo dovesse colpire personalmente, e solo allora prenderebbe posizione, ma a caso, attaccato alle gonnelle della bella di turno. Perché questo è il suo destino in tutta la trilogia: sempre innamorato come un adolescente di donne problematiche, troppo superiori a lui, si lascia manovrare e non se ne rende nemmeno conto.
Come è successo con Flavia nei Biplani, Corinne nella Perla alla fine del mondo, Ana Vallea nella Balena del cielo. E' un immaturo, o magari sta cercando la madre, di cui non sappiamo nulla.
Il tenente Hans Kriegmann, un tempo amico di Matteo, è stato incaricato (non diciamo da chi per non svelare troppo del romanzo) di mettersi sulle tracce di Campini e farlo fuori: che ruolo ha Hans in I biplani di D'Annunzio? Io in Hans non ho visto un amico-nemico di Campini, piuttosto solo un uomo profondamente confuso, debole e solo: mi sbaglio? Hans e Matteo... facce della stessa medaglia? Chi è il vero traditore dei suoi ideali?
No, anzi, hai fatto centro. Hans è un ragazzotto ingenuo, un pecorone che fa quello che gli dicono di fare, senza spina dorsale. Come Campini, del resto. Per questo che sono amici. Tutti e due sono soli, perché non sono capaci di costruire delle relazioni umane, e per questo si trovano bene nell'aviazione, dove gli dicono cosa pensare e quanti piselli possono avere nella minestra. Sublimando l'erotismo nella retorica romantica dell'aviatore, si sentono dei gentiluomini e dei semidei, mentre invece sono solo carne da cannone, utili idioti da manovrare a seconda della bisogna. Ideali non ne hanno né l'uno né l'altro. Anche se per pigrizia fanno propri gli slogan propagandistici del loro Stato, l'Austria Ungheria. Ma è solo la facciata, dentro c'è il vuoto.
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