
Alla fine degli anni '80, a tredici anni dal lancio, le due Voyager avevano così esaurito entrambe i compiti per i quali erano state costruite, ma mostravano ancora un'operatività sorprendente. Per questo la NASA decise di non abbandonarle al loro destino, ma di seguirle oltre i confini più remoti del Sistema Solare e, dal primo gennaio 1990, alle sonde Voyager fu assegnata una nuova missione, la Voyager Interstellar Mission.
La VIM, che dura tuttora, si propone di analizzare i limiti dell'eliosfera, ovvero di quella zona sferica di spazio in cui l'influenza del Sole, in termini delle proprietà dinamiche trasportate dal vento solare (campo magnetico, particelle energetiche, plasma ecc.), cede ai rigori dello spazio interstellare. In pratica ormai da oltre dieci anni le Voyager stanno cercando di stabilire il confine della cosiddetta eliopausa e la speranza degli scienziati è che possano raggiungerla entro due o tre anni e, comunque, prima che le risorse energetiche si siano esaurite del tutto. Per questo tuttavia c'è ancora tempo. Sebbene le risorse energetiche delle due sonde stiano diminuendo, i tecnici prevedono che, con un opportuno razionamento nell'utilizzo degli strumenti e un progressivo abbandono di determinate funzioni, le Voyager potranno comunicare i loro dati alla Terra almeno fino al 2020.
Intanto dopo che il 17 febbraio 1998 la Voyager 1 ha sorpassato la Pioneer 10 ed è ufficialmente divenuta l'oggetto più distante nel cosmo mai costruito dall'uomo, attualmente sta dirigendosi verso la costellazione dell'Ofiuco con un'inclinazione di circa 35° rispetto al piano dell'eclittica verso nord. Il 30 agosto scorso si trovava a poco meno di 13 miliardi di chilometri dalla Terra. La Voyager 2, invece, è a una distanza di poco più di 10 miliardi di chilometri su una rotta di circa 48° rispetto all'eclittica in direzione sud, verso le costellazioni del Sagittario e del Pavone.
E ogni secondo che passa, quelle specie di 500 del cielo che continuano a funzionare a dispetto dell'età e dei chilometri, si allontanano da noi di 14 chilometri, spostando sempre più avanti il sottile confine tra il conosciuto e lo sconosciuto, spingendosi sempre di più "là, dove nessuno è mai giunto prima..."
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