Osservandoci, si capisce come è facile dividere gli esseri umani.
Vedo una delle poche persone con cui riesca ancora a scambiare qualche parola. E' una donna più vecchia di me, che sta a due corridoi di distanza.
Mi siedo di fronte a lei con il mio vassoio. Tento qualche inizio di conversazione. Lei risponde appena, a monosillabi, fissando il cibo. Poi, improvvisamente, alza la testa. Mi fa il nome di un tipo che conoscevo appena. Un altro che ha ceduto.
- Non ce la faccio più. - sospira.
Proprio quello che temevo.
- Non dire così! - replico, con foga, sia pure sottovoce. - Sai che non possono farti niente di peggio, se non sei tu a metterti nei guai da sola. Pensa ai lati positivi...
- Quali lati positivi?
A questa domanda beffarda, rinuncio prudentemente a rispondere. Qualsiasi mia considerazione logica le sembrerebbe una presa in giro, nel suo stato d'animo.
- Insomma, se preferisci, pensa che non hai molte scelte. Devi resistere.
- Ma per cosa, resistere? E per quanto? Se cambiassero la legge, se tutto fosse inutile...
- Non la cambiano, la legge. Stai tranquilla. Ci sono dei limiti che sanno di non poter superare: troppi rischi. Perciò ci mettono sotto pressione in questo modo.
- E' una tortura..
Sta quasi per piangere, poverina. Ma compatirla sarebbe ancora peggio.
- Certo che lo è! - ribadisco. - Esattamente, una forma di grave pressione psicologica. Ma non sei la sola a subirla: questo dovrebbe darti forza. E poi, non è senza vie d'uscita, per fortuna. Se proprio non resisti, chiedi qualche giorno di permesso...
Lei sogghigna.
- Ho già ottenuto un permesso lungo quando è stata male mia madre. Non ho più diritto a un solo giorno, fino all'anno prossimo.
- Allora, vai dal medico. Datti malata.
Sogghigna di nuovo, amaramente.
- Non ci cascano più. Sono molto severi. O sei moribondo, o niente. No, non c'è un accidente da fare. Adesso vado è gli dico che è finita. Magari per l'occasione li insulto come si deve. Intanto, ormai...
- No, non devi: rifletti, prima di fare sciocchezze - le stringo forte una mano, oltre la tavola. - A te manca così poco, puoi ancora vedere un traguardo...
Scuote la testa, e sospira.
- Vorrei avere la tua forza...Due anni là dentro, e ancora parli così...
* * *
Il pomeriggio non è andato troppo bene. Colpa di quella conversazione deprimente.Ma adesso, finalmente, posso uscire dalla stanza, lasciarmi alle spalle il corridoio e tutto quanto.
Come sempre, conto i secondi, accanto al cancello automatico, in attesa di quel discreto, familiare ronzio.
Faccio passare il mio cartellino identificativo, e il cancello, lentamente, si apre. Rivedrò il cielo, il sole, potrò tornare a respirare l'aria inquinata dal traffico. E riavermi, come ogni sera. Pensare alla casa, alla spesa da fare. Ritrovare la speranza, per assurda che sia.
Non la cambiano, la legge, no - borbotto, fra me e me, come se avessi ancora di fronte lo sguardo spento della mia povera amica.
Non che non ci abbiano provato. Flessibilità, contratti a termine, cooperative fittizie di extracomunitari, "stage" aziendali per dare ai giovani laureati paghe da fame e nessuna sicurezza, fino al lavoro temporaneo nomade organizzato, le carovane migratorie stagionali... Tutto è stato concesso, più o meno legalmente.
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