Anche i tuoi personaggi sono cresciuti...
Ho fatto maggior tesoro delle critiche che dei complimenti (che naturalmente ho apprezzato tantissimo!). Credo sia perché non mi prendo sul serio. In fondo mi è tornato utile, non ti pare? Ed è stato un bene soprattutto per i lettori. Sì, anche i miei personaggi sono cresciuti, hanno maggiore forza e spessore. Oramai mi sembra non solo di vederli, ma anche di toccarli. Perfino i personaggi di contorni hanno maggiore credibilità.
Quali parti del tuo carattere e delle tue esperienze personali vengono maggiormente evidenziate nei tre romanzi?
E' difficile dare una risposta breve. Ci proverò. All'inizio dell'intervista ho detto che scrivo per come sono. C'è parte di me in tutto il romanzo, perfino nei "cattivi". Mi spiego. Durante il liceo ho frequentato un corso di recitazione (ho fatto del teatro amatoriale per dieci anni). Dal momento che ero mora e con un timbro di voce da contralto, venivo utilizzata soprattutto per caratterizzare parti da "cattiva". Devo dire che la cattiveria non fa davvero parte del mio carattere e che spesso la mia semplicità ha finito col procurarmi parecchie delusioni, ma interpretare quei ruoli mi ha fatto scoprire che nel nostro animo possediamo una gamma infinita di emozioni, spesso contrastanti. Ho trovato molto divertente creare personaggi come Xalija, Pyr-Kravos e Sakumer. Ho anche inserito esperienze personali più specifiche. Ad esempio, nel capitolo n. 6 de La Pietra degli elementi, proprio nelle prime righe, ho utilizzato un'esperienza emotiva vissuta assieme alla mia amica Manuela (Tilla). Durante un viaggio in Bretagna, ci siamo sedute su un prato di erica in cima a una scogliera, a guardare il mare che si infrangeva sugli scogli. In giro non c'era anima viva e i nostri mariti si erano avventurati per un sentiero poco lontano. Siamo rimaste a lungo in silenzio, sedute una accanto all'altra, ad ascoltare la voce del vento e dei marosi. Infine abbiamo espresso lo stesso desiderio: una piccola casa su una scogliera come quella, con una finestra sul mare per goderci i tramonti. Non potevo non regalare a Tilla la sua Torre Ovest...
Senza nulla togliere alla sorpresa del finale del terzo libro (lo devo ancora leggere e non vorrei rovinarmelo...) puoi spiegare cosa intendi quando dici: "Il finale non è da me, ma in qualche modo mi appartiene?"
Sono fondamentalmente una persona ottimista, ma ho scoperto in me anche una vena malinconica... Non voglio aggiungere altro, per non anticipare neppure una virgola del finale.
Ti senti semplicemente scrittrice (per caso) di fantasy, o soprattutto scrittrice italiana (per caso) di fantasy? Cosa c'è di italiano nei tuoi romanzi?
Mi sento sicurissimamente scrittrice italiana (per caso) di fantasy. Di italiano nei miei romanzi c'è praticamente tutto. Sono letteralmente affascinata dalle leggende irlandesi e dalla miriade di esseri fatati che le popolano, ma non mi appartengono. E' molto più semplice descrivere ciò che si conosce, così nella mia storia ho evitato di inserire elfi, nani e fate.
La vicenda di cui tratto, ruota attorno all'eterna lotta tra bene e male; una forte influenza nella caratterizzazione del mondo da me creato, hanno avuto i miei studi classici. La faccenda dei quattro elementi (acqua, aria, terra e fuoco) che combinati in vario modo costituiscono la realtà, la troviamo pari pari in Empedocle (uno dei filosofi presocratici). Questo filosofo affermava che i quattro elementi, si uniscono in un insieme confuso, differenziandosi poi per la tensione di due forze contrastanti e cioè odio e amore. La vita, che pervade tutto, è nella tensione di queste due forze e gli esseri umani devono sforzarsi di comprendere una realtà che si trova in continua tensione tra due estremi. Sto diventando un po' troppo seria. In fondo ho solo scritto una favola...
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