(11. e5,a6; 12. Cg5,e6; 13. Tfe1, Dc7; 14. De3, Cge7; 15. Cf3, b5; 16. Ad3, Ab7; 17. Ah6, f6; 18. exf6, Txf6; 19. Axg7+, Rxg7; 20. Tac1, Taf8).
- A questo punto - disse Cordmaker - Korchnoi interruppe di nuovo la partita... Io ero entrato in sala comando per controllare alcuni strumenti e per prendere un solenoide dall'armadietto. Impiegai una mezz'ora, e per tutto il tempo lui non diede segni di vita. Stetti dietro le sue spalle e studiai la partita che compariva sul video di HAL. Smith annotava le mosse sul suo quadernetto e aveva già scritto la successiva. Voleva minacciare la torre avversaria, e a me sembrava buona, perché poi poteva continuare a minacciare con l'altro cavallo, mentre poteva facilmente difendere la sua donna da un attacco.
- E' quanto sembra anche a me - lo interruppi.
Probabilmente, pensai, Smith era già andato oltre, analizzando con varie mosse di anticipo, e voleva essere sicuro prima di inserire la mossa. Forse a questo punto era già sicuro di avere la vittoria in pugno.
I giocatori di scacchi, quelli veri, non come me che sbaglio sempre per impazienza, sono molto prudenti e controllano sempre tutte le possibilità prima di muovere. E guardando la scacchiera pensavo che Cordmaker aveva ragione: eppure riuscivo ad andare un po' più avanti di lui. Vedevo minacce combinate dei cavalli, specie sul punto e6. Null'altro.
Proseguii a spostare i pezzi sulla scacchiera.
(21. Ce4, Cf5; 22. De2, T6f7; 23. Cfg5, ; 24. Cc5, Ac8; 25. Ae4, Cfd4).
Ma Cordmaker, lì sull'astronave, non era rimasto ad aspettare di verificare la sua ipotesi; solo un'ora più tardi constatò di aver visto giusto. Finì di sostituire il solenoide e poi, libero dal servizio, richiamò da un altro terminale la partita. A quel punto non avrebbe più saputo continuare (nemmeno io, per la verità); e non apprese che molto tempo dopo come era finita.
26. h4
A questo punto si possono fare solo delle ipotesi. Nessuno, nemmeno Smith, era in grado di raccontare come si fossero svolti i fatti. Lui era là in sala comando, impegnato in una sfida che assorbiva tutte le sue capacità. Scriveva le mosse nel quaderno, ci rifletteva sopra ancora, poi le perforava nelle schede e le inseriva in HAL. Aspettava che, con un bip, HAL lo avvisasse di aver risposto. Rimaneva immobile a guardare lo schermo dove comparivano i pezzi. Null'altro esisteva.
26..., 110 011 111 110 010 110
Xanth Cordmaker era nella sua cabina, accucciato nell'amaca. Aveva richiamato dalla memoria di HAL la partita, scritta nel linguaggio di HAL, l'alfabeto binario tutto composto di zero e uno. L'aveva tradotta e riprodotta su una scacchiera portatile, magnetica. La osservava pensieroso. Nel resto dell'astronave tutto era come sempre.
Chi doveva fare il turno successivo dormiva per riprendere le forze. Chi aveva appena finito non riusciva ad addormentarsi, e ingannava il tempo leggendo o giocando. Le stanze per i passeggeri erano vuote e desolate, o erano state adibite a deposito e rigurgitavano di armi e macchinari. Desolate, comunque. Il medico era anche lui impegnato negli scacchi: studiava una partita che lo vedeva avversario d'un gropi risiedente a milioni di miglia di distanza. Gli altri lavoravano: il cuoco tentava di ricavare un cibo accettabile dalle conserve, gli scienziati eseguivano i loro esperimenti, gli addetti alle pulizie le loro pulizie. Ciascuno aveva da fare, e nessuno aveva motivi per stare all'erta.
In quel momento arrivò l'astronave.
27. h5
HAL avrebbe dovuto vederla. Avrebbe dovuto percepire con i suoi strumenti il cambiamento della massa nello spazio più vicino. O avrebbe dovuto notare l'interrompersi della rifrazione dei raggi cosmici davanti a sé. Aveva mille sistemi per accorgersi che qualcosa non andava.
27..., 110 100 111 110 100 110
Non se ne accorse. Il video, su cui appariva una scacchiera con una partita in corso, non mostrò lo spazio cosmico circostante. Continuò a riportare una partita di scacchi.
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