Negli anni seguenti il criterio dell'estrapolazione fu solo uno dei criteri seguiti dagli scrittori, anche se era sostenuto da critici come Blish e Knight e se in seguito ebbe vari anni di fulgore quando si propose di parlare non di fantascienza ma di "speculative fiction". Tutte queste posizioni sembrano ritenere che la validità della fantascienza come letteratura sia da cercarsi nella sua capacità profetica (la "vetrina d'esposizione del futuro" su cui ironizzava Ballard); questa, per esempio, è l'idea del nostro Roberto Vacca, il quale parlava dell'utilità della fantascienza per allenare i futuri pianificatori a costruire scenari. Insomma, una palestra per futurologi.
Ma è davvero così? Se si lasciano da parte le giustificazioni a posteriori e si osserva l'incontro tra la fantascienza e il pubblico, si vede che a colpire il lettore non è l'esattezza della profezia, ma la sua novità: i primi Urania presentavano opere famose come L'orrenda invasione e opere di serie B come Le sabbie di Marte o Il clandestino dell'astronave, ma tutt'e tre colpivano per la novità delle idee. E' chiaro che con una certa quantità di letture alle spalle, qualche anno dopo, i romanzi di serie B si rivelavano per tali, ma questo accadeva perché le idee in esse presentate non erano più nuove agli occhi del lettore. La principale ragione che non ci faceva comprare le riviste delle "astronaute in bikini" non era il timore di trovare storie insulse, ma di trovare idee fantascientifiche trite e ritrite. Se invece di leggere l'Urania n. 1 ci fosse capitato allora in mano un fascicolo delle Cronache del Futuro forse l'avremmo trovato altrettanto zeppo di novità.
Anche nello sviluppo della fantascienza è successo qualcosa di simile: l'impatto del materiale è dovuto principalmente alla novità delle idee.
Per mancanza di dati sulla risposta dei lettori del Settecento, lasciamo stare i più vecchi esempi di utopie o romanzi gotici (ma pare che i romanzi gotici non fossero propriamente "popolari"; costavano carissimi, il che spiega il proliferare di edizioni pirate di volumi come il Mercier o il Seriman), ma agli inizi dell'Ottocento una prima esplosione di fantascienza si ebbe con le pretese scoperte di una vita sulla Luna, attribuite all'astronomo Herschel. Partite come racconto su un giornale americano, i lettori le credettero vere e altri giornali le ripresero, corredandole di illustrazioni in cui si vedevano le case dei lunari, i loro animali simili a castori, e la loro forma di uomini alati, con una sorta di ala di pipistrello tesa tra le braccia e le gambe. Per anni circolarono fascicoli in cui erano descritte le scoperte lunari, se ne parlava nei salotti e lo stesso E.A. Poe ne parlò nelle sue opere (certi riferimenti di Mellonta Tauta non sono comprensibili se non si conosce la pubblicistica sui lunari di Herschel).
Il secondo caso sono le opere di Grandville e in particolare Un Autre monde. Il volume presenta un "altro mondo" in cui le forme animali e umane sono mescolate. Il testo ironizza sulla Parigi ricca e le sue abitudini e la mescolanza di quotidiano e di assurdo ha una forte carica ironica.
Con il successivo di questi precursori, Robida, entriamo nella profezia, soprattutto nelle sue visioni di vita futura e di guerra futura. Vent'anni prima di Wells, Robida vedeva con sospetto l'energia elettrica e la chimica, prevedeva un uso imbecille della prima e un uso militare della seconda (celebri i suoi disegni degli artiglieri chimici, con l'elmo col chiodo, la maschera antigas e u cannoni a siringane che spruzzano bacilli e liquidi velenosi).
In tutt'e tre i casi, a colpire il lettore non era la correttezza dell'estrapolazione, ma la forza con cui l'immagine veniva a corrispondere a emozioni già presenti e a dare loro una forma.
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