Fantasia & Nuvole
Robin delle stelle
Questo mese Fantasia & Nuvole si concede una pausa dalle inesauribili storie di "robottoni e missiloni" giapponesi per trattare invece una miniserie per certi versi singolare, delicata, poetica, utile se non altro a capire come l'universo dei fumetti di fantascienza (nel caso qualcuno avesse dei dubbi) sia tutt'altro che monocorde. Entriamo, dunque, nel mondo romantico ed evocativo di Robin delle stelle, di Carlos Trillo ed Enrique Breccia..
la storia
Siamo agli albori del diciottesimo secolo. Una goletta inglese, sotto il comando del capitano Robin Conrad, percorre la distesa azzurra dell'Oceano trasportando un carico d'oro dalle colonie. Ma il viaggio non è dei più tranquilli: gli ufficiali di bordo, tentati dalla presenza a bordo d'un simile tesoro, progettano un ammutinamento. Per di più, un'inquietante bonaccia, che si prolunga da giorni, e una nebbia fitta dai contorni innaturali calata come un mantello sulla nave, tendono a dismisura i nervi già provati del capitano.
La tensione cresce, si fa palpabile. La rivolta è sul punto di scoppiare quando, all'improvviso, la nebbia si dirada, rivelando agli occhi dell'equipaggio uno spettacolo mozzafiato. Proprio sulla rotta della goletta, impossibile da evitare, nel mare si apre una voragine immensa, come se il tappeto turchese dell'oceano fosse orribilmente lacerato.
I marinai sono presi dal panico. Non c'è tempo per invertire la rotta, e il mare è troppo profondo per gettare l'ancora. Guidati dagli ufficiali ammutinati, gli uomini calano le scialuppe e fuggono remando con la forza della disperazione.
Robin no. Lui resta a bordo, deciso a seguire comunque la sorte della nave che gli è stata affidata. Al suo fianco, il fedele lupo di mare Jonah e il giovane mozzo o'Flagherty, i due marinai più devoti.
L'immenso gorgo inghiotte la nave, e tutto sembra perduto. Ma non è così. La voragine è in realtà un varco dimensionale, uno strappo nel tessuto spazio-tempo capace di trasportare uomini e cose da un capo all'altro dell'universo.
I tre inglesi, uomini del settecento, non sanno nulla di tutto ciò: essi si ritrovano semplicemente, ripresi i sensi, su un mondo di sabbia azzurra con tre lune, a interrogarsi sui perché d'un simile prodigio.
Ma presto il loro spirito pratico ha il sopravvento. Decidono di esplorare i dintorni, e così facendo s'imbattono in un essere alieno intelligente, cui salvano la vita. Per gratitudine, costui ascolta il confuso racconto dei terrestri e intuisce l'accaduto. Non può aiutarli a tornare sulla Terra (il varco dimensionale, fenomeno temporaneo, si è richiuso), però può fornir loro uno strumento utilissimo, uno strabiliante dispositivo di controllo energetico in grado di fungere da traduttore universale, da motore interstellare, da generatore d'aria e chi più ne ha più ne metta.
Per singolare coincidenza, tale strumento ha la forma di un flauto: per scegliere e attivare le sue funzioni, occorre suonare varie combinazioni di note.
Così, grazie alla musica di questo stupefacente flauto dimensionale, e soprattutto a una mentalità ottimista e pragmatica che consente loro di non stupirsi mai di nulla, i tre uomini diventano "marinai delle stelle", e la loro goletta una nave spaziale, a bordo della quale percorrere le infinite rotte del cosmo. Robin, Jonah e o'Flagherty non torneranno più sulla Terra, ma vivranno fantastiche avventure, s'imbatteranno in razze avanzatissime e in popoli barbari, combatteranno mostri e robot, conosceranno telepati e cloni. Vivranno una vita da vagabondi, è vero, ma in fondo, e ne sono ben consapevoli, è la scelta che hanno fatto la prima volta che hanno messo piede sulla tolda d'una nave.
gli autori
Carlos Trillo, sceneggiatore di Robin delle Stelle, è uno dei più prolifici maestri della scuola argentina. Ha firmato innumerevoli serie di fumetti, impegnandosi nei più svariati generi, dalla fantascienza al giallo, dal noir all'umoristico. Molti suoi lavori sono stati tradotti in italiano, e ospitati sulle pagine degli albi dell'Eura Editoriale e della Comic Art . Tra questi ricordiamo Loco Chavez, Il ragazzo senza nome, Bruno Bianco, Cybersix (cui abbiamo dedicato un numero di Fantasia&Nuvole) e lo strepitoso Uscita di Sicurezza, un vero gioiello che a nostro parere è il suo capolavoro.
Enrique Breccia, disegnatore dell'opera, è senza ombra di dubbio un gigante del fumetto sudamericano e mondiale. Figlio d'arte (suo padre, Alberto Breccia, autore di chiara origine italiana, è considerato uno dei padri fondatori della scuola argentina) è dotato di un tratto talmente caratteristico ed espressivo da non aver quasi bisogno di firmare le sue tavole. Al lavoro tra matite e inchiostro di china fin da giovane età, Breccia ha firmato negli anni un numero incredibile di capolavori, tra cui non possiamo non citare Alvar Mayor e Viracocha, entrambi ambientati tra gli Incas all'epoca della conquista spagnola, tema e scenario molto cari al disegnatore argentino.
La figura umana è il vertice dell'attenzione di Breccia. Essa è il fulcro d'ogni sua vignetta, è un concentrato maniacale di dettagli, è carica di tali e tanti significati espressivi che a volte le didascalie e i dialoghi che la contornano sono assolutamente ininfluenti. Le opere di Breccia si possono seguire quasi compiutamente senza leggere i "balloon" (difatti, per lunghe sequenze il disegnatore ne fa del tutto a meno), e credetemi, questa non è virtù comune.
Soprattutto, l'arte di Breccia si rivela nei dettagli anatomici zoomati in primissimo piano: una vignetta occupata per intero da un dito, inquadrature di una bocca ghignante, un piede dal calzare consunto, un mento irsuto, frammenti della figura umana che Breccia getta in faccia al lettore quasi con provocazione, con l'impatto di certe foto di Oliviero Toscani. Breccia, come Toscani, non cerca il bello. Il bello è finto, il bello non gli interessa. Lui preferisce affascinare con la bruttezza della realtà, colpire e scuotere il lettore con l'eccessivo, il grottesco, a volte persino con il deforme. Ed ecco che i suoi personaggi, persino i protagonisti, sono puntualmente disegnati sporchi, con le vesti lacere, con nasi adunchi, ventri prominenti, denti anneriti, capelli unti, unghie rotte e segnate di nerume. Breccia non ama i suoi personaggi. O forse li ama troppo, perché li vuole vivi e veri, grondante realtà mescolata col fango, col sangue, col sudore. Ecco: a volte le chine di Breccia ci sembrano davvero secrezioni corporali, umori che imbrattino la carta lasciando macchie con forme di sogni indimenticabili.
curiosità e spunti
L'ambientazione settecentesca di Robin delle stelle è piuttosto insolita per un fumetto di fantascienza. Più che al filone steampunk, però, l'impostazione storico/fantasiosa (e anche un certo umorismo latente) riporta alla mente un grande classico della letteratura occidentale, il rutilante Barone di Munchausen. C'è ovviamente, una profonda differenza, e le distanze vengono mantenute con attenzione, perché Trillo riesce magnificamente a non cadere mai nella trappola del fantasy puro. Persino quando Robin e i suoi si imbattono in esseri che ai loro occhi di inglesi pre-moderni appaiono come maghi, fate e gnomi, c'è sempre una puntualissima spiegazione razionale a dimostrarci che l'universo non è poi così pazzo.
No, l'universo non è folle, dice Trillo. Semmai, citando Adams, è così spaventosamente grande che, per quanto una cosa sia strana, da qualche parte si finirà infallibilmente per trovarla. E citando invece Clarke, oltre un certo livello la magia e la tecnologia si confondono, si prendono per mano e avanzano sul sentiero d'una Grande Unificazione che non è più soltanto un concetto di Fisica Quantistica.
La visione settecentesca del capitano Conrad e dei suoi compagni è d'altra parte un ottimo pretesto per meditare sulle contraddizioni e le assurdità del mondo moderno. Trillo, con garbo, con una delicatezza che affascina, riesce attraverso gli occhi di Robin a mostrarci una parte di noi stessi che forse non avevamo mai visto, e a darci lezioni di tolleranza, di antimilitarismo, di rispetto, di umiltà, di una filosofia spicciola, forse, ma mai banale. Come nell'episodio in cui la goletta di Robin sbarca su un pianeta abitato da scimmie antropomorfe, prede inermi di un grande mostro marino. I terrestri, impietositi, insegnano agli scimmioni l'uso delle armi per difendersi... Ma le scimmie sono troppo simili all'uomo: imparano subito, e non perdono un istante a rivolgere le armi contro se stessi in una folle (ma plausibilissima, purtroppo) guerra sterminatrice. Grande Trillo.
Oltre al suddetto Barone di Munchausen, un altro filone classico che Robin delle stelle richiama alla mente è l'opera di Giulio Verne. Da Ventimila leghe sotto i mari a Viaggio al centro della Terra, lo scrittore francese è chiamato in causa più volte nel corso del fumetto, attraverso spunti di sceneggiatura come lo "strappo" nell'oceano (chiara citazione del maelstrom di Viaggio ecc... che mette in comunicazione il mondo esterno con quello sotterraneo), ma anche attraverso l'atmosfera, l'aria fantasiosa, buonista e forse un po' retrò , che potrebbe farlo apparire come un fumetto datato, ma che invece è una scelta precisa e un omaggio rispettoso verso il grande Jules. Ecco, Robin delle stelle è senza dubbio un esponente di quella romantic science fiction che Verne incarna (per meglio dire ha fondato): una fantascienza che si nutre del novum, della tecnica e del mistero, ma anche delle passioni, del sentimento, della nostalgia, dell'incanto che soffia come una brezza sulla spuma dell'oceano.
In questo senso, la brevità della serie (neppure una decina di puntate) è un pregio, e non già un difetto: il plot di Robin delle Stelle si prestava infatti a lunghissimi seguiti, non avendo un orizzonte temporale definito. Ma una simile lievitazione avrebbe rovinato il delicatissimo impasto di atmosfera e romanticismo del fumetto, rischiando di farlo sbrodolare in un polpettone senza più sapore. Diamo atto agli autori di aver saputo dove mettere punto, una qualità che non tutti hanno (e gli esempio sono sotto i nostri occhi, purtroppo).
Quello di Robin delle stelle è un romanticismo nell'accezione più letteraria del termine, un modo di sentire e di esprimersi che oggi è raro a trovarsi, e che forse senza Trillo e Breccia avremmo creduto del tutto estraneo al fumetto di fantascienza. E in questo, secondo chi scrive, risiede il loro più grande merito.
Alla prossima.
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