Sono trascorsi quarant'anni da quando, nel numero di aprile del 1965 di Electronic Magazine, Gordon Moore, più tardi cofondatore di Intel, enunciò la sua celebre legge sui progressi delle tecnologie elettroniche, prevedendo che le capacità di integrazione di transistor su singolo chip sarebbero cresciute con legge esponenziale, raddoppiando ogni 18 mesi circa. Questa legge empirica, basata sulla semplice osservazione, è stata sorprendentemente rispettata nel corso degli anni dallo sviluppo dell'elettronica, ed è passata alla storia come "legge di Moore". Ormai, però, i progressi nelle procedure realizzative si stanno spingendo sempre di più ai confini del suo campo di validità: entro qualche anno al massimo, valutabile in una manciata di nuove generazioni di chip, si raggiungerà il limite ultimo della capacità di integrazione. Allora, le dimensioni di un transistor saranno valutabili su scala atomica e le ingerenze quantistiche che già oggi interferiscono con il funzionamento ideale dei dispositivi diverranno predominanti. Si pone quindi il problema dello studio di una via d'uscita da questo empasse tecnologico. Questa via d'uscita potrebbe essere fornita dal tanto a lungo favoleggiato computer quantistico. Di recente sono balzate all'attenzione dell'opinione scientifica internazionale alcune notizie che farebbero ben sperare nel progresso della tecnologia in questa direzione.Era febbraio quanto un team di fisici del National Institue of Standard and Technology e dell'Università della California di Santa Barbara diede l'annuncio di essere riuscito a unire due dispositivi superconduttori in uno stato di correlazione interdipendente, situazione fisica che imitava le speciali interazioni di entanglement osservabili in coppie di sistemi quantistici. L'entanglement è infatti un fenomeno che può essere reso in italiano come "intrecciamento" e consiste nell'accoppiare e rendere mutuamente dipendenti gli stati di due sistemi atomici o subatomici. Caratteristica questa che permette di costruire porte logiche in un computer quantistico, consentendo di determinare il valore di un qubit (il famigerato bit quantico, equivalente quantistico dei bit classici) semplicemente osservando il valore di un altro.Gli esperimenti, effettuati al laboratorio del NIST di Boulder, in Colorado, rappresentano un passo importante verso il possibile utilizzo di "atomi artificiali", prodotti con materiali superconduttori, nell'archiviazione e nell'elaborazione di dati in un eventuale computer quantistico futuro.

Lo studio dimostra infatti la possibilità (già nota a livello teorico) di misurare praticamente, virtualmente in contemporanea, le proprietà quantistiche di due atomi artificiali interconnessi. Finora i qubit superconduttori venivano misurati uno alla volta, per evitare effetti indesiderati sui qubit adiacenti. Questo successo dimostra che le caratteristiche degli atomi artificiali possono venir coordinate in maniera consistente con il fenomeno dell'entanglement osservabile nei veri atomi.

"Il nostro esperimento" ha detto il fisico John Martinis "ci permetterà di effettuare semplici operazioni logiche usando atomi artificiali". Secondo il suo collega Ray Simmonds, "anche se i computer quantistici non saranno una realtà prima di molto tempo, questi studi produrranno nuovi metodi per progettare, controllare e misurare gli effetti quantistici dei sistemi elettrici".Al mese scorso risale la pubblicazione di una ulteriore ricerca nel campo, volta a determinare l'impatto dell'ambiente sulle prestazioni di un computer quantistico. Un gruppo di scienziati di varie istituzioni ha infatto scoperto come le prestazioni di un computer quantistico possono essere influenzate dall'ambiente che lo circonda. Lo studio è di una importanza cruciale dal punto di vista delle tecnologie realizzative, in quanto permetterà agli ingegneri di comprendere meglio come integrare componenti quantistici in un normale personal computer, facendo un passo avanti verso l'informatica quantistica del futuro.

I ricercatori del London Centre for Nanotechnology, dell'University College di Londra, dell'Istituto Federale di Tecnologia (ETH) di Zurigo, dell'Università di Chicago e dell'Università di Copenhagen hanno dimostrato che, come conseguenza della sensibilità dei sistemi quantistici alle perturbazioni ambientali, l'ambiente può alterare radicalmente il comportamento di un computer quantistico, un effetto che non è presente nel caso dei computer convenzionali come quelli utilizzati al giorno d'oggi.

Il fisico Gabriel Aeppli, direttore del centro londinese per le nanotecnologie, spiega: "Una delle questioni più importanti nelle scienze naturali è se la meccanica quantistica sia rilevante per le esperienze di tutti i giorni. La questione è rappresentata graficamente dal celebre problema del gatto di Schroedinger, ma tradizionalmente viene considerata di interesse puramente accademico, senza una reale importanza pratica. Tuttavia, la necessità di comunicazioni sempre più sicure e di elaboratori sempre più veloci fa sì che in futuro, quando i qubit quantistici sostituiranno i classici bit binari 0 e 1, la risposta diverrà rilevante. Per costruire un computer quantistico è necessario che i qubit rimangano stabili in un ambiente di immersione realistico, come i circuiti integrati dei tipici personal computer". 

Conseguenza di questo studio è la certezza che nei futuri computer quantistici l'ambiente modificherà il comportamento dei qubit in risposta a stimoli quali onde radio. Si pongono quindi problemi non banali di controllo delle fonti di disturbo esterne. Collateralmente, la ricerca suggerisce anche che l'effetto può essere controllato dalle stesse onde radio e dalla temperatura ambientale.Risale invece ai giorni scorsi la notizia che sempre al National Institute of Standards and Technology (NIST) degli Stati Uniti è stato compiuto un nuovo passo fondamentale nel campo, con la realizzazione di una procedura che potrebbe consentire ai futuri computer quantistici di decifrare i codici crittografici attualmente più usati. In un articolo pubblicato sul numero del 13 maggio della rivista Science, i ricercatori dimostrano che è possibile identificare gli schemi ripetuti in un'informazione quantica immagazzinata in uno schema di ioni. Gli autori hanno usato tre ioni come qubit per rappresentare gli 1, gli 0 o - come consentono le bizzarre regole della fisica quantistica - sia 1 che 0 contemporaneamente.

Gli scienziati ritengono che, in un computer quantistico, i dati possano venire elaborati da schiere molto grandi di ioni simili. Finora, le dimostrazioni di processi di questo tipo avevano utilizzato qubit costituiti da molecole in un liquido, un sistema che non può essere espanso a un gran numero di qubit. "Il nostro esperimento" ha dichiarato John Chiaverini, "può aprire la strada verso la costruzione di un computer quantistico su grande scala".

I ricercatori del NIST hanno usato ioni di berillio intrappolati elettromagneticamente per eseguire la versione quantistica del processo di "trasformata di Fourier", un metodo comunemente usato per l'analisi spettrale di un set di dati. La versione quantica rappresenta il fondamentale passo finale nell'algoritmo di Shor per trovare i "fattori primi" di numeri molto grandi. Questo procedimento, sviluppato da Peter Shor dei Bell Labs nel 1994, è di notevole interesse per le moderne tecniche di crittografia (che sfruttano il fatto che a tutt'oggi anche i supercomputer più potenti impiegano tempi lunghissimi per trovare i fattori primi di numeri molto grandi) ed è usato per codificare informazioni militari e transazioni bancarie. Un computer quantistico che usa l'algoritmo di Shor potrebbe decodificare le informazioni in un periodo di tempo ragionevolmente breve, di crescita polinomiale con la grandezza del numero anzicché esponenziale.Per quanto siano promettenti questi risultati, è però evidente come la ricerca sia ancora lontana dalla messa a punto di un computer quantistico, e ancor più lontana si prospetta la commercializzazione di questi dispositivi potentissimi e delicati. Il vostro vecchio pc a transistor, quindi, può dormire sonni tranquilli. In attesa che la nuova generazione di macchine elaboratrici raggiunga la maturità necessaria per scalzarlo dalla vostra scrivania.