Per centinaia di anni Ipparco fu il principale riferimento in campo astronomico dell'antichità al quale si deve l'intera tradizione astronomica classica occidentale. Tra il 140 e il 125 aC il grande astronomo greco calcolò la lunghezza dell'anno con un margine di errore di soli sei minuti e mezzo, osservò per primo una supernova e formulò teorie sul moto del Sole e della Luna. Ma quello per cui viene maggiormente ricordato è il suo Catalogo comprendente 1080 stelle che l'astronomo suddivise anche secondo una scala che teneva conto della loro brillantezza. Finora tuttavia nessuno aveva potuto vedere un Catalogo di Ipparco, ma la sua esistenza poteva essere desunta esclusivamente dalle citazioni, peraltro innumerevoli, che appaiono su altri documenti più recenti giunti fino a noi, come ad esempio dagli scritti di Tolomeo e di Plinio il Vecchio. Si ritiene che gli originali o le prime copie di tale catalogo potrebbero essere andate perdute nel famoso incendio della Biblioteca di Alessandria. Ebbene, invece una copia del Catalogo potrebbe invece essere stata per centinaia di anni sotto gli occhi di tutti, senza che nessuno se ne accorgesse. A fare l'affermazione è stato l'astrofisico Bradley Schafer della Louisiana State University, secondo il quale una copia del Catalogo stellare di Ipparco si troverebbe in Italia, rappresentato sul mondo che sorregge Atlante nella statua dell'Atlante Farnese che si trova nel Museo Nazionale Archeologico a Napoli. La prova più decisiva che ha permesso a Schafer di giungere a tale conclusione è stata l'osservazione della rappresentazione della precessione. La precessione dell'asse terrestre è quel fenomeno per cui l'asse terrestre ruota lentamente secondo un doppio cono con un ciclo di 26000 anni, proprio come fa l'asse di una trottola. Questo comporta diversi effetti, tra cui l'inversione delle stagioni e la variazione della stella che corrisponde al Polo Nord celeste. Schafer ha determinato così 70 posizioni sul globo della statua e, con un modello matematico, ha cercato l'anno che corrispondeva alle medesime posizioni nel cielo. Il risultato è stato proprio 125 a.C. con un errore di ± 55 anni. La data del 125 a.C. corrisponde in maniera sorprendente alla data del catalogo di Ipparco che, secondo gli storici, si collocherebbe intorno al 129 a.C. Il 125 a.C. eliminerebbe inoltre anche tutti gli altri possibili candidati come il catalogo di Arato (275 a.C.), di Eudosso (366 a.C) e come quello assiro (1130 a.C.) in quanto sarebbero tutti troppo antichi, mentre quello di Tolomeo (128 d.C.) sarebbe troppo recente per trovare corrispondenza. Ma le prove non si fermano qui. L'accuratezza della rappresentazione delle stelle che compaiono sul globo è entro i 3.5 gradi d'arco che non sarebbe possibile riprodurre dalle semplici descrizioni verbali di Arato o Eudosso, i cui cataloghi avevano un'accuratezza che non superava gli 8 gradi d'arco. Infine, le costellazioni rappresentate corrispondono in maniera piuttosto singolare alle descrizioni che ne ha fatto Arato in un suo commentario dove riportava il lavoro di Ipparco. L'Atlante Farnese, la cui particolarità è proprio quella di sorreggere un globo con le costellazioni, invece dei continenti come in genere è consuetudine dell'iconografia di Atlante, è datato 150 a.C. ed è la copia romana di una statua greca di epoca ellenistica. Sul globo sorretto da Atlante sono rappresentate 41 costellazioni, l'equatore celeste, i tropici e l'eclittica.