Il ritorno di Jason Bourne, ex agente di punta di un programma segretissimo della CIA, è all'insegna dell'idea di un sequel superiore e più dinamico dell'originale, ma - soprattutto - della voglia di creare una franchise imprevedibile e senza punti fermi eccessivi. Una mancanza di ritualità (a parte la canzone dei titoli di coda finale Estreme Ways di Moby) che serve al personaggio di Bourne per differenziarsi dalle saghe di altri agenti segreti cinematografici il cui stile è diventato ormai una gabbia di ferro dal punto di vista narrativo. In più Matt Damon è veramente bravo nel rendere al meglio l'ordinarietà di un uomo che viene come 'innescato' quando qualcosa di storto sembra riportarlo a quel passato che lui ha ricordato solo in parte. Ed è molto bravo anche il regista Paul Greengrass (Bloody Sunday) a mantenere intatto uno stile autoriale che rende credibili le reazioni straordinarie di una persona apparentemente normale, che reagisce in maniera imprevedibile al pericolo. Ecco perché l'incontro con un killer sulla spiaggia di Goa in India diventa per Bourne un motivo valido per tornare in azione e capire chi e perché lo sta braccando. Dopo averlo lasciato in Grecia sulla spiaggia in cui la sua compagna gestiva un ristorante qualcosa è cambiato in questo agente segreto che aveva perso la memoria nel primo fortunato capitolo The Bourne Identity tratto da un romanzo di Robert Ludlum. Adesso Bourne deve capire chi sta tentando di incastrarlo, coinvolgendolo nella morte di alcuni agenti in uno scambio di documenti avvenuto a Berlino. In più, l'ambientazione europea del film tra Napoli e Berlino, fa di questa pellicola un insolito thriller europeo così come era stato il primo film girato tra la Svizzera e Parigi. Ed è in questo contesto originale che troviamo, poi, l'interpretazione di un gruppo di attori notevolissimo: dopo Il Signore degli Anelli e Riddick, Karl Urban offre un'altra prova di sé e del suo carisma nel ruolo di un russo assassino di professione. Brian Cox, invece, dà vita alla sua interpretazione più infida e dark dopo quella di Hannibal Lecter in Manhunter di Michael Mann e dopo quella di Goering ne Il processo di Norimberga. Sebbene Julia Stiles abbia uno spazio risicato e risulti un po' impacciata nei pochi minuti in cui la vediamo sullo schermo, Joan Allen riscatta la parte femminile del film con un ruolo da donna tosta: un dirigente della CIA tutt'altro che ottusa perfetto per questa bionda attrice nota per le sue partecipazioni Pleasantville, The Cruciale, La tempesta di ghiaccio, Nixon e The contender. Da notare e apprezzare - sebbene in un ruolo molto breve - anche un semi irriconoscibile Marton Csokas che il pubblico italiano ha conosciuto soprattutto con Evilenko di David Grieco dove interpretava il magistrato sulle tracce del mostro di Rostov.
The Bourne Supremacy appartiene a quella specie di film abbastanza rara in cui un sequel riesce a essere più articolato e perfino riuscito rispetto al capostipite di quella che - possiamo supporre - diventerà in breve tempo una saga.
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