di

Luca Masali

Povero angelo

Luca Masali ha una grande capacità, ovvero quella di riuscire a rendere affascinante e al tempo stesso familiare (per quanto sia possibile), anche l'inedita esperienza di guidare un Mig sovietico. Non è cosa da poco. Occorre avere un'ottima padronanza di stile, grande conoscenza della materia, una passione incondizionata per l'oggetto dei desideri in cui ci si cala attraverso lo strumento della fantasia, e un'immaginazione non standardizzata, un cervello che riesce a frammentare il consueto punto di vista e a ricomporlo secondo prospettive differenti, che lasciano un sapore arcano e nuovo nel palato del lettore ormai assuefatto a minestrine di tutti i generi. Primo e vigoroso esempio di questa capacità di Luca di "andare oltre" ci è venuto con il suo romanzo I biplani di D'Annunzio, ma eccola felicemente riproposta in questo racconto denso di suggestioni. Se non l'avevate ancora letto nell'antologia Fantastorie dal terzo pianeta curata da Valerio Evangelisti per l'Editoriale Avvenimenti, eccone giunta la ghiotta occasione per merito delle pagine di Delos. (Franco Forte)

Vide tutto rosso per un secondo, poi nero. La testa gli scoppiò per il dolore atroce. La cloche premuta contro il petto, come un coltello sacrificale piantato nel cuore. Nella bocca, l'odore e il sapore del sangue uscito dai capillari del naso esplosi per l'intollerabile accelerazione si mescolava al gusto di plastica del respiratore. Le sacche aeree della tuta anti-G si gonfiarono, comprimendo il povero corpo martoriato del pilota. Lontano, come in un sogno, attutito da ondate di dolore puro, sentiva il cupo lamento della sirena d'allarme che lo avvertiva, se ce ne fosse stato bisogno, di aver superato i limiti srtutturali dell'aereo... E di essere andato molto vicino a superare anche i 20 G, l'accelerazione alla quale non si poteva sopravvivere. Stupito di essere ancora vivo, spinse leggermente in avanti la manetta e con un colpetto di cloche riportò l'aereo in assetto normale. Aveva rischiato la distruzione dell'aereo e una morte atroce, ma ce l'aveva fatta. Il missile aveva sfiorato la pancia del vecchio MiG Fulcrum e stava perdendosi contro il cielo azzurro cupo, dello stesso colore del mare nel Golfo della Sirte.

L'aereo nemico effettuò allora una manovra impossibile.

Si bloccò letteralmente in aria, come se avesse frenato di colpo, il muso piantato in verticale contro la tropopausa quasi visibile a quell'altezza. In un secondo e mezzo passò da cinque Mach a zero e si voltò come un cobra per lanciare un nuovo attacco.

A occhio, il pilota libico stimò un'accelerazione di 140 G. Era l'equivalente di lanciarsi a mille chilometri all'ora contro un muro di cemento... E per di più, il Nemico aveva dimostrato di essere controllabile oltre lo stallo. Le sue peggiori paure erano confermate. A bordo della macchina non poteva esserci un pilota umano, che sarebbe certamente morto sul colpo... Lui stesso aveva rischiato di morire per un'accelerazione dieci volte minore! Era un aereo robot dell'ultima generazione, un segreto militare del Nemico. Non aveva speranza di cavarsela, con quel vecchio Fulcrum russo. "Allah Akbar", mormorò a se stesso. Dio è grande. E buttò il Fulcrum in picchiata, per acquisire velocità e cercare di schivare il prossimo missile.

Ahmed Kassani, a bordo del vecchio Fulcrum, credeva di essere solo mentre lottava per la vita contro l'aereo robot. Invece il duello aveva un sacco di spettatori. E stavano innervosendosi sempre di più.

-- Cristo, finitela con quel fottuto MiG! Possibile che un aereo da seicento milioni non riesca a fare a pezzi una carcassa libica?

-- Signore, io...

-- Io un cazzo! Sono circondato da idioti incompetenti! Il Presidente vuole la soluzione finale ADESSO!

-- Signore, è impossibile... Se accendiamo il Campo di Singolarità adesso, ci portiamo dietro anche il libico...

-- Non me ne frega un cazzo di quel morto di fame! Ho detto ADESSO!

L'avvisatore di bordo urlò, quando il radar di puntamento dell'aero robot illuminò il Fulcrum. Ahmed chiuse gli occhi, aspettando lo schianto del missile. Questa volta non poteva evitarlo. Non c'era più nulla che potesse fare. Il cielo si illuminò di un bagliore dorato e il pilota provò una straordinaria sensazione di pace. Quello dunque era il paradiso dei giusti? Stupito, il pilota si guardò intorno. La luminosità dorata stava svanendo lentamente... Spalancò la bocca per la sorpresa. Il Golfo della Sirte era sparito, lasciando il posto a un oceano di sabbia. Ma non era la familiare sabbia del deserto libico. Il colore non era quello giusto! Con la coda dell'occhio vide il Nemico e gli si rizzarono i capelli in testa. Non era ancora morto, quindi! L'aereo robot sembrava non badare più a lui. Si dirigeva in leggera picchiata contro una catena di montagne nel bel mezzo del deserto. Ahmed inserì il postbruciatore, e si gettò all'inseguimento. Possibile che il cacciatore fosse diventato preda?

Il mercante osservò a bocca aperta la scena. Dio gli aveva parlato molte volte in sogno, ma mai gli aveva mandato due angeli! Due angeli d'argento, fiammeggianti, sembravano correre nella sua direzione. Si stropicciò gli occhi, incredulo. Poi cadde in ginocchio, sulla sabbia calda del Rub' Al Khali, il Grande Deserto, quando uno dei due angeli diventò improvvisamente una palla di fuoco, più luminosa del Sole. L'uomo si raggomitolò nella posizione della preghiera e sentì la pelle scaldarsi, mentre le sue membra vennero percorse da uno spiacevole formicolio.

Ahmed cabrò di colpo, mentre il Nemico esplodeva. Pallido come un morto, lanciò un'occhiata al contatore Geiger. La lancetta era scattata a fondo corsa. Battè col dito contro il vetro dello strumento, ma sapeva che era inutile. Quei bastardi avevano lanciato una bomba ai Quark! Conosceva appena quel nuovo ordigno, proibito da tutti i trattati internazionali. Era una porcheria ancora più sporca della bomba al neutrone. Le bombe ai Quark emettevano solo radiazioni ionizzate, con un tempo di semivita lunghissimo. In pratica rendevano una zona inabitabile per decine di anni, ed uccidevano lentamente. Un uomo poteva rimanere esposto alle radiazioni anche per settimane, senza subire conseguenze. Ma se rimaneva esposto troppo moriva di una morte atroce.

L'idea era quella di far sloggiare in fretta la popolazione dalla zona irrorata... Il Nemico aveva anche cercato di farla passare per arma umanitaria, ma l'ONU gli aveva dato torto.

Perchè lanciare una simile bomba nel deserto? E poi, in nome di Dio, dov'era capitato? Ormai il carburante era finito... E anche la sua vita era finita. Era stato troppo vicino al punto zero dell'esplosione. Tirò con decisione la leva gialla del Martin Baker e il seggiolino eiettabile lo proiettò fuori dall'aereo, nel bel mezzo dell'ignoto.

Il mercante osservò la discesa dell'angelo. La grande ala bianca gli indicava il cammino. Volava in direzione del monte Hira. Tirò la cavezza del dromedario e si mise in viaggio. In capo a tre giorni avrebbe raggiunto l'Angelo del Signore.

Ahmed si lasciò cadere sul fondo della caverna. Ormai non aveva più capelli e stava cominciando a perdere anche i denti. L'avvelenamento da radiazioni procedeva più velocemente di quanto avesse sospettato. Il suo unico conforto era il piccolo Q'Ran con la copertina di marocchino rosso finemente arabescata. Il libricino era macchiato dal sague che perdeva dalla bocca e dalle innumerevoli ulcere che le radiazioni gli avevano aperto nella carne.

La febbre lo faceva delirare, tanto che aveva perso la nozione del tempo. Non poteva uscire dalla grotta, era così debole e malato che anche quei pochi passi lo avrebbero ucciso.

Quando era ancora lucido aveva tentato di chiedere aiuto via radio, ma inutilmente. Sembrava che in quel deserto fuori dal tempo e dallo spazio non ci fosse nessuna stazione radio. Non riusciva a captare neanche le onde lunghe di Radio Tripoli, che pure dovevano sicuramente coprire quella zona. Aveva cercato di trovare una spiegazione plausibile, ma aveva desistito presto. Chissà, forse non era neanche più sulla Terra. Quel deserto gli era completamente alieno... Da che era sceso col paracadute non aveva mai visto nel cielo la scia di condensazione di un aeroplano. Anche le stelle sembravano diverse. Aveva studiato navigazione astronomica, anche se ovviamente non l'aveva mai applicata, si era sempre fidato ciecamente del GPS. Le costellazioni erano quelle a cui era abituato, ma sembravano appena appena "sfalsate", come se qualche stellina si fosse allontanata impercettibilmente dalla posizione che Dio aveva fissato per lei.

Un rumore lo fece sobbalzare. Poi si rilassò. Già, era il suo ospite. Da qualche tempo quell'uomo misterioso, vestito con il Thobe bianco gli portava da mangiare. Parlava uno strano arabo, a malapena comprensibile. Ma d'altra parte non avevano fatto molta conversazione. Ahmed stava troppo male per parlare, e i suoi momenti di lucidità erano ormai rari. L'uomo si chiamava Abul-Qasim... Per qualche ragione quel nome inquietava Ahmed. Gli ricordava qualcosa di importante, anzi, di vitale, che non riusciva a focalizzare. Era come se il nome dell'uomo fosse la chiave del suo problema. Aveva cercato di avvertire Abul-Qasim del pericolo delle radiazioni, ma quello non capiva. Eppure lo stava ad ascoltare con deferenza, anche quando Ahmed urlava e delirava in preda ai fantasmi della febbre.

Questa volta Ahmed stava meno male del solito, ed era ben deciso ad affrontare lo straniero. L'uomo si inginocchiò di fronte a lui e gli offrì il cibo: Pane, gaimatdolce e una brocca piena di Laban rinfrescante. Il pilota prese con due mani la brocca piena di siero di latte e cercò di sorridere all'uomo. -- Allah sia con te. -- mormorò. Gli occhi dell'uomo si accesero di piacere. Con voce tremante rispose: -- Allora non mi ero sbagliato! Tu vieni nel nome di Allah, il più potente tra gli Dei! -- L'inaudita bestemmia per poco non gli fece versare il siero di latte. -- Cosa? -- Chiese, poi venne squassato da un'accesso di tosse. Un fiotto di sangue raggiunse l'abito bianco del mercante, che non si scompose. Lanciò uno sguardo adorante ad Ahmed, poi raccolse le sue cose e silenziosamente si alzò per lasciarlo riposare. Ahmed rotolò a terra vomitando sangue. Con un filo di voce richiamò il mercante. -- Ti prego, non te ne andare! -- L'uomo tornò a inginocchiarsi davanti a lui. Ahmed balbettò -- ...ascoltarmi bene! Te ne devi andare, Abul-Qasim... O morirai... come me... Le radiazioni... -- Con uno sforzo sovrumano sputò le sillabe: -- C'è... gente...che...vive...qui? -- L'uomo aggrottò le sopracciglia.

-- No, naturalmente! Forse qualche beduino, ma la città più vicina è La Mecca, a sei giorni di cammino da qui. -- Con un gemito, Ahmed lasciò che la febbre vincesse la sua battaglia, e crollò sul pavimento coperto dal paracadute di nylon. Durante il sonno agitato venne tormentato da incubi terribili. Sognò che era con Fatima, sua madre, nella cucina della casa paterna a Tripoli. Ad un certo punto entra in cucina un uomo costituito dagli oggetti più disparati. Le braccia, le gambe, il corpo, la testa sono fatte di lattine di bibite inframezzate di copertoni d'automobili, calze di nylon, stupendi videogiochi, che Ahmed divora con gli occhi, caramelle, televisori, computer... Ogni ben di Dio. Nel sogno Ahmed ha circa cinque anni e osserva lo sconosciuto con attenzione. L'uomo fatto di cose lo affascina, desidera toccarlo... Anche sua madre accoglie lo strano personaggio con un sorriso di benvenuto prima di coprirsi il viso con il velo, con un rapido gesto civettuolo. L'uomo sorride ad Ahmed e sempre sorridendo si avvicina a sua madre e la sgozza.

Ahmed si sveglia urlando. Urla la sua angoscia, perchè l'incubo gli ha aperto gli occhi. Ora è tutto chiaro! Quella strana luce dorata non si è limitata a trasportarlo istantaneamente di migliaia di chilometri, dalla Libia all'Arabia Saudita! Il nemico aveva un piano atroce, mostruoso oltre ogni dire... -- NO! -- Urlò Ahmed alle pareti di roccia. Era impossibile, troppo orribile anche per il Nemico! Ricadde sul paracadute intriso di sangue e sudore, rabbrividendo violentemente. Con la mente in subbuglio, tornò al suo primo ricordo d'infanzia. Lui che tremava nascosto sotto il tavolo del salotto. Le bombe che cadevano, sua madre che urlava di terrore, suo padre che camminava in tondo come se niente fosse... come se una scheggia di bomba lanciata da un B52 non gli avesse aperto la testa. Ad ogni passo cadevano dei grumi di materia bianchiccia dallo squarcio, finchè la testa non si spaccò come una mela colpita da un machete. Solo allora cadde di schianto e qualcosa di molliccio e tiepido uscito dalla testa del padre colpì Ahmed sulla guancia.

Anni dopo aveva appreso che si trattava di una ritorsione. Si diceva che alcuni terroristi libici avessero fatto esplodere una discoteca a Berlino e per vendetta il Nemico aveva bombardato Tripoli. La madre di Ahmed era finita in manicomio, per lo shock di quella maledetta notte. L'ingiustizia atroce di quel crimine era stata la molla che l'aveva spinto ad entrare nell'Accademia aeronautica.

Sorrise amaramente. Non era troppo orribile per essere vero... era troppo orribile per NON essere vero! Per un secondo provò ammirazione per la tecnologia del Nemico. Poi si scosse. Al diavolo la tecnologia! Anche se quello che avevano fatto era tecnicamente inconcepibile, lo scopo era diabolico! Con le ultime forze si mise a sedere. Ormai sapeva di essere moribondo. Il sole era appena sorto e non l'avrebbe visto tramontare. Ringraziò Dio di avergli mandato quel sogno rivelatore.

Era anche piuttosto seccato con se stesso. Aveva tutti gli elementi per arrivarci prima, dannazione! C'è una sola cosa che può spostare leggermente le stelle nel firmamento! E quella strana bestemmia, Allah il più grande degli Dei!? Tutti i Musulmani sanno che non c'è altro Dio fuori che Allah! E la bomba? Certo che doveva essere una bomba ai Quark! Il Nemico non poteva sapere con precisione quando il suo bersaglio sarebbe passato di lì, dovevano per forza avvelenare tutta l'area per anni ed anni!

Al Nemico non bastava sconfiggere il suo popolo. Voleva annientarlo culturalmente, cancellarlo dalla faccia della terra!

Pregò Dio che lo facesse vivere ancora un poco, ma si sentì forte. Dio non poteva abbandonarlo proprio adesso, dopotutto stava combattendo la Sua causa!

Finalmente, silenzioso come sempre, entrò Abul-Qasim. Ahmed lo squadrò per bene. Grazie a Dio, l'uomo sembrava in forma. Le radiazioni non avevano ancora cominciato a distruggere il suo corpo... E se se ne fosse andato al più presto da quella grotta si sarebbe salvato. Ahmed chiese

-- In che anno siamo, Abul-Qasim?

L'uomo lo guardò senza capire. Poi tentò di rispondere.

-- Perdona, o Angelo, se non comprendo la Tua domanda...

Ahmed annuì.

-- Abul-Quasim, quanti anni sono passati dall'Egira?

L'uomo sembrava confuso.

-- Egira? Quale egira? Possente Angelo, quaranta anni sono passati dall'Anno dell'Elefante, quando fallì l'attacco degli Yemeniti alla Kaaba!

Tutto quadrava. Dio mio, perchè hai scelto me? Pensò Ahmed, in un fugace attimo di scoraggiamento. Poi gli pose l'ultima domanda, quella cruciale.

-- Abul-Quasim. Questo non è il tuo unico nome, vero? Quale altro nome ha voluto importi tuo nonno, a seguito di un sogno premonitore?

Imbarazzato, l'uomo rispose.

Ahmed liberò la tensione con un urlo che era insieme trionfo ed agonia. Con mano tremante prese il libricino dal taschino della tuta e senza una parola lo consegnò all'uomo.

-- Non tornare mai più qui. Che nessuno ci metta piede per almeno due generazioni. Questo luogo è santo e non deve essere profanato. Neanche da te.

Abul-Quasim prese il libro con deferenza e senza parlare uscì dalla grotta.

Brandelli di documentari televisivi visti e dimenticati tanti anni prima affollarono la mente di Ahmed.

...Nessuna forza al mondo può cambiare la posizione delle stelle nel cielo, ma le stelle si muovono impercettibilmente, così che col passare dei secoli le costellazioni cambiano leggermente...

...Nell'Arabia politeista pre-islamica, col nome di Allah era conosciuto il padre di tutti gli Dei, omologo dello Zeus greco...

Prima che l'ultimo attacco di febbre lo stroncasse, Ahmed ricordò l'insegnamento dell' anziano Imam:

...Maometto ricevette la Parola di Dio, per tramite dell'Arcangelo Gabriele, mentre si era ritirato in meditazione alla grotta del monte Hira.

Allah è grande e Maometto è il suo profeta.

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