L'unica sfortuna della missione Stardust è stata trovarsi in concomitanza con addirittura due missioni marziane di grande impatto emotivo e spettacolare come Spirit e Mars Express/Beagle2. Così, la storia dell'incontro ravvicinato che questa sonda della NASA ha avuto il 2 gennaio scorso con la chioma della cometa Wild-2 è passato totalmente sotto silenzio, quando invece rappresenta un grande successo nello studio di questi corpi che potrebbero svelare molti segreti sulla formazione del Sistyema Solare e sullo sviluppo della vita stessa. Dunque, partita da Cape Canaveral il 7 febbraio 1999, Stardust ha viaggiato per quasi cinque anni facendo già due giri intorno al Sole, per giungere al suo incontro, quando non solo ha preso immagini del nucleo della cometa Wild-2, ma anche attraversato la sua chioma. Le particelle viaggiavano a una velocità di circa 6.1 chilometri al secondo e, almeno in una decina di occasioni, gli scienziati hanno registrato urti che hanno scalfito il primo strato di scudi della sonda. "Fortunatamente", ha detto Tom Dexbury del Jet Propulsion Laboratory, "avevamo un paio di altri strati di schermatura". Inoltre, grazie agli strumenti di bordo, la Stardust è stata in grado di fare un certo numero di analisi istantanee sulle particelle incontrate e già qui sono iniziate le sorprese. Come ha spiegato Don Brownlee dell'Università di Washingston, gli astronomi si aspettavano di osservare un aumento uniforme del numero di particelle a mano a mano che la Stardust si avvicinava al nucleo e poi un calo simmetrico. Invece pare che la sonda abbia attraversato una zona densa di particelle, poi una zona che ne era priva, dopodiché un altro sciame. Ma i compiti di Stardust non si sono esauriti qui. La sonda infatti non solo ha riconosciuto e analizzato le polveri della coda della cometa, ma ne porterà un po' anche a noi. Ed è proprio questa la particolarità che fa di Stardust una missione unica nel suo genere. Grazie a una sorta di racchetta e a una speciale griglia in Aerogel che consente di trattenere e mantenere i microscopici campioni (tra 1 e 100 micron), la Stardust è stata in grado di raccogliere, proprio come farfalle in un retino, un certo numero di particelle che saranno riportate sulla Terra per ulteriori analisi di laboratorio. All'inizio del 2006, infatti, la Stardust tornerà a sfiorare l'atmosfera terrestre e il 15 gennaio lascerà andare il modulo di recupero denominato SRC che cadrà nel deserto dello Utah dove verrà recuperato.