Nicola e Matteo Carati, attraverso l'Italia che cambia: affresco di una generazione che nelle sue contraddizioni, nelle furie ora ingenue ora violente, nella voce grossa e qualche volta stonata, ha cercato di non rassegnarsi al mondo così com'è ma di lasciarlo un poco migliore di come l'ha trovato...
Valutazione tecnica
Come un piatto di spaghetti, dopo una lunga vacanza trascorsa in America a mangiare hamburger, il piacere de La meglio gioventù è un lungo, sontuoso, straordinario pasto da assaporare con calma e in silenzio.
Un film che oltre all’inevitabile prezzo del biglietto pretende qualcosa di più dallo spettatore: tempo e capacità di ascolto. Cose difficili da pretendere dal pubblico di oggi che – spesso – ‘distratto’ dalla propria vita sa di non avere il tempo per vedere nella versione di tre o in quella di sei ore uno dei più straordinari film italiani degli ultimi dieci anni, e – sicuramente – la più grande epopea familiare dai tempi di Novecento e – forse – una delle poche pellicole corali della storia del cinema italiano.
La meglio gioventù richiede quindi qualcosa in più allo spettatore. Chiede tempo e capacità di ascoltare e sospendere il giudizio fino alla fine. Cose difficilissimi per chi – abituato ad un cinema fast food – vuole sapere tutto e subito nel più breve tempo possibile.
La meglio gioventù è quindi un lento e doloroso piacere, un intenso ed indimenticabile rapporto d’amore e non un passioncella leggera da notte d’estate. Forse – è vero – la sua forma pensata per la televisione la penalizza in parte con trucchi e testi non sempre azzeccati, eppure – nel suo finale – si trasforma in un film travolgente, un crescendo spasmodico di emozioni e sensazioni uniche che travolgono lo spettatore in un mare – immane – di bellezza e speranza.
Ispirato da un ottimismo non consolatorio, il film è una cavalcata in quaranta anni di storia italiana attraversati da una famiglia di persone come le altre, a differenza di tanti, però, coinvolti per ventura o per caso in vicende più o meno note della vita del nostro paese. E – in questo senso – la sceneggiatura di Rulli e Petraglia che – dopo un po’ – si apre come un ventaglio, decollando sulla forza narrativa della regia di Marco Tullio Giordana, è perfetta per mettere in mostra le doti straordinarie di un gruppo di attori che – tra vent’anni – considereremo come oggi guardiamo a Mastroianni, Gassman, Sofia Loren, etc., etc.
Alessio Boni è Matteo. Un ragazzo timido e profondamente introverso, affogato in un’interiorità senza scampo. Nicola (Luigi Lo Cascio) è un ottimista sfacciato che decide di diventare psichiatra dopo che suo fratello libera nottetempo una ragazzina da un ospedale per psicolabili dove lavora part time. Da lì inizia inesorabile e sorprendente il viaggio della gioventù protagonista del titolo ispirato ad una raccolta di poesie di Pasolini. Amori, amici, passioni politiche e disperazioni private si mescolano per quasi quaranta lunghissimi anni che in sei ore di film vengono affrontati con elegante maestria da Giordana.
La cosa peraltro eccezionale è lo stato assoluto di grazia di tutti gli attori: dimenticarne uno solo equivarrebbe ad un grave torto, perché se la parola impegno – oggi – ha ancora un senso, è proprio l’impegno senza condizioni di questi interpreti a trasformare il film in qualcosa di unico e straordinario, emozionante e travolgente come la vita stessa.
Sonia Bergamasco invecchia dinanzi ai nostri occhi con una tecnica che ha qualcosa di prodigioso: comprendiamo tutto del suo personaggio solo tramite lo sguardo che quest’attrice dotata di un che di superiore, riesce ad accendere o spegnere a seconda della quantità di vita che Giulia, il suo ruolo, riesce a mandare giù. Amante, compagna, madre, terrorista e ancora una volta madre, la Bergamasco sembra invecchiare senza trucco, semplicemente dosando la quantità di vita che ha dentro.
Luigi Lo Cascio, con la sua capacità straordinaria di guardare oltre, celebra l’ottimismo e la bellezza della vita, in un ruolo che è il vero punto centrale della storia. Lacerato tra la fiducia nel domani e l’amore per le persone che lo circondano.
Fabrizio Gifuni è un altro attore che riesce, con un carisma davvero unico, a diventare la coscienza buona e gentile di una storia intera. L’amico sempre pronto e disponibile che con uno sguardo e una risata riesce a fare apparire sempre il sole.
Questi tre interpreti, insieme ad Alessio Boni, Adriana Asti, Jasmine Trinca e tutti gli altri di cui non si può dire altro che bene, fanno de La meglio gioventù un unicum in grado di rappresentare qualcosa che va oltre la mera estetica di un film, puntando dritto al sociale con una storia in grado – alla fine – di renderci migliori ed incapaci di accettare quel modello pseudocollettivo che vorrebbe tutti quanti vittime di un eterno presente immodificabile.
Non è così. E se di spirito rivoluzionario si può parlare, La meglio gioventù dimostra che le cose si possono e si devono ancora cambiare, grazie alla forza dell’amore, della generosità e di quella rettitudine morale che può spezzare il giogo del presente se non altro a livello individuale.
Pur essendo profondamente italiano, per la qualità della sua regia, delle sue interpretazioni e per la forza della sua narrazione (evidente soprattutto nell’irresistibile seconda parte della pellicola) La meglio gioventù è un film di respiro europeo ed internazionale, in grado di raccontare pezzi della nostra storia come la presunta ingenuità degli anni Sessanta, la mafia, il terrorismo, le lotte sociali e sindacali di questo paese. Tutto con grazia e leggerezza, con quell’ironia seria e ‘ottimista a spada tratta’ che può essere generata soltanto dall’enorme forza dell’amicizia e dalla fiducia.
E’ un grande privilegio potere vedere questo film che – come dicevano – pretendendo tempo e capacità di ascolto, è in grado di rimetterci in sintonia con quella spiritualità umana, forse, troppo umana che per questo spesso tendiamo a dimenticare. La famiglia descritta nel film non è né migliore, né peggiore delle altre. Non è esemplare e non può fungere nemmeno a modello se non per qualcosa che non le è peculiare: la capacità di accettare il domani non per sfuggire al presente, bensì per dargli un senso.
La meglio gioventù, dunque, non è altro che la rappresentazione della vita, nella sua magmatica e fragile frammentazione in epoche e in momenti diversi che trovano tutti più vecchi, più stanchi, ma ancora arsi, se non addirittura erosi in maniera fatale come nel caso di uno dei protagonisti dalla passione indisciplinata per l’esistenza.
Una pellicola commovente e trascinante che nell’esortarci a non accettare il presente come è, ma a cambiarlo in come potrebbe essere, raggiunge lo scopo primario della funzione sociale del cinema come arte all’avanguardia nel secolo dell’immagine.
Dobbiamo essere grati – e chi scrive lo è certamente – a Marco Tullio Giordana e a tutti coloro che hanno creduto in questo progetto né facile, né comodo, privo di quella ruffiana gigioneria sufficiente a farlo passare in televisione al tempo e al momento giusti. Oggi il film passa al cinema con il suo messaggio di sofferte pulizia ed onestà.
Un’opera politica nella misura in cui riguarda i protagonisti nel loro essere persone e cittadini rappresentati come tali e non come consumatori o semplici spettatori delle vite altrui. Una pellicola dall’impatto emotivo e sociale – fortunatamente – violentissimi che obbliga tutti quanti noi a riflettere e a pensare attraverso quella che non è altro se non una disperata storia italiana d’amore e amicizia.
Il dolore giova a saggezza scriveva Eschilo nell’Atene del quarto secolo avanti cristo. In questo caso, in una modernità fragile e incerta, la sofferenza e il patimento di momenti belli e brutti serve ad intuire che c’è qualcosa in grado di andare oltre l’eterno presente di cui spesso amiamo drogarci con mitologie post ideologiche quali il lavoro e la fragilità personale gratuita.
Per quaranta anni i protagonisti del film vanno inconsapevolmente a caccia di qualcosa che sperano di potere acchiappare: quel riflesso di bellezza che possiamo sperare di trovare nei nostri figli e nelle persone che amiamo.
E La meglio gioventù parla proprio di questo: della speranza di riuscire a scorgere ancora tale bellezza. Nonostante tutto.
Extra
Dietro le quinte de... La Meglio Gioventù
Intervista a Marco Tullio Giordana
Intervista a Jasmine Trinca
Note biografiche cast e regia
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