Delos 30: Racconto: Camminando alla mia maniera racconto di

Stefano Fantelli

camminando

alla mia maniera

Questo breve racconto cyberallucinogeno esprime in pixel quella che è la mia teoria sulla migliore fs: se si sa scrivere, se si possiede la tecnica e il linguaggio, oltre a una buona capacità immaginativa, reinventare lo stereotipo, o comunque cambiare il sapore alla solita minestra, è la cosa migliore. Fantelli ci riesce in modo magistrale con questo raccontino stringato ma affascinante, carico di melodia e sensazioni agrodolci. Anche questo, nel suo piccolo, è creative writing. (Franco Forte)

Senza bisogno di realtà virtuali

le mie braccia divengono ali

camminando alla mia maniera

nella vita che inizia di sera

Il Trauma è la più grande discoteca della città. Un labirinto dai corridoi intasati di carne umana. Tutti nella vita hanno dei principi: il mio è sempre stato quello di non entrare al Trauma. Eppure adesso sono qui. Alison è scesa con me, sessantasei piani sotto il primo livello, mentre Psycho e Manu sono rimasti in superficie con le motojet. Ho un pensiero marchiato a fuoco, vodka, droga nel cervello: Daniela.

- Vado via, Black... lascio la comunità...

- E dove vai?

- A cercare me stessa.

- Be', se ti ritrovi riportati a casa...

Evidentemente non si è ritrovata e lo dico perché sono passati quasi due mesi da quel giorno. Prima di essere ingoiato dalla folla vedo Alison mostrare i suoi tatuaggi e fare la linguaccia ad un culturista nudo rinchiuso in un cubo di vetro.

Sono giunto fino a qui, ma non intendo ascoltare la loro musica che per me è solo rumore. Per godere di ogni momento di relax, isolandosi dal mondo circostante, ecco l'ultimo ritrovato della tecnologia auricolare. Cuffie a sensori cerebrali. Un equalizzatore a innesto sottocutaneo permette di tarare il suono in rapporto alla sensibilità dell'orecchio con la sola forza del pensiero.

Una voce mi ripete che il Gabbiano è meglio del sesso. Insistentemente. E' forse la ragazza mutante che mi balla vicino? Questa incantevole gazzella dalla pelle blu e dagli occhi enigmatici? No, la voce mi arriva da dentro, si è insinuata in me quando ho varcato le soglie del Trauma. Perforante. Daniela. Daniela. Daniela. Ritmo e dolore.

Trentacinque crediti il "Volo", cinquanta il "Flash". Qui sono tutti sotto l'effetto del Gabbiano. Ecco che cosa ci ha unito tutti, Devianti e Normali. Non la solidarietà, non la tolleranza, no. E' stato il gabbiano, la droga. Ma anche in questo siamo diversi. Noi lo usiamo per potenziare le nostre capacità, spesso per non dimenticare com'era il mondo prima che l'uomo lo stuprasse. Noi apriamo le porte. I "normali", invece, semplicemente si autodistruggono.

L'abuso di droga non è una malattia, è una decisione, come quella di sbucare davanti a un'auto in corsa. Quando un tale errore comincia a essere commesso da un bel po' di persone, allora diviene un errore sociale, uno stile di vita. L'abuso di droga è soltanto un'accelerazione, un'intensificazione dell'ordinaria esistenza di ciascuno. Non è differente dal tuo sistema di vita, è solo più veloce. Tutto avviene nel giro di mesi o di settimane o di giorni, invece che di anni. Quando Simona è morta non aveva più la faccia del suo primo Gabbiano, aveva ventiquattro anni e ne dimostrava sessanta. Pesava ventinove chili. Era buffa: mi ricordava lo scheletrino di gomma che mia cugina Chris teneva in camera sua quando eravamo bambini. A qualcuno piace bruciare così, aiuta a uniformarsi senza discutere.

E intanto questa gente continua a vomitarmi addosso i propri umori. Molti indossano il Casco. L'olografia su grande schermo e l'immagine virtuale hanno da quasi un secolo rivoluzionato l'universo visivo. Grazie al perfezionamento dell'Optical e il suo innesto su speciali visori virtuali, la realtà prodotta artificialmente viene direttamente proiettata sulla retina e le icone vengono diffuse su megaschermi olografici in 5D.

Non tutti mi sono sconosciuti. C'è Candy, una volta una brava infermiera e una ragazza stupenda, oggi ormai ingrassata, malata e impegnata in una terapia di disintossicazione dall'alcol. Vedo la Nuova Kate, tramutatasi da bionda in rossa per mangiarmi meglio. Un uomo chiuso nei bagni pensa al suo futuro e piange.

Daniela non c'è.

Ed ecco Ken, l'Uomo Immagine. Fosse per lui non uscirei vivo da qui, stanotte, forse perché sono l'unico a sapere che lo hanno quasi completamente "ricostruito". Credo che da qualche parte sulla sua pelle ci sia scritto "made in Japan".

- Sei venuto per volare? - Mi chiede Ken ben sapendo invece qual è il vero motivo che mi ha spinto qui.

- Non ho bisogno di allucinogeni, io. Ci sono caduto dentro da piccolo! Su di me gli effetti sono permanenti.

- Ti credi un dio, vero, Black? Il dio degli straccioni Devianti.

- No... io sono solo il loro salvatore. Il ruolo del dio spetta a qualcun altro.

- Sei noioso, selvaggio. Prendi la tua principessa e tornate tutti e due a masticare funghi nella vostra riserva!

E' l'invidia che lo fa parlare perché noi riusciamo ancora a coltivare il Peyote. Dalle dimensioni delle sue pupille capisco che anche se gli spaccassi una gamba in quattro punti diversi non sentirebbe niente e i suoi amichetti giapponesi lo rifarebbero meglio di prima. Ho Daniela e questo mi basta.

Lei non fa troppe storie, non ha preso il Gabbiano, ha solo bevuto un po' troppo e adesso l'alcol le esce dagli occhi. Trasformerò le sue lacrime in inchiostro e racconterò questa storia alla nostra gente.

Che cosa ne sarà stato di Alison e del suo vestito ornato di lucchetti? Persa nel Trauma... della sua adolescenza.

Siamo fuori. Per sempre. Respira, Daniela, respira, è il primo giorno di primavera. Dai che è quasi fatta. E' quasi amore. E' quasi casa. Tra poco vedremo Grecia al balcone che annaffia i suoi fiori da viaggio.

Io e Daniela verso Oriente.

- Viene l'alba... - mi dice lei -... fa paura...

- Sì.

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