Julius la interruppe. -- Non mi avete risposto, Madre. Oggi, alla riunione, un uomo è stato linciato, pestato a sangue, forse ucciso, solo perché non vedeva di buon occhio quella specie di rivoluzione che Kusko sta preparando. Quell'uomo era un moderato, uno studioso che ha detto parole molto toccanti sull'armonia e sulI'equilibrio dei sessi. E tuttavia, rifacendosi alla tradizione e alle scienze esoteriche, quell'uomo dava ragione a Kusko, o comunque non gli dava torto, almeno per quanto riguarda la preistoria, quando a comandare erano gli uomini e non le donne.
-- Tutte fandonie, -- si affrettò ad assicurare Madre O'Connel. -- Nel migliore dei casi si tratta di leggende, di dottrine senza alcun fondamento. Come puoi supporre, sia pure per un attimo, che il plurisecolare magistero della Chiesa insegni il falso?
Julius abbassò il capo in segno di contrizione. -- Sono stato uno sciocco, -- sospirò. -- Con tutto il cuore mi pento dei miei pensieri blasfemi e della mia stolida condotta. Datemi l'assoluzione, Madre. Ho fretta di tornare a casa, per badare ai miei figli e per compiacere mia moglie.
Madre O'Connel gli rivolse ancora qualche domanda. Voleva sapere se nel compiacere sua moglie lui osservava la posizione ortodossa, cioè succuba, voleva sapere se pagando il debito coniugale avesse mai sentito l'impulso demoniaco di invertire i ruoli di prendere lui l'iniziativa, di atteggiarsi a possessore famelico e animalesco.
Julius scosse il capo più volte, in segno di diniego.
-- Bene, -- bofonchiò Madre O'Connel, tranquillizzata. -- Non ti dimenticare mai le sacre scritture, là dove dicono: "Ti sentirai attratto con ardore verso tua moglie, ma ella dominerà su di te".
Ci fu una lunga parentesi di silenzio, un attimo interminabile durante il qualeJulius sentì congelare su di sé la gravità e l'ambascia dei peccati commessi, e poi, finalmente, la formula liberatoria di Madre O'Connel: -- Io ti assolvo nel nome della Madre, della Figlia, e dello Spirito Santo.
Poi, Madre O'Connel l'aiutò a sollevarsi, gli sfiorò prima una spalla, poi il fianco, poi il basso inguine con una serie di carezze furtive.
-- Torna da me, figliolo. Ti sento fragile e bisognoso di guida. Vieni quando vuoi, non temere di disturbarmi. -- E così dicendo l'accompagnava fuori della sagrestia deserta, e lo blandiva, quasi sommergendolo sotto la sua mole di gigantessa tenera e avviluppante. Camminando, la mano di lei s'era insinuata tra le gambe di Jullus e premeva, e stringeva... Eccitatissimo, Julius ebbe una mezza erezione. -- Oh come sei vulnerabile, ragazzo mio. Come sei vulnerabile!
S'era arrestata quasi di colpo. Julius sentì posarsi sull'orecchio due labbra roventi che sospiravano: -- Torna ancora, figliolo. Confessarti sarà per me un dovere e un piacere. Adesso va', fila a casa e fai il bravo marito.
In fondo al viale dei platani lo investì ancora il profumo snervante delle mimose che proveniva dalla piazzetta dove si apriva il locale di Felipe. Julius si allontanò in direzione del Lungofiume.
Madre O'Connel era un po' porcacciona, lo dicevano tutti. Ma le sue parole, prima durante e dopo la confessione, l'avevano messo in pace con sé stesso. Non poteva certo condannare la sacerdotessa per quelle quattro carezze rapite di soppiatto. Il voto di castità al quale era tenuta comportava qualche strappo alla regola, non era il caso di meravigliarsi. La cosa importante era la pace, la serenità che Madre O'Connel era riuscita a comunicargli.
L'amico Gore Lukor, il fanatico, ora gli appariva come un fantasma senza spessore, un ricordo vago e lontano. Lo stesso Donald Kusko, con il suo carisma di leone sognante, era una figuretta scialba che si affannava al cospetto di una congrega di energumeni superficiali e arroganti. Piuttosto, era l'immagine dell'ometto calvo e bitorzoluto ad apparirgli dinanzi come un fotogramma implacabile. I suoi occhi smarriti... il labbro spaccato e sanguinante sotto le sberle e i manrovesci della canea urlante... Mai più avrebbe immaginato di assistere ad uno spettacolo così vergognoso, un vero linciaggio.
Il sole era ormai calato da un pezzo, e tutte le lampade della città s'erano accese. Julius imboccò il Ponte della Nuova Speranza e all'altra estremità s'imbattè nel solito gruppo di prostituti nottambuli che sostava a ridosso della spalletta. Qualcuno fischiò al suo passaggio, quasi a volerlo irretire in una sorta di tacita complicità, altri si esibirono in lazzi scurrili che miravano ad incrinare la sua dignità di uomo timorato e perbene.
Julius scivolò via inseguito dal profumo di lavanda e di cuoio, un odore intollerabile che richiamava alla sua mente lascive immagini di perversione. Percorse a passo spedito i Giardini di Sole Gaio, il viale della Sorellanza, attraversò Piazza della Concordia, e quasi di corsa salì a casa sua, al terzo piano di una elegante palazzina.
Aprì la porta con la sensazione di avere finalmente raggiunto la tana. In quindici secondi congedò Terence -- i bambini erano già a letto -- gettò nel secchio delle immondizie la cena che il domestico aveva preparato per lui, si versò un'abbondante dose di cordiale che centellinò mentre, sbarazzandosi degli abiti, si preparava per la notte.
Il letto era freddo e stentò ad addormentarsi, anche perché strane immagini venivano incessanti a stringerlo d'assedio. Più tardi, avvertì come in un sogno la presenza di Nora su di lui, accanto al comodino.
-- Scusami, ho fatto tardi. Ma ho per te una bella notizia, Julius. La direzione della nuova filiale è mia! Ora sono stanca, festeggeremo domani.
Lui grugnì nel sonno due o tre parole di approvazione. Sentiva sua moglie che si stava togliendo la tuta, la sua bella tuta verde smeraldo -- eh sì, il colore emblematico di chi comanda, di quelli che occupano posti di responsabilità -- ma quella larva di pensiero non gli procurò alcun fastidio, anzi... se ne sentiva compiaciuto e gratificato.
Fu allora, quando Nora si coricò al suo fianco, che Julius avvertì uno strano sentore di lavanda e di cuoio.
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