Mirko Tavosanis
Critico, traduttore, esperto di fantascienza e cyberpunk.
Qual è il modo migliore per neutralizzare i dissidenti? Difficile dirlo, ma una delle possibili risposte potrebbe essere: santificarli. Farli diventare immaginette colorate, da appiccicare da qualche parte e in ogni occasione. Da infilare sul cruscotto della macchina o accanto all'accendisigari...
Lino Aldani sta per fare questa fine, o l'ha già fatta. Finire accanto al Papà guida piano, al sant'Antonio e all'arbre magique: sant'Aldani benedetto, noto per un racconto (Buonanotte Sofia) e per un romanzo che molti menzionano ma che pochi hanno letto, Quando le radici. Un romanzo che il fandom di tanti anni fa decise di non premiare, spostando al volo i criteri di pubblicazione per le opere eleggibili al non ancora Premio Italia. Un romanzo che ahimé oggi, alla vigilia del 1998 in cui si svolgeva l'azione, nessuno può permettersi di ristampare; forse su Internet?
Ma non è di questo Aldani canonizzato che vorrei parlare. Certo, Lino Aldani è tuttora il miglior scrittore che la fantascienza italiana abbia mai avuto. Ma questo titolo nessuno glielo nega... un buon modo per neutralizzare i dissidenti è appunto santificarli. Parliamo allora di un altro aspetto del lavoro di Lino Aldani - il lavoro di critico. Di rompiballe. E forse del miglior rompiballe che si sia visto nella fantascienza italiana.
"Con siffatte cervellotiche affermazioni è piuttosto difficile fare tabula rasa delle storture e delle superfetazioni anomale, anche perché, una volta passato sotto le forche caudine di queste e altre innumerevoli paradossali argomentazioni, nel lettore potrebbe sorgere un dubbio: che la tanto deplorevole confusione esista sì, ma nella testa dei due antologisti".
Et voila. Così, alle pp. 47-48 del primo numero di Futuro (maggio-giugno 1963) veniva liquidata l'impostazione dell'antologia Fantascienza: terrore o verità a cura di Rambelli e Canal. Era l'apertura di Colonia penale, rubrica dal nome quanto mai appropriato, primo intervento redazionale — editoriale a parte — ad apparire sulle pagine della veneranda testata, che proprio in quel numero ospitava anche (sotto pseudonimo) il Buonanotte Sofia di cui sopra.
Parlare dell'Aldani critico a fronte dell'Aldani scrittore quindi ha forse un senso. Ha un senso perché i due vanno di pari passo: solo oggi, nella prospettiva della beatificazione, può parere il contrario. Ma l'Aldani d'antan non ci andava piano:
"La critica svolge, soprattutto, opera di chiarificazione, offre un orientamento in vista delle letture a venire.... E, tanto per tenerci in esercizio, stavolta puntiamo il cannone atomico su Fredrik Pohl. Eh, sì! Sparare a zero sulle mezze cartucce, non c'è gusto. Ci vuole un bersaglio nobile, un premio Hugo come minimo o uno scrittore di fama mondiale, uno dei quattro grandi" (Futuro n. 2, p. 49). E via sparando - e distruggendo, nell'occasione, L'abominevole uomo della Terra ("scelto con particolare cura dalla curatrice l'edizione italiana di Galaxy per solennizzare il primo lustro di attività della rivista", p. 50).
E qualcuno ricorda anche il non meno veemente Aldani della rubrica Il pelo nell'uovo su Galassia? Era il decennio successivo, la metà degli anni Settanta, ma anche qui non si andava leggeri: si veda per esempio il Jeu de massacre apparso sul n. 229. Polemico? Beh, il giusto. E allora viene un dubbio...
Un terribile dubbio.
Che non sia un caso, se il miglior autore e il miglior polemista della fantascienza italiana sono la stessa persona? Che non sia un caso, se la persona che ha scritto i romanzi più incisivi è la stessa che più di ogni altra, forse, ha saputo sparare a zero sui difetti dell'ambiente? E soprattutto, che non sia un caso se oggi l'uno Aldani viene eclissato dall'altro? Non è questo il modo migliore per cancellarli tutti e due? Là, nel limbo dei Non Letti, l'uno a fianco all'altro, a impolverarsi.
Speriamo di no.
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