Un'altra donna, Edith, opera la stessa sostituzione della realtà con un mondo fittizio con l'uso di una potente droga. La donna sostituisce alla realtà un'illusione. Alla base di questa fuga dalla realtà sta il dramma personale della donna, e solo come conseguenza di questo affievolirsi della voglia di vivere la donna prende a fumare l'ipnofene. "Gusto di vivere!" urla Edith in faccia a chi la vorrebbe far uscire da questo drammatico tunnel "ti sei mai chiesto perché uno comincia a fumare l'ipnofene? Eh, rispondi! Tu confondi la causa con l'effetto. Quando si comincia a fumare è perché il gusto di vivere è già sparito da un pezzo, è perché è tutto spento, monotono, già privo di significato..."
"Il problema non è più" scrive Curtoni, come in Harem nella valigia, "la genesi dell'alienazione, ma il suo intimo significato, la sua accettabilità a livello di logica esistenziale".
Sia Edith che Amanda fuggono dalla realtà, vivono in un mondo "reale" che è loro alieno, un modo in cui hanno perso la voglia di vivere e vedono come unica via di scampo la fuga in un altro mondo; un mondo, per noi, fittizio. Un mondo che dona loro delle nuove ragioni, e per questo un mondo con una propria profonda giustificazione personale, per entrambe le donne.
Amanda non è una semplice folle, è una donna che ha scoperto cosa è che rende per lei la vita valevole, e ci si aggrappa, anche in una dimensione fittizia.
Se fino a questo punto era l'individuo il motore di questa alienazione, e la disarmonia poteva essere sanata all'interno dell'individuo, adesso Aldani sembra suggerire che la causa di questo male di vivere non debba ricercarsi più dentro l'uomo, ci invita a non confondere cause con effetto, ci invita a cercare fuori la causa di questo malessere dell'uomo di oggi così stanco della propria esistenza.
Lo studio dell'alienazione passa necessariamente anche attraverso il suo stadio sociale, andando oltre il semplice individuo (sia come causa che vittima).
Su questi piano troviamo prima Tecnocrazia Integrale, e poi quelli che io considero i tre maggiori racconti di Aldani, anche a livello estetico. A questo punto è bene forse sottolineare che Aldani non è solo scrittore di idee. E' vero, sì, che egli prima di poter mettere mano alla penna per stendere un'opera ha alle spalle riflessioni e motivazioni profonde (nessun suo racconto, se non, forse, i primissimi, è immediato); ma è altresì vero che in Aldani c'è una forte dimensione estetica, e una grossa padronanza della scrittura che gli permette di mimetizzarsi nel contesto cambiando agevolmente stile, talvolta.
Una dimensione estetica, comunque, c'è e va cercata. Stop. Questo è quanto Aldani ha fatto nelle sue opere, e questo è quanto Aldani propone per una fantascienza che sia un'espressione matura e significativa.
Chiusa la breve parentesi sull'esistenza di una dimensione estetica arriviamo, seguendo il flusso di questo discorso sull'alienazione, a dei racconti eccezionali. Si tratta prima, nel 1963, di Buonanotte, Sofia e Trentasette Centigradi, e poi, nel 1968, di Scacco doppio in cui l'attacco di Aldani contro queste problematiche tocca i punti di più estrema e feroce critica.
Di Buonanotte Sofia mi auguro conosciate la storia essendo recentemente apparso nei Classici Urania.
"Tute grigie e azzurre scorrevano lungo la strada. Grigio e azzurro, non c'erano altri colori. Non c'erano negozi, non c'erano agenzie, non c'era un bar e nemmeno una vetrina di giocattoli, una profumeria." Questo incipit denota una mancanza di varietà espressiva a livello sociale che è sicuramente indizio di un appiattimento anche a livello umano. Un appiattimento che è, scrive Curtoni, "Il trionfo della società massificata". Ma è di più, per me. E' anche il sintomo di una perdita di varietà interiore, di un livellamento dell'inessenziale (inessenzialità relativa, ovviamente) che è richiesto da una società massificata.
Il motore della storia sono gli onirofilm (da cui i nuovi titoli di alcune ristampe), delle registrazioni che vorrebbero essere l'evoluzione della rappresentazione cinematografica. Delle registrazioni, però, non soltanto del filmato, ma anche delle sensazioni associate. Lo spettatore, nell'intimità della propria abitazione, usufruendo di un onirofilm sente come proprie tutte le sensazioni che vengono impresse su un bambolotto al momento della registrazione del film. Ci sono onirofilm per uomini e per donne, onirofilm che sono comunque più invitanti, sicuri, vari e coinvolgenti della realtà. Onirofilm che hanno in sé tutto quello che manca alla realtà.
Qui la critica non è solo allo stato di cose che permette che l'intera umanità si sia spogliata del proprio animo per relegare la propria gioia ai momenti in cui fruisce di un film (godendo quindi di un piacere che non ha origine o ragione nell'uomo, ma risulta sempre come una proiezione dall'esterno dentro l'uomo). La critica di Aldani, come rileva Curtoni, è verso quella struttura sociale che si è ridotta ad una pura dicotomia: da una parte i Produttori, dall'altra i Consumatori.
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