Ora di punta sulla tangenziale veloce di New York City. Due auto, tra le tante, su cui viaggiano individui emblemi stessi delle due americhe che convivono sullo stesso territorio. Sulla prima auto, moderna e scattante, l'avvocato in carriera Gavin Banek (Ben Affleck), giovane, bello, ricco, ovviamente bianco, nonché genero di uno dei due avvocati fondatori dello noto studio legale per il quale lavora. Sulla seconda auto, decisamente più modesta, Doyle Dipson (Samuel L. Jackson), sfigatissimo venditore, alcolista che cerca di smettere, in causa con la moglie per l'affidamento dei figli, ovviamente di colore. Ad un tratto le due auto si toccano e l'incidente mette sottosopra le vite di entrambi. L'avvocatino si comporta in maniera arrogante, strappa un assegno in bianco e se ne và rifiutando al povero Doyle un passaggio. Arriva prontamente l'immancabile nuvoletta fantozziana e comincia pure a piovere. Sul luogo dell'incidente rimane però un importantissimo fascicolo rosso che contiene documenti di vitale importanza per la causa da cui dipende il decollo definitivo della sua carriera forense. Il nero, padre disperato che a causa del ritardo rischia di perdere ogni contatto coi figli, lo trova e non ci mette molto a capire che con quel fascicolo può vendicarsi del (mal) trattamento subito. Comincia un gioco sporco senza esclusioni di colpi che si fà sempre più drammatico per entrambi...
Potendo mutuare il titolo da un altro film lo si poteva chiamare Un giorno di ordinaria follia invece di Ipotesi di reato Molto meglio l'originale, allusivo Changing lane, cambio di corsie. In effetti nelle ore descritte nella pellicola ne succedono di tutti i colori ed il film si inoltra progressivamente in un violento alternarsi di carognate contro carognate che ribalta continuamente la posizione dei due personaggi, sempre sul punto di distruggersi a vicenda, con effetti deleteri sui nervi di entrambi. La storia ideata da Chap Taylor e poi scritta per lo schermo con l'apporto di Michael Tolkin (I protagonisti di Altman) mette tanta carne al fuoco, sin troppa, ed il film rischia continuamente di sfondare il parapetto della plausibilità e cadere miseramente nel ridicolo. Il regista Roger Michell (Notting Hill) riesce per un soffio a mantenere il tutto in strada, sebbene non manchino momenti troppo sopra le righe (l'arrivo del padre nella scuola, quando gli viene impedito di vedere i figli) o inutili (il siparietto del confessionale). Complessivamente comunque il film funziona, grazie anche ad un cast su cui non c'è altro da dire se non che sono tutti bravi, al servizio di una sceneggiatura che forse vuole dire troppe cose tutte insieme e rischia di esagerare, passando da eccessi di cinica cattiveria ad estremi di poco probabile buonismo. La scena più riuscita è quella probabilmente del colloquio con il giovane neolaureato in legge che vuole fare carriera nel mondo degli avvocati perché li considera una sorta di cuscinetto di sicurezza tra le frizioni a volte violente delle parti. Una sorta di benevolo ruolo pacificatore che mira all'equa difesa dei giusti. Gavin non può trattenersi e scoppia in una irrefrenabile, isterica e amara risata. Nonostante sia all'inizio della carriera sa bene in quale vasca di squali egli sta già nuotando: tutti pronti a sbranarsi l'un l'altro per qualche misero dollaro in più, altro che imparziale giustizia per tutti. Il tenero e idealista "pesciolino rosso", fresco fresco di studi, farà bene ad affilare i denti se vorrà sopravvivere nel dorato mondo dell'avvocatura. Il posto è tutto suo.
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