La linea tra il body horror e il necro horror è superata. Nella sua personale rielaborazione del lutto per la morte della moglie, David Cronenberg concepisce The Shrouds – Segreti Sepolti.
Il suo alter ego è Karsh (Vincent Cassel), un inventore e brillante uomo d’affari, che ha ideato un sudario ad alta tecnologia che consente ai congiunti delle salme sepolte nei sui cimiteri di monitorare in ogni istante i propri cari, osservandone il lento disfacimento.

Quando il cimitero della Gravetech, questo il nome della sua compagnia, viene profanato e parecchie tombe, tra le quali quella di Becca, la moglie di Kersch (Diane Kruger), vengono aperte, è lo stesso tycoon che cerca una spiegazione. Sette religiose, complotti di aziende rivali o relativi a misteriose manipolazioni alle quali erano stati sottoposte in vita le persone lì seppellite? Ogni strada sembra possibile.

Con l’aiuto di Maury (Guy Pierce), l’inventore della tecnologia, e il consiglio di Terry, la sorella gemella della moglie, e di una misteriosa inviata di nuovi investitori, la bella e provocante Soo-Min (Sandrine Holt), Kersch scoprirà che l’indagine che intrapreso è anche una ricerca di se stesso, dei motivi per i quali ha commercializzato questa tecnologia più avanzata di risonanze magnetiche e TAC al solo scopo di osservare la morte.

Inseguendo una sua necessità, Cronengberg in The Shrouds proprne un nuovo capitolo delle sue più ricorrenti tematiche. Karsh è un mad doctor che ce l’ha fatta da un punto di vista commerciale, a differenza di Seth Brundle de La Mosca, ma come spesso capita a tali figure, non ha ben chiaro l’impatto emotivo e sociale della sua tecnologia, con conseguenze che gli sfuggono di mano.
Un altro tema è la violazione e mutilazione del corpo, sia quella naturale del disfacimento post mortem che quella di esperimenti condotti senza scrupoli, forzando ogni limite.

The Shrouds – Segreti sepolti ha un sceneggiatura ondivaga, che non sembra prendere una decisione univoca, e che a fronte di tante ipotesi non sembra andare verso un punto preciso.
In realtà siamo di fronte a una rappresentazione del tentativo del protagonista di razionalizzare l’irrazionale, ovvero l’accettazione della ineluttabilità della morte e della necessità dei vivi di superare la sindrome del sopravvissuto.

Visivamente è un film che risulta minimalista rispetto ad opere più visionarie del regista, anche se i Sudari, nella loro semplicità sono capaci di trasmettere inquietudine tanto quanto le complesse invenzioni di film come Videodrome o Inseparabili. Un segno di vitalità per un regista sempre attento a cogliere visivamente lo spirito del tempo.
The Shrouds – Segreti sepolti forse non è completamente risolto, ma merita attenzione perché comunque la sua essenzialità estetica è frutto di una ricerca, di un lavoro di sintesi, nonché per la sua struggente poetica di fondo.
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