- Il centro del mondo
- I Pilastri della terra e fondamenta delicate
- Spazzatura spaziale
- Habitat Spaziali
- Conclusioni e l’autore
Da qualche settimana sugli scaffali delle librerie è comparso Geopolitica dello spazio. Storia, economia e futuro di un nuovo continente (Il Saggiatore, pp. 440, € 26,00), poderoso lavoro di Emilio Cozzi, ormai da qualche anno uno dei volti più famosi legati alla divulgazione spaziale.
Il volume racconta della corsa che da più di mezzo secolo coinvolge le nazioni della Terra per il predominio economico e politico dello spazio: dalle prime missioni alla fine degli anni ’50 ai lanci dei Falcon 9 di SpaceX, passando dalla sfida Usa/Urss, dei diversi progetti della Nasa e delle altre agenzie, del rinnovato interesse per le missioni lunari e i primordi del turismo spaziale. Senza dimenticare i sogni dei pionieri come Ciolkovskij, i progetti per le colonie extramondo e il bisogno di un corpus legislativo accettato da tutti i paesi che metta chiarezza in quel che può diventare un far west (o lo è già?).
Nel parlarvi di questo saggio e dei temi che tratta, proviamo anche a svelare qualche curiosità e a segnalare quelle opere fantascientifiche che hanno a che fare direttamente con il tema dell’esplorazione spaziale.
Il centro del mondo
Nei secoli l’idea di Ombelico del mondo, intesa come centro del mondo stesso e origine di tutte le cose, coincideva con vari luoghi. Per i Greci era Delfi, la città dell’oracolo, dove all’interno del tempio dedicato ad Apollo era custodita una reliquia di forma conica l’omphalos (ombelico) (1). Ombelico che in lingua Inca si diceva Cuzco come il nome della capitale e centro del loro impero andino. Per i Chimanes della Bolivia era il fiume Maniqui, per i Maya era un albero di Ceiba mentre per gli indiani Hinayana era monte Meru, l’olimpo Buddista, e sempre da quelle parti gli esoteristi posizionavano il loro centro: la città sotterranea di Agarthi governata da un essere semidivino, Il Re del mondo. I Dogon, il misterioso popolo del Mali che senza strumenti e circa 500 anni prima della scoperta ufficiale si dice conoscessero già che intorno a Sirio orbita un'altra stella (Sirio B, impossibile da vedere ad occhio nudo), hanno il loro ombelico nella falesia di Bandiagara. Durante l’epoca vittoriana per i sudditi di sua maestà e il centro del mondo era nel centro di Londra, a Piccadilly Circus. Durante il ventesimo secolo, anche nei film, poi bastava guardare i planisferi nelle scuole e negli uffici dove ci si trovava per avere l’idea di cosa si considerasse centrale: l’Europa, il continente americano o altro.
Non sappiamo se quando nel 1995 Jovanotti scrisse L’Ombelico del mondo avrebbe mai potuto immaginare nel XXI secolo dove sarebbe stato situato. Non più sulla superficie terrestre, non più un luogo o una zona geografica ben specificata ma bensì alcuni chilometri sopra le nostre teste, nello spazio extra-atmosferico.
Il nome suggerisce un termine dell’atmosfera, ma non vi è un reale confine netto.
Per gli Stati Uniti un velivolo che raggiunge gli 80 km di altezza è già da considerarsi un’astronave.
L’Università di Calgary suggerisce di pensarlo a 118 km, zona di transizione netta tra la velocità abbastanza moderata delle particelle cariche della ionosfera e quelle dei venti solari che raggiungono anche ordini dei 1000 km/h.
La Nasa adotta 76 miglia (122 km), quota dove lo Space Shuttle passava dalla manovra con i propulsori all’utilizzo delle superfici alari, dove comincia a farsi sentire la resistenza atmosferica.
La Federazione aeronautica internazionale (FAI, Fédération aéronautique internationale), l’organo di standardizzazione internazionale ed ente certificatore per i record aerospaziali, riconosce la linea di Von Karman a 100 km di quota come confine convenzionale tra l’atmosfera e lo spazio ed è quella a cui noi normalmente ci riferiamo.
Il nome viene dal fisico e ingegnere ungherese naturalizzato statunitense Theodore von Kármán, il primo a calcolare che a quelle altitudini la velocità che un velivolo dovrebbe avere per sostenersi aerodinamicamente è superiore alla velocità orbitale a quella quota. Ossia, senza entrare in spiegazioni troppo spinte, in un aereo l’interazione tra le ali e il fluido in cui si muove (l’aria) genera una forza che contrasta il peso (detta portanza), e tale forza dipende da vari fattori tra cui velocità e densità dell’aria (la quale diminuisce allontanandosi dal suolo). A quella quota la velocità che dovrebbe un aereo per generare portanza diventa superiore a quella per diventare un corpo orbitante come i satelliti.
Assodato quindi quando è possibile chiamarlo spazio, è diventato il “centro” del mondo poiché è lì che vanno a intrecciarsi i nostri destini, economici e politici. Nello spazio basiamo oggi le nostre attività e la nostra sicurezza, ed è lì che è situato non più solo il futuro ma anche il nostro presente.
Settori un tempo ben piantati al suolo e distantissimi dal cielo hanno oggi lì il loro perimetro operativo: le transazioni finanziarie ad alta frequenza, la pianificazione assicurativa dell’agricoltura di precisione, la sorveglianza puntuale ognitempo dipendono tutti da segnali che viaggiano attraverso i satelliti.
Emilio Cozzi li definisce i nuovi Pilastri della terra.
I Pilastri della terra e fondamenta delicate
All’interno del classico di ambientazione medievale di Ken Follett I pilastri della Terra, una serie di figure provenienti da varie classi sociali si prodigano per l’edificazione di una cattedrale. Opera simbolo di coesione e le cui fondamenta avrebbero sostenuto la società in un destino comune. Qui il classico di in sé e per sé non c’entra se non per la stretta metafora, visti la diversità dei soggetti. I pilastri che reggono il centro del mondo nella nostra società sono i satelliti date le loro molteplici funzioni e interconnessioni con la nostra vita.
L’organizzazione no-profit statunitense The union of concerned scientists (UCS), fondata mezzo secolo fa da scienziati e studenti del Massachusetts Institute of Technology (MIT), in un calcolo aggiornato al 2023 dichiarava orbitanti intorno alla terra 7560 satelliti, dei quali quasi il novanta per cento operativi, con un incremento di mille all’anno per i prossimi dieci anni. La stima accurata è però stata ben oltre sorpassata visto che, se si verifica con altri siti come l’ufficio per gli affari delle nazioni unite (UNOOSA), agli sgoccioli del 2024 i satelliti in orbita sono intorno ai 12000. Considerando che il solo Elon Musk ha permessi per mettere su 42000 satelliti Starlink, siamo solo all’inizio di un vero affollamento celeste. E il numero in sé e per sé non garantisce la stabilità di un sistema quanto mai fragile.
In un capitolo l’autore rievoca la tempesta elettromagnetica solare del 1859, la più grande finora rilevata. L’evento, noto come Carrington-Hodgson dal nome dei due scienziati che separatamente la studiarono, fu provocato dall’espulsione di materiale coronale dell’astro, un vero e proprio tsunami di plasma che interagendo con il campo gravitazionale terrestre provocò aurore in zone mai documentate prima. Aurore australi, che si poterono vedere in tutta l’Oceania e il Sudafrica, boreali in Messico e ai Carabi e in Europa dall’estremo nord fino all’altezza di Napoli nel Mediterraneo. A Roma, il fenomeno fu studiato anche da Angelo Secchi (2) nell’osservatorio del collegio Vaticano, che poi avrebbe pubblicato una descrizione accurata su La Civiltà Cattolica, l’organo di stampa dei Gesuiti. Non fu solo la luce l’effetto della tempesta: il sistema telegrafico collassò in Nord America e in Europa con i cavi in rame che si fusero perché captavano le correnti elettriche generate nella ionosfera terrestre dall’evento; intere linee fuori uso, pali che s’incendiarono ed operatori che rimasero folgorati per fortuna nessuno in maniera letale. Grazie a questo evento, il primo osservato con strumenti scientifici, fu chiara la relazione tra fenomeni solari e campo magnetico terrestre sancendo l’inizio di una nuova scienza che oggi chiamiamo Meteorologia Spaziale (Space Weather). In quell’epoca si era appena all’inizio dell’era dell’elettricità ma gli effetti su manufatti tecnologici e infrastrutture furono tangibili.
Se l’evento di Carrington avvenisse oggi i danni sarebbero incalcolabili; ne risentirebbero le reti di distribuzione di energia e comunicazione a terra mentre si calcola che più della metà dei satelliti in orbita andrebbe fuori uso con effetto domino sugli apparati non colpiti. Molte nazioni hanno piani specifici per farne fronte. Nell’ipotesi peggiori saremmo proiettati di qualche secolo indietro o finiremmo in medioevi prossimi venturi come quelli visti in Il giorno della rinascita (The Postman libro di David Brin portato sullo schermo da Kevin Kostner), Mad Max di George Miller, in Ken il guerriero (Hokuto no Ken) manga scritto da Buron Son poi trasporto in anime o in Brandon, fumetto nostrano sceneggiato da Claudio Chiaverotti.
I nostri pilastri vanno quindi protetti. È possibile fare ciò con lo studio dello Space Weather, cosa attualmente in corso grazie alle missioni Parker (che proprio in questi giorni è arrivata nella sua orbita di lavoro) e Solar Orbiter, costruendo architetture più resistenti sia nell’hardware che nel software ad eventi del genere oltre che ai sempre più frequenti attacchi cibernetici. In generale, un aumento spropositato degli apparati orbitanti fuori uso potrebbe portare a scenari diversi ma altrettanto catastrofici come la sindrome di Kessler di cui a breve parleremo.
Spazzatura spaziale
I satelliti funzionanti sono solo circa il 10% degli oggetti attualmente orbitanti intorno al nostro pianeta; il resto sono: satelliti in disuso, frammenti di lanciatori, componenti varie di missioni spaziali e finanche oggetti smarriti dagli astronauti durante le uscite extra-veicolari. Tutti gli oggetti orbitanti rappresentano dei moltiplicatori di detriti; l’ultimo caso in ordine di tempo, all’atto di stesura di questo articolo, è stato quando il 19 dicembre 2024 il satellite meteorologico militare DMSP-5D2 F14, lanciato nel 1997 e da quattro anni fuori uso, a causa forse di un problema alle batterie imbarcate ha avuto una rottura che a sua volta ha generato circa 50 detriti orbitali.
Le orbite LEO (Low Earth Orbit, tra 200 e 2000 km di quota) e GEO (Geostationary Orbit a 36000 km di altezza) sono le più utilizzate e di conseguenza maggiormente occupate dai detriti spaziali ma non sono affatto rari quelli più lontani visto che il 4 marzo 2022 un detrito ha colpito la Luna (si pensa a un pezzo perso da una missione cinese). Stime approssimative valutano in circa 30000 gli oggetti di dimensioni più grandi di 10 cm, circa 670000 oggetti di dimensioni maggiori di 1cm, e circa 170 milioni di oggetti di dimensioni minori di 1 cm.
Nel 1978 un consulente della Nasa ipotizzò uno scenario catastrofico conosciuto come Sindrome di Kessler (3), dove la una reazione a catena dovuta a mutue collisioni avrebbe generato un aumento del numero di frammenti in orbita. Questa massa orbitante formerebbe una sorta di scudo avvolgente il pianeta tale da impedire le comunicazioni satellitari e le esplorazioni spaziali per numerose generazioni a venire.
Per scongiurare questa ipotesi varie sono le strategie pensate e qualcuna si comincia anche a metterle in campo, come i dati inviati dal satellite Adras, primo dimostratore tecnologico della società giapponese Astroscale, una delle tante società che come la Svizzera Clearspace che ha intenzione di mettere in orbita una vera e propria costellazione di spazzini orbitali
E di netturbini orbitali parla Planetes, manga plausibile scientificamente poi trasporto in versione animata, di Makoto Yukimura vincitore del premio Seiun, l’Oscar della fantascienza giapponese. Ambientato nel 2075 con l’umanità in piena espansione spaziale vede una stazione permanente sulla superficie lunare che ha tra le sue funzioni anche essere la base per la colonizzazione di Marte. In tale scenario si muovono gli uomini della sezione Space Debris della società Technora. Le operazioni di rimozione dei detriti fungono spesso da pretesto per sviluppare i la vita e i rapporti emotivi dei personaggi, muovendosi questi in un ambiente dove essendo facile sentirsi piccoli e soli, s’interrogano spesso sul perché delle proprie esistenze e della vita umana stessa, e persino sull'esistenza di Dio.
Habitat Spaziali
“La Terra è la culla dell'umanità, ma l'uomo non può vivere nella culla per sempre!” Questa affermazione di Ciolkovskij (4), considerato il padre fondatore dell'astronautica, esprime bene la prospettiva e il destino umano di varcare l'atmosfera terrestre e toccare lo spazio profondo.
Il concetto, finito in sordina per qualche decennio dopo l’esaurirsi della prima corsa allo spazio Usa-Urss, da qualche anno ritornato grazie anche al notevole contributo di numerosi privati non immaginabile fino a poco tempo fa.
Negli anni ’70 avevamo avuto i prodromi del presidio dell’uomo nello spazio con le stazioni Russe Salyut, l’americana Skylab e poi negli anni ‘90 la Mir, considerata l’ultimo grande successo dell’era spaziale sovietica che ha concluso la sua operatività all’inizio di questo millennio cedendo il testimone alla Stazione spaziale internazionale ISS. L’ISS è l’erede del mai realizzato progetto Freedom, stazione pensata totalmente americana da contrapporre alle russe. I problemi economici uniti ai cambiamenti politici dovuti anche alla fine della guerra fredda posero l’idea di una stazione comune gestita principalmente dalle agenzie statunitense, canadese, europea, giapponese e russa. La grande esclusione del Drago Cinese avrebbe portato la nazione asiatica a sviluppare le proprie Stazioni Tiangong (letteralmente Palazzo Celeste).
Fin qui uno scenario presente dettato dalle scelte delle agenzie governative e non indipendenti dalla politica dei vari stati.
Il futuro vede una graduale dismissione della Iss, la Stazione Spaziale Internazionale, con l’aggiunta del cosiddetto Axiom Segment, dal nome della società texana che pian piano sostituirà i moduli obsoleti ai fini della costruzione di una nuova stazione per fini commerciali. Parallelamente la compagnia Blue Origin di Jeff Bezos pensa a un resort orbitale chiamato Blue Reef; Star Lab sarà un laboratorio privato costruito dal consorzio formato da Nanoracks e Voyager Space Holdings insieme a Lockeed Martin che potrebbe espandersi diventando anche un Hotel grazie alla partecipazione della catena alberghiera Hilton. E in orbita cislunare sarà posizionato l’avamposto umano più lontano mai realizzato, il Lunar Gateway, i cui moduli sono sono già in costruzione in Thales-Alenia Space a Torino. Il Gateway (Portale) sarà una stazione che oltre a fungere da laboratorio per lo studio degli effetti dello spazio profondo sull’uomo, costituirà un appoggio per le operazioni umane e robotizzate per la costruzione della base lunare, il Moon Village dell’Esa oltre che delle future missioni su Marte.
Conclusioni e l’autore
Nel saggio di Cozzi, l’assodata abilità divulgativa dell’autore pone un’analisi completa degli eventi storici e politici che hanno alimentato direttamente e indirettamente la conquista fino all’attuale presidio dello spazio, quello che Gerald K. O’Neill definiva l’Alta Frontiera (5), il tutto con uno stile scorrevole che analizza i fatti e i protagonisti, restituendoci un quadro di insieme agevole e completo.
L’autore dell’opera, Emilio Cozzi, nasce a Magenta nel 1974. Esordisce come critico cinematografico, esperienza raccontata nel 2005 in Ti racconto un film (Raffaello Cortina Editore) scritto con Roberto Escobar. Dal 2007 al 2016 dirige Zero, importante magazine free di intrattenimento culturale. Esperto del mondo del gaming e dei suoi risvolti sociali è codirettore editoriale di Game Culture, collana accademica della Unicopli e nel 2018 realizza per Red Bull la docuserie The Italian Gamers. Sempre per Raffaello Cortina Editore nel 2017 scrive il capitolo dedicato ai videogiochi all’interno del saggio di psicologia e psicoterapia Il ritiro degli adolescenti.
Responsabile dal 2019 della sezione di Space Economy di Forbes collabora regolarmente con quotidiani e riviste tra cui Il Corriere della sera, Il Sole 24 Ore e Wired. Nel 2021 esce per Touring Spazio al futuro che celebra i sessant’anni di vita di Telespazio, azienda leader in Europa per i servizi satellitari. È coautore e conduttore di programmi di approfondimento come Countdown – Dallo Spazio alla Terra (Sky Tg24) e Space Walks (Rai 4).
Note
(1) Una sua copia è conservata al museo archeologico di Delfi.
(2) Angelo Secchi (Reggio Emilia, 28 giugno 1818 – Roma, 26 febbraio 1878) gesuita, astronomo e geodeta italiano, ritenuto il padre dell’Astrofisica moderna in quanto fondatore della spettroscopia astronomica. Direttore dell'Osservatorio del Collegio Romano e si occupò per primo di classificare le stelle in classi spettrali.
(3) Donald J. Kessler (1940) astrofisico statunitense già controllore di volo durante la missione Skylab, saltato agli onori della cronaca scientifica dopo la pubblicazione nel 1978 dell’articolo su Journal of Geophysical Research “Collision Frequency of Artificial Satellites: The Creation of a Debris Belt”.
(4) Konstantin Ėduardovič Ciolkovskij (1857-1935) Autodidatta ingegnere e scienziato russo, teorico del volo spaziale e della propulsione a reazione.
(5) Gerald Kitchen O’Neill: Fisico, professore a Princeton autore negli anni 70 del best-seller Colonie Umane nello spazio (Arnoldo Mondadori Editore, 1979) che considerava di posizionare insediamenti umani autosufficienti costituiti da immensi cilindri nei punti di Lagrange, particolari zone dello spazio dove le mutue attrazioni tra corpi celesti come terra e luna e terra e sole si bilanciano. Queste particolari colonie poi sono state lo scenario di classici moderni della Science Fiction come Gundam (Yoshiyuki Tomino 1979), l’antologia The Endless Frontier (1979) e il Ciclo dei Paratwa di Cristoph Hinz (1987-91), nonché apparire nel fumetto Nathan Never, pubblicato dal 1991 da Sergio Bonelli.
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