Su Fantascienza.com del 19 ottobre 2014, Silvio Sosio presenta lo Sci-Fi horror short film (12 minuti e mezzo) Motherly Lovecraft (Collin Black, 2024) un titolo che, preso alla lettera, è una sorta di puzzle. Sosio lo traduce con “Il mostruoso amore materno”, che rende piuttosto bene il senso del film, com’è possibile verificare guardandolo.

Qui cercheremo di sottoporre il titolo originale a una sorta di esame autoptico, partendo dall’idea che dissezionare il titolo sia un modo indiretto, ma efficace, di fare un’analisi del film stesso, che peraltro è ben diretto, ben recitato e pieno di suspense, e in effetti merita di esser visto.

Questo corto si sarebbe anche potuto intitolare semplicemente “Visita alla madre”, giocando sul contrasto tra la normalità apparente della situazione rappresentata (una ragazza che va a trovare la madre dopo cinque anni di assenza) e l’esito del tutto imprevedibile che ne segue. Il regista (che è anche coautore del copione) ha però optato per un titolo più d’effetto, che mette insieme, in modo a prima vista incongruo, la parola motherly (materno) con il nome (più esattamente il cognome) del famoso scrittore di Providence.

Prima ho scritto che l’analisi di questo titolo è come una dissezione anatomica, ma un paragone più preciso potrebbe essere quello con l’intepretazione di un sogno (o magari di un incubo) eseguita alla maniera di Sigmund Freud, il quale distingue tra il contenuto manifesto e il contenuto latente del sogno, vale a dire tra il significato apparente e il significato profondo.

Partendo dunque dal significato di superficie, notiamo che “Lovecraft” è una parola composta da “love” (amore) e “craft”. Quest’ultimo termine ha più di un significato, uno dei quali (vascello) non sembra qui avere rilievo. Si potrebbe forse considerare il fatto che la casa in cui abita la madre ha una porta che si apre sul vuoto cosmico, il che la farebbe somigliare a una nave spaziale. Però, dato che non c’è decompressione, si tratta verosimilmente di un passaggio interdimensionale.

Uno degli altri significati è “arte o mestiere” (oltre che “attività”) perciò il titolo pare riferirsi al mestiere di madre, che notoriamente si esercita attraverso l’amore. Quindi abbiamo “motherly love”, ovvero l’amore materno, e più precisamente “motherly love craft”, l’arte materna dell’amore (o l’esercizio dell’amore materno).

Fin qui, siamo sempre al livello del significato manifesto, ma non possiamo ignorare il fatto che i due termini “love” e “craft” sono stati fusi insieme per ottenere il nome di un notissimo specialista di storie weird, nelle quali si può ritrovare una sapiente miscela di horror e fantascienza, una miscela dal gusto unico e inconfondibile, come un caffè di marca o un blended whisky d’alto livello

Se venisse tradotto alla lettera, il titolo del corto dovrebbe essere qualcosa come “Un materno Lovecraft”, ciò che ci potremmo aspettare da un Lovecraft che scrivesse una storia sui rapporti tra madre e figlia. È appena il caso di precisare che con questa ipotesi ci siamo andati molto vicino, ma in realtà il ben congegnato e quasi diabolico titolo nasconde ancora (in senso freudiano) qualche sorpresa.

Il fatto è che il termine “craft” ha anche il significato di “astuzia o inganno”, e a questo punto l’incrocio tra le due letture del titolo appare evidente. Ci basterà scindere la seconda parola per avere “Motherly Love Craft”, cioè da un lato “L’arte dell’amore materno”, come abbiamo già detto, e dall’altro “L’inganno dell’amore materno”.

Come abbiamo visto, esiste anche una terza e più immediata lettura, in cui “Motherly Lovecraft” è “Un materno Lovecraft”, un titolo letterale che fa da collegamento tra i due significati: quello di superficie e quello profondo. Il riferimento a Lovecraft è ovviamente e innanzitutto un omaggio allo scrittore, dato che il corto cerca di ricreare le atmosfere care al Solitario di Providence, e al tempo stesso è anche un modo per far capire quale sia il tema trattato.

La vicenda familiare messa in scena da Collin Black può esser letta anche come una metafora di ciò che si nasconde dietro un certo perbenismo, non solo americano. Sotto questo aspetto, è molto significativo l’imbarazzo della figlia di fronte alla madre, che recita un ruolo affettuoso che non le si addice, mentre in realtà è tutta tesa verso uno scopo che nulla a che fare con l’amore materno.

Molto rivelatore in tal senso il confronto iniziale tra madre e figlia, nel quale si intuisce che il distacco incolmabile tra le due non è dovuto solo a ciò che si nasconde all’interno e oltre la casa, ma alla totale assenza di empatia della donna, non solo nei confronti della figlia ma anche di se stessa. A un commento amaro della figlia, la madre replica in tono gaio che se le avessero lavato il cervello se ne accorgerebbe, e aggiunge che il lavaggio del cervello non sembra essere una cosa così brutta. D’altronde, non si lavano anche le macchine?