Drasticamente, Roberto Benigni taglia le gambe al suo Pinocchio eliminando sin da subito due elementi portanti della storia: la tensione verso il cambiamento e l'impronta dell'autore. Innanzitutto il bambino-burattino è un adulto, Benigni stesso che nulla ha di legnoso o che possa spiegare questo misterioso desiderio di diventare altro. Il bambino Pinocchio è identico al burattino. Solo un rapido cambio d'abito e nient'altro. D'altra parte Benigni e Cerami rinunciano - già in sceneggiatura - ad andare oltre il testo collodiano, scegliendo quella che può essere considerata una vera e propria interpretazione di una delle favole più famose del mondo. Pur trovando due stampelle notevoli nella fotografia di Dante Spinotti e nelle scenografie di Danilo Donati, scomparso poco dopo la fine delle riprese, Benigni dà vita ad un personaggio ibrido, né comico, né tragico facendo piazza pulita dell'elemento popolare (e quindi arcaico) che fa di Pinocchio una favola drammatica. Il paese di Geppetto assomiglia in parte a quello di Chocolat. Lindo e pinto, pulito e perfetto è distante anni luce dal villaggio di Comencini in cui un povero falegname dava vita al sogno di diventare padre come unica ricchezza. Il Pinocchio di Benigni è borghese non solo nei contenuti, ma soprattutto nei modi: una favola di chi può e di chi ha, dove il desiderio di avere un figlio sembra più generato dalla follia schizofrenica di una vecchietto interpretato da un Carlo Giuffré che sembra stare recitando in una commedia di Eduardo al teatro Sancarlino di Napoli. Del resto in Pinocchio tutti recitano male. A partire da Nicoletta Braschi, inespressiva fatina che fa venire voglia di dire le bugie. Questa grandiosa costruzione postfelliniana non è altro che una messinscena rivolta ad un pubblico internazionale capace di perdonare tutto o quasi a Benigni. Noi quello che proprio non possiamo sopportare - al di là dell'eventuale soggettiva disillusione dell'attesa - è l'essere stato eccessivamente fedele ad un testo deprivato del suo aspetto terrorizzante. Un film interpretato "di corsa" dove senza timore e senza ironia, senza commozione e senza emozione si arriva ad un lieto fine in perfetto stile Patch Adams e Forrest Gump.