La storia di Il robot selvaggio (The Wild Robot), film d'animazione scritto e diretto da Chris Sanders, è tratta dalla serie di libri scritti da Peter Brown, 45enne americano che è diventato autore e illustratore di libri per bambini dopo aver lavorato a diverse serie animate per la TV.  La prima curiosità sta nella traduzione del titolo, infatti il film esce nelle sale italiane come Il Robot Selvaggio, il romanzo, invece, è presente sia con questo titolo che con quello de Il Robot Selvatico. Comunque sia la storia è quello di “una” robot denominata unità ROZZUM 7134, per gli amici “Roz”, che, dopo un naufragio, si ritrova su un'isola disabitata dove dovrà imparare ad adattarsi all'ostile ambiente circostante, costruendo gradualmente relazioni con gli altri animali dell'isola e adottando un'ochetta orfana. L’estetica del personaggio ricorda un po’ il “gigante di ferro” e l’intera situazione (un robot perduto in un contesto selvaggio) forse riecheggia addirittura Un Salmo per il Robot di Becky Chambers, apprezzato romanzo di Cozypunk. Ad ogni modo è curioso come in un periodo come questo in cui si parla di gestione di IA, Androidi & C. esca una storia di questo genere.

Immagine da <i>Il Robot Selvaggio </i>(2024)
Immagine da Il Robot Selvaggio (2024)

Chris Sanders, partner di lunga data di Dean DeBlois nella serie di Dragon Trainer, e creatore per la Disney di Lilo e Stitch, ha presentato in anteprima questo suo film solista della DreamWorks al Toronto International Film Festival.

A prima vista, The Wild Robot potrebbe sembrare la risposta di DreamWorks a Wall-E. Fortunatamente per chi ha avuto modo di vederlo, il film è tutt’altro che derivativo, e, parlando di ispirazioni, Sanders ha affermato che si è ispirato sia ai classici film d'animazione Disney che alle opere di Hayao Miyazaki.

Nella realizzazione è stata posta una estrema attenzione al colore, utilizzando una tecnica simile a tratti di pennello che fa sembrare alcune scene un quadro di Monet in una foresta di Miyazaki. Inoltre, l'animazione stilizzata rappresenta la ricerca di un cambiamento rispetto all'animazione CG che è diventata la norma generale.

Ma ciò che distingue l'animazione di Il robot selvaggio è la profondità emotiva della storia di Roz e dell'oca Brightbill e il delicato ecosistema di cui Roz ora fa parte. Purtroppo, però, la pellicola di Sanders è l’ultimo film d’animazione ad essere prodotto interamente dalla DreamWorks.

Altro punto di forza del film (riservato solo all’audience di lingua inglese) sono le voci originali dei protagonisti, che sono quelle dell’attrice premio Oscar Lupita Nyong’o (Noi, Black Panther) nel ruolo del robot Roz; il candidato agli Emmy e al Golden Globe Pedro Pascal (The Last of Us, The Mandalorian) nel ruolo della volpe Fink; la vincitrice dell’Emmy Catherine O’Hara (Schitt’s Creek, Campioni di razza) nella parte dell’opossum Pinktail; il candidato al premio Oscar Bill Nighy (Living, Love Actually – L’amore davvero) che dà voce all’oca Longneck; Kit Connor (Heartstopper, Rocketman) nel ruolo dell’oca Brightbill e la candidata al premio Oscar Stephanie Hsu (Everything Everywhere All at Once) nel ruolo di Vontra, un robot che si unirà a Roz sull’isola. Ci sono anche Mark Hamill, Matt Berry e di Ving Rhames. Nella versione italiana tra i doppiatori ci sono Esther Elisha e Alessandro Roia.

I critici che hanno visionato la pellicola hanno definito il lavoro incredibilmente divertente. L'elemento più disarmante del film è il suo scivolare anche nel dark humor, cosa che i “bambini degli anni '80 e '90” apprezzeranno tantissimo, poiché il film ricorda un'epoca in cui sia i cartoon che i “film per ragazzi” non lesinavano qualche “piccolo brivido”.

Il confronto tra tecnologia e natura in The Wild Robot permette di rappresentare la catena alimentare degli animali selvatici come viene percepita attraverso il punto di vista di Roz. La vita in una terra selvaggia è pericolosa, la morte è una certezza e la scelta è mangiare o essere mangiato per tutte le creature tranne che per Roz, robot quasi indistruttibile che sconvolge questo ecosistema.

Questo tipo di approccio permette alla storia di avere momenti esilaranti e di riflessione.

Insomma, se vi è capitato di vedere il trailer del film probabilmente avrete avuto due reazioni contrastanti: classificarlo roba da bambini oppure essere incuriositi di andarlo a vedere.

E poiché non tutti possono utilizzare come scusa dei nipotini (come zio o come nonno poco importa) o dei figli, se ne siete stati incuriositi, forse, una possibilità gli andrebbe data senza idee preconcette.