“Semuren”, ovvero “occhi colorati”: è il vocabolo dispregiativo che i cinesi riservano agli immigrati occidentali, che arrivano in Cina cercando un futuro migliore e che ingrossano le fila degli sfruttati, in un futuro prossimo in cui gli equilibri mondiali sono rovesciati.

Nella distopia sociale di Vietti, infatti, la Cina sembra l'unica superpotenza rimasta in piedi, gli Stati Uniti non esistono più, e l'Italia è dominata da una dittatura dai tratti neofascisti. La Cina, al contrario, è salda e prospera, e in linea con alcune sue tipicità (nonostante non ci sia traccia della pervasività delle tecnologie di controllo sociale, che già oggi si presenta come una grande questione da affrontare): sono distinti rigidamente e senza troppe fisime il "dentro" e il "fuori", lo spazio riservato ai cittadini e quello marginale nel quale sono relegati gli immigrati; la sua politica estera si contraddistingue per la propensione a un'egemonia commerciale, che esercita il potere con il denaro e non esita a “comprarsi tutto”.

La storia procede su due binari paralleli, seguendo le peripezie dei due protagonisti che raccontano entrambi alla prima persona. Francesco è un immigrato italiano in Cina, che ha lasciato dietro di sé la moglie Maya e una lotta politica, e ora campicchia di rimpianti nella Città Murata, ovvero la suburra in cui sono relegati gli italiani, legandosi a Nadia, una giovane prostituta sfigurata. Shen Fu, cinese di madre italiana, è un quotato giornalista di guerra che si reca a Torino, per documentare la situazione interna tesissima: al governo autoritario si contrappone il movimento vietato LIMEN, composto da italiani “meticci”, figli degli antichi immigrati, e da resistenti che sognano un mondo più giusto ed egualitario. 

La situazione degenera, e Shen Fu si trova incastrato in una guerra civile, impossibilitato a fuggire in modo rapido, e sempre più coinvolto grazie a Maya, la moglie che Francesco ha lasciato in Italia anni prima, e che il giornalista gli ha promesso di ritrovare. Maya è impegnata nella resistenza, e sta per dare alla luce un bambino: Shen Fu si prende a cuore la sua sorte, fino a esiti per lui inimmaginabili. 

Intanto, nella Città Murata, hanno luogo brutali fatti di sangue ai danni di donne italiane, che richiamano antichi torti inferti alla Cina dagli odiati occidentali: cercando di fare luce su di essi, tra pizzerie di famiglie mafiose e loquaci vecchi saggi cinesi, Francesco e Nadia scopriranno presto che la Città è condannata alla distruzione, e tenteranno una reazione disperata.

Molti temi e scenari complessi, per questa prima prova narrativa dell'antropologo Francesco Vietti, che prende di petto la questione della coesistenza tra migranti e popolazione nativa, innestandola in uno dei meccanismi tipici della distopia, ovvero il rovesciamento. Ricorrendo alla sua conoscenza delle migrazioni interne in Europa, Vietti fa percorrere ai protagonisti (Francesco che lascia l'Italia come migrante economico e Shen Fu insieme ai transfughi della guerra civile) tratte avventurose e pericolose, in cui la persona è degradata a pezzo da spostare e a corpo da sfruttare. Lo fa a volte con un certo didascalismo: come nel caso dei profughi che vogliono lasciare l'Italia per l'Albania ammassati nello stadio di Bari, con tanto di elicotteri che buttano aiuti; e con considerazioni a tratti un po' intrusive, volte a ricordarci che, come finora abbiamo trattato e visto trattare gli altri, un giorno potremmo essere trattati noi.

Un messaggio importante, a cui è affidata la prevalenza su tutto il resto, ingenerando pesantezze stilistiche,  una gestione debole della tensione narrativa e un intreccio un po' sbrigativo in alcune sue svolte. Problematica anche la costruzione delle voci narranti, che non sono differenziate, nonostante il fatto che uno dei protagonisti sia cinese: il suo punto di vista in particolare appare indistinguibile da quello di un “occidentale medio”, nonostante il fatto che il pensiero cinese, il suo dispiegarsi, il suo esprimersi, il suo dialogare con altri, siano radicalmente diversi dal nostro, e avrebbero quindi richiesto un lavoro di individuazione volto a rendere conto di questa diversità – che al lettore attento è ormai sempre più chiara, grazie alla diffusione crescente di testi e voci letterarie cinesi anche in Italia. 

Semuren resta una proposta interessante, pur nelle sue debolezze: una distopia passibile di veicolare un messaggio forte e chiaro a chi legge fantascienza in modo a volte “distratto”, e che può essere apprezzata anche da un pubblico vario, non specializzato in letture fantascientifiche, che godrà del meccanismo intellettuale del rovesciamento per farsi domande scomode, e che, viaggiando insieme ai migranti di domani, potrà maturare qualche riflessione sull'oggi.