Antefatto

Il riflesso delle stelle vorticava sulla visiera polarizzata del casco, mentre l'ombra della solitaria figura in tuta spaziale si allungava velocemente sulla superficie silicea. All'orizzonte della piccola luna stava sorgendo, meravigliosa e terrificante, una perfetta anomalia stellare.

– Sono spiacente, Gwen, ricordo perfettamente che m-mi hai ordinato di non interagire vocalmente, m-m l'asteroide ha appena superato il punto di non ritorno: stiamo precipitando verso la singolarità. Pensavo potesse interessarti.

La voce risuonò acuta negli auricolari e, una volta di più, la donna pensò che i programmatori si fossero veramente superati: l'uso sapiente delle esitazioni ed il tono stesso simulavano perfettamente il panico umano.

Si concesse un breve sorriso prima di rispondere: – Virgilius, hai ripreso a balbettare: non te ne sei accorto? E non mi piaci quando ti fingi umano. Renditi utile piuttosto: esegui un diagnostico dei sistemi di supporto vitale. Vorrei ottimizzare il riciclo dell'ossigeno ed è un peccato sprecare l'aria.

La tuta di sopravvivenza, modello “Virgilius 9000” era stata progettata, costruita e collaudata per sopportare il vuoto, pressioni fino a 30 atmosfere, il gelo prossimo allo zero assoluto, il caldo fino a 300 gradi celsius, gli strappi e le abrasioni, le atmosfere acide e gli ambienti bio-contaminati. Era dotata di sensori radar e rilevatori agli infrarossi, di piccoli ma efficienti reattori di spinta, di servomeccanismi che potenziavano i movimenti.

Poteva autoripararsi e contemporaneamente fornire assistenza medica al suo operatore con una intera farmacologia hypospray e fasce costringenti emostatiche. Poteva persino, pur entro certi limiti, fornire riparo dalle radiazioni pesanti e da fasci di particelle concentrati. Era naturalmente armata con un piccolo laser integrato nell'avambraccio, ma il suo punto di forza era una Intelligenza Artificiale di ultima generazione che gestiva e armonizzava tutti i sistemi e, soprattutto in grado di colloquiare con la controparte umana.

La risposta di Gwen attivò una funzione secondaria di pensiero autonomo: – Si, è un peccato – elaborò la subroutine in un angolo della sua matrice positronica – che questa missione sia per te senza ritorno.

I sensori esterni indicavano che l'asteroide stava accelerando, verso un vortice blu elettrico, dovuto alle emissioni di raggi X di materia condannata all'annichilazione, in un pozzo gravitazionale senza fine

La giovane donna divenne consapevole del rischio incombente poiché, ben prima dell'impatto, le maree avrebbero spaccato la piccola e desolata luna; tuttavia farsi prendere dal panico non serviva, tanto valeva godersi lo spettacolo

Il panorama, nitido per l'assenza di atmosfera, era stupefacente: l'asteroide compiva un giro completo sul suo asse in meno di mezz'ora e l'anomalia tramontava esattamente dietro un antico cratere per sorgere, sempre più grande, in direzione di una spaccatura tettonica. La donna iniziò a sperimentare nausea e vertigini.

I sensori interni della tuta percepirono un consistente aumento dello stress emotivo e compensarono iniettando un blando ipnotico insieme ad un cocktail di sali minerali e di zuccheri semplici.

Per un ipotetico osservatore esterno la velocità di caduta dell'asteroide iniziò ad aumentare e così la sua massa, obbedendo alle leggi della relatività generale. A differenza dei gas e del pulviscolo stellare, costretti a precipitare lungo una spirale verso l'orizzonte degli eventi, la piccola luna aveva però una dimensione sufficiente a curvare il tessuto dello spazio-tempo attorno a sé; dopo pochi secondi scomparve dall’universo, lasciandosi dietro una scia ottica distorta e un effimero lampo di luce.

In un reame di realtà differente

Una luminescenza innaturale rischiarava le asperità di una galleria rocciosa e la figura umana che vi giaceva riversa. Il casco della tuta, aperto, lasciava intravedere il suo volto: un pesante maquillage estetico (così di moda in quel periodo della società umana) si era ormai sciolto per il sudore e la tensione, lasciando lunghe lacrime nere su di un viso altrimenti attraente.

Procedure di recovery e di restart si attivarono nei meccanismi della tuta: check up dei sistemi, autodiagnosi e riparazione, accensione degli indicatori luminosi.

I sensori esterni rivelarono un nuovo ambiente, atmosfera respirabile, gravità di tipo terrestre, temperatura compatibile con la vita organica; i sensori interni rilevarono che quella donna, – Gwen – non aveva ancora ripreso i sensi, ma non registravano danni fisiologici irreparabili. Sensazioni sintetiche attivarono i pensieri dell'I.A.: stupore per l'illogicità degli eventi, curiosità per la nuova situazione, preoccupazione per la sorte della sua controparte umana, soprattutto per l'esito della missione. Virgilius non era in grado di distinguere se le sue sensazioni fossero totalmente sintetiche o reali quanto quelle degli umani, ma faceva poi differenza?

Subroutine mediche optarono per l'inoculazione di un potente farmaco stimolante alla donna.

– Gwen svegliati. Ho due notizie per te.

– Mmmmh?

– Una buona ed una cattiva.

La voce della donna risuonò rauca ed impastata – Cosa è successo? Dove siamo?

– La buona notizia è che sei viva, la tuta è integra, le attrezzature non danneggiate ed io sono pienamente operativo. Quella cattiva è che non ho alcuna informazione utile, né strategia programmata per capire cosa sia successo, dove siamo e che cosa dobbiamo fare: tocca a te tirarci fuori di guai.

In fondo alla galleria una porta metallica iniziò a scorrere nei suoi battenti.

– Gwen non vorrei farti pressione, ma sta arrivando qualcuno… o qualcosa.

– Sensori!

– È una creatura non umanoide, registro attrezzature hardware con elevato potenziale energetico.

– Armi? Virgilius, attiva le routine di difesa della tuta!

– Già fatto. – La voce dell'I.A. tradiva un senso di soddisfazione – Ma, Gwen, potrebbe non essere un nemico.

– Tu obbedisci e basta!

Con la completa apertura della porta fasci di luce penetrarono nella galleria, illuminando la polvere in sospensione.

Una sagoma scura, piuttosto grande, dai contorni non definiti occupò l'intero spazio tra gli stipiti: la creatura entrò nel nuovo ambiente con la sicurezza di chi esegue un compito di routine in un habitat familiare.

Sottovoce – Virgilius, voglio una visuale con gli intensificatori di luce! – Un secondo dopo. – È un mostro orrido!

Il demone si accorse finalmente della presenza di un intruso: con un movimento fluido spianò quella che appariva come un'arma, per emettere una serie di impulsi energetici ad alto potenziale.

Le difese della tuta assorbirono i primi colpi, trasmettendo solo le vibrazioni degli impatti e un pizzicore elettrico sulla pelle della donna.

– Efficienza dello scudo al 23 percento in rapida diminuzione.

Gwen attivò con comando subvocale il piccolo laser agganciato all'avambraccio destro della tuta, aspettò e il tempo di ricarica e fece fuoco. Il demone incasso il primo colpo, per poi crollare solo al quinto centro, rilasciando impuri fluidi corporei.

– Un osso duro, vero Gwen? E piuttosto brutto anche per i miei standard estetici.

– Cccos’era?

– Adesso sei tu che balbetti Gwen, non devi crollare proprio adesso.

– Preoccupati dei tuoi circuiti neurali! Anzi – continuò la donna girandosi in modo da puntare il visore dell'I.A. verso una sorta di video incassato nella roccia – dimmi se sei in grado di interfacciarti con quella consolle.

La donna eseguì alcune operazioni seguendo le indicazioni dell'I.A. e sul video apparve una complessa mappa del complesso dove si era risvegliata; una luce lampeggiante indicava quella che poteva essere un'uscita, tre livelli più in alto.

Livello uno

Le componenti metalliche della tuta dove la vernice brunita era stata portata via dagli urti e dai colpi, riflettevano il giallo vivo degli incendi ed il rosso pulsante delle condotte ad alta energia.

Piccole esplosioni si susseguivano mentre il fuoco si propagava alle attrezzature e alle consolle di quello che doveva essere un semplice deposito.

Un labirinto di container, casse e gru abbattute dalla violenza dello scontro; Gwen si domandò perché mai quei demoni avevano difeso così strenuamente un ambiente che Virgilius aveva valutato come “non nevralgico”?

La donna si concesse una pausa e da una piccola cannula iniziò a sorbire un liquido integratore; aveva il fiato corto e più di una ustione nei punti dove la sua tuta era stata colpita.

Gli unici lati positivi della faccenda erano che aveva capito come leggere le mappe del livello dai monitor sparsi sulle pareti e che poteva riutilizzare le armi di quei mostri che si facevano abbattere con grande zelo, risparmiando le sue risorse.

Punti di vantaggio strategico, così li aveva definiti Virgilius.

La schermaglia l'aveva impegnata duramente e sfiancata, ma adesso era il momento delle domande.

– Virgilius?

– Si, Gwen?

– Che facciamo adesso?

– Direi che le nostre priorità immediate sono sopravvivere e trovare una via d’uscita.

– Si, ma dicevo perché, siamo in questa situazione?

– Non lo so Gwen: i dati a mia disposizione sono insufficienti per elaborare una teoria plausibile.

La donna percepì una esitazione nella risposta.

– Non mi abbandonare proprio ora!

– Come potrei! Sono integrato nella tua tuta.

– Sai che non intendevo questo.

– E cosa intendevi, Gwen?

– Maledizione! Ho bisogno delle tue capacità analitiche, del tuo fottutissimo cervello positronico se voglio capire come uscirne fuori.

– Gwen, ti stai alterando, leggo i tuoi parametri fisiologici. Non voglio somministrarti calmanti, mi servi lucida per portare a termine la missione.

– Quale missione? La nostra astronave ha fatto naufragio in prossimità di un'anomalia spaziale. Sono stata svegliata dall'allarme, il ponte era deserto e invaso dal fumo. Ho appena fatto in tempo ad indossare la tuta e ad infilarmi in una capsula d'emergenza per trovarmi su di un asteroide in rotta di collisione con il buco del culo della galassia… Non ho nemmeno idea se qualcun’altro sia sopravvissuto!

– Direi, logicamente, che se qualcuno dell'equipaggio fosse sopravvissuto lo troveremmo qui con noi.

La donna rimase silenziosa.

– Gwen, mi spiace farti premura, ma a quest'ora tutto il complesso sa della nostra presenza: dobbiamo muoverci.

– D'accordo. Proiettami sulla visiera del casco un percorso per uscire da questo livello. – Immediatamente un piccolo ma dettagliatissimo ologramma si attivò: linee blu mostravano la planimetria dei locali, una brillante linea gialla la strada verso un sistema di scale, un punto verde indicava la posizione relativa della tuta.

– Virgilius, i sensori di movimento sono attivi?

– Ehm, – un'altra esitazione – No Gwen, credo che nello scontro si siano automaticamente disattivati quando alcuni colpi dei demoni sono andati a segno.

– Riattivali subito!

Piccoli punti rossi in movimento si accesero sul diagramma olografico.

– Abbiamo visite!

– Già, lo vedo.

– Creature simili a grandi aracnidi, sono circa una ventina, stanno tessendo una rete con filamenti monofilari. Attenta Gwen, possono tagliare la corazzatura della tuta come fosse carta velina.

Gwen attivò l'arma ad impulsi che aveva raccolto.

Livello due

La fisica della luce seguiva nuove regole in questo reame: sembrava quasi che qualsiasi fonte luminosa non fosse in grado di perforare la penombra dei corridoi, sulle passerelle e nelle stanze del complesso.

Il colore grigio delle pareti arrugginite non aiutava e le numerose fuoriuscite di liquami tossici e scarti industriali contribuivano a generare una perenne foschia dal sentore acre.

Gwen si trovava ora su di un ballatoio al termine delle scale metalliche che portavano dal primo al secondo livello; di fronte a lei un portale dall'aspetto robusto; naturalmente era bloccato.

L'ostacolo di quella specie di ragni era stato superato, ma non in maniera indolore: profondi tagli e la tuta lacerata in più parti era stato il prezzo da pagare.

Le scorte di antidolorifici e didermorigeneratore si erano notevolmente abbassate e in più punti del suo corpo le fasce elastiche comprimevano dolorose ferite.

A ciò si aggiungeva un profondo senso di oppressione e di disgusto per le oscene creature.

– Sai Gwen, stavo pensando all'assurda biologia degli esseri che abbiamo finora incontrato. Sembrano dei montaggi artificiali, componenti di mostro assemblate per creare incubi.

– La voce dell'I.A. tradiva una certa soddisfazione per l'iperbole trovata.

– Mary Shelley…

– Non capisco, Gwen.

– Era la moglie di un noto poeta inglese del diciannovesimo secolo, a sua volta autrice di un romanzo horror dove si racconta di uno scienziato folle che dà vita ad una creatura mostruosa, composta chirurgicamente con parti di diversi cadaveri.

– La psicologia umana è cosa affascinante. Quando rientreremo alla base mi voglio connettere alla biblioteca centrale e leggermi tutto di questa Maryshelley.

– Shelley è il cognome.

– Oh, capisco. Mi devi scusare: è tutto così eccitante.

Una sensazione ancora più gelida di quella della paura per la battaglia pervase la donna: il comportamento dell'I.A. dalla quale dipendeva la sua vita si stava facendo sempre più irrazionale.

– Va bene, Virgilius, adesso concentrati sul prossimo obiettivo: aprire questa maledetta porta.

– Ma è semplice, dovresti essere in grado di arrivarci da sola.

– APRI LA FOTTUTA PORTA!

– Ti do un piccolo indizio: ti ricordi di quella piccola tessera radiante che ti ho fatto raccogliere dal pavimento?

– Emetteva una portante elettromagnetica;

– Già, e quindi…

– È una chiave!

La donna recuperò velocemente l'oggetto da una tasca esterna, sul gambale della tuta e l'avvicinò ad un piccolo sensore sul lato destro della porta.

Prima i demoni, poi i ragni, adesso i guardiani!

L'intero livello, composto da alloggi, locali mensa e strani laboratori, era percorso da biosfere volanti in grado di sparare proiettili di fuoco chimico.

Ogni volta che un guardiano notava la sua presenza, richiamava un intero stormo di suoi simili e Gwen era costretta a subire un attacco coordinato da tutti i lati.

Ben presto sviluppò una efficiente tattica fatta di movimenti furtivi lungo le pareti per intercettare ed abbattere ogni singolo nemico prima che questo potesse reagire in maniera pericolosa.

– Gwen, stai andando benissimo, oltre ogni previsione!

– Previsione? Come puoi parlare di previsione in una situazione così irreale come questa?

La voce della donna si fece dubbiosa.

– Virgilius?

L'I.A. non rispose.

Si accese invece una spia rossa all'interno del casco e un atono messaggio vocale le annunciò la fine delle riserve energetiche della tuta.

Gwen si sentì improvvisamente pesante, quasi schiacciata dal peso della tuta e dell'attrezzatura.

– No! Proprio ora che sono in prossimità di un elevatore. Non puoi farmi questo!

Livello 3

Polvere e sudore non riuscivano a coprire i lividi bluastri, le ustioni infiammate e i tagli sulla pelle nuda della donna; a piedi scalzi, indossando la sola sotto-tuta a rete, Gwen si muoveva lungo un corridoio trascinando un pesante cavo coassiale.

– No, non mi freghi. Non mollo proprio adesso!

Sopprimendo l'impulso irrazionale delle lacrime, si sedette sul gelido pavimento puntando i piedi su di una colonna di cemento che sporgeva dalla parete, fece forza con la schiena fino a tendere i muscoli delle braccia; il cavo riprese a scorrere.

In pochi interminabili secondi raggiunse la tuta che aveva abbandonato e le sembrò di osservare il corpo di un ferito, abbandonato dai compagni ed in attesa di morire. Morire? Non sarebbe successo, non l'avrebbe permesso!

Inserì il connettore del cavo direttamente nella presa di ricarica: il fatto che i sistemi energetici della tuta e quelli del complesso fossero tra di loro compatibili le apparve più come un segno premonitore che non una mera coincidenza.

Brindò con l'ultimo sorso di liquido isotonico, si rivestì della sua corazza e riattivò i suoi sistemi, con attenzione, uno ad uno.

– Gwen! Temo di aver subito uno shut-down. Dove siamo arrivati?

– Su una piattaforma elevatrice, verso l'uscita da questo inferno.

Terzo livello, il centro di comando del complesso. Percorso da creature umanoidi senza volto, in camice bianco, chiaramente schiavi del sistema.

Al centro dell'immensa sala, in una postazione sopraelevata, sorta di trono nella sua forma più futuristica e tecnologica sedeva colui (la cosa?) che dominava quel reame folle.

Dalla porta dell'elevatore Gwen non riusciva a distinguere i dettagli dell'essere, nemmeno ricorrendo all'ingrandimento dei sensori. Una sorta di cortina indistinta, vapori bollenti o forse un campo di forza, distorceva la sua immagine.

– Bene, è ora della resa dei conti. A noi due!

– Gwen, un assalto frontale non mi sembra la strategia migliore… Gwen fermati, non voglio morire!

– Hai forse paura Virgilius? la donna continuava ad avanzare verso il centro della stanza Ma tu non sei un essere vivente, sei il programma di computer.

– Ti prego Gwen, il tuo è un impulso suicida, cerca di essere razionale. Non mi costringere…

– E cosa vorresti fare? Bloccare i servomeccanismi della tuta?

– Potrei iniettarti una droga disabilitante. Non dico che lo voglio fare, ma per salvarmi…

– Oh, temo di doverti deludere: quando sei finito in stand-by ne ho approfittato per scollegarti dalle funzioni automatiche della tuta. Prova se non mi credi. Ah, ho disattivato anche la tua radio subspaziale: adesso siamo entrambi e veramente soli.

Dall'interfono un ululato disumano: frustrazione elettronica allo stato puro!

– Ti conviene collaborare: io e te abbiamo un lungo discorsetto da fare sulle reali cause che mi hanno condotto in questo manicomio, ma prima dobbiamo abbattere quel gigante piuttosto nervoso e armato di missili.

La donna strinse con forza il suo fucile al plasma e si infilò nello stretto canyon tra due enormi calcolatori…

Postfazione

L'osservatore guardava, senza realmente vederla, la singolarità che lampeggiava attraverso un'ampia vetrata panoramica. L'esperimento era terminato, certo non nella maniera prevista, ma un risultato interessante lo aveva comunque ottenuto: le capacità di resilienza e adattamento dell'umana erano state superiori al livello di difficoltà impostato.

Nel suo rapporto al Consiglio Centrale delle Scienze Galattiche avrebbe riportato di potenzialità da approfondire; andava inoltre rivisto il fatto che l’Intelligenza artificiale sul campo fosse a conoscenza delle finalità della prova, passando di fatto a un test in doppio cieco.

Un suono discreto interruppe le sue meditazioni e preannunciò un visitatore in attesa: l'osservatore constatò, con sommo disgusto, una variazione dei propri flussi enzimatici corporei. Sorpresa? Paura? Sensazioni ataviche di cui si vergognava, ma, in cuor suo – per la precisione nei suoi cuori – sentiva che prima o poi avrebbe potuto incontrare Gwen e rendere conto delle sue azioni.

E non si sentiva affatto sicuro sul fatto che l'umana avrebbe apprezzato i sacrifici imposti in nome delle SSX, le Scienze Sociali Xenologiche!

Anzi, tutti gli MCC, i modelli comportamentali computerizzati, gli consigliavano caldamente l'adozione di una scorta armata e molto, molto efficiente…