Sebbene non sia il fine ultimo della fantascienza, non è raro che romanzi e film ambientati nel domani siano di ispirazione per la scienza di oggi. Prendendo spunto dalla pelle del Terminator Schwarzenegger, due ricercatori, Antoni Gandia e Andrew Adamatzky, hanno sviluppato una pelle sintetica a partire da un fungo, il Ganoderma Sessile (arrivato nel laboratorio da Inarzo, un piccolo comune del varesotto).Sono proprio i due scienziati ad ammettere di aver voluto ricreare la scena iconica del film del 1984 di James Cameron usando per il loro esperimento un piccolo robot di diciotto centimetri simile ai T-800 del film per far crescere l’epitelio fungino su uno strato di agar e fecola di patate, usata come base per permettere alle spore di attecchire. Dopo cinque giorni in incubatrice, il Terminator di Gandia e Adamatzky presentava “uno strato di materiale organico interlacciato con il substrato inorganico del modello, risultando” scrivono i ricercatori nel paper Fungal Skin for Robots presentato lo scorso agosto, “in un giustapposizione visivamente impressionante del micelio organico e del modello cyborg inorganico, simbolo della fusione tra biologia e tecnologia.”
La pelle così ottenuta è risultata essere sensibile alla luce e agli stimoli esterni, in grado di ripararsi da sola se danneggiata e l’esperimento ha messo in mostra le potenzialità di una biotecnologia applicabile nei più diversi campi, come l’edilizia – con edifici in cui materiali fungini aiutino a reagire ai cambiamenti ambientali, aumentando la sostenibilità e l’efficienza energetica delle nuove costruzioni – e la medicina, immaginandone un’applicazione in grado di monitorare le condizioni fisiche reagendo in tempo reale e creando “un nuovo paradigma per la medicina personalizzata e la cura di sé.”Prospettive sicuramente più ottimiste di quelle del cult cinematografico. Speriamo che, per una volta, la realtà superi la fantasia.
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