Sul finire della settimana ha fatto grosso scalpore un articolo di Repubblica che sparava il titolo "Editoria, il 30 per cento dei libri non vende neanche una copia". Bum. E giù commenti contro gli editori che stampano per mandare al macero, e ci sono troppi libri, e nessuno legge e via così.
Intendiamoci: che la lettura sia un problema in Italia è ben noto, e non sta migliorando. Che di libri se ne producano molti di più, negli ultimi anni, è un dato noto, e dipende probabilmente dal fatto che, semplicemente, si può: oggi si può stampare in basse tirature senza costi elevati, quindi diventa possibile pubblicare libri che prima avevano un bacino di lettori troppo piccolo per poter rientrare dai costi.
Ma questo si sapeva: quello che fa discutere è stato il titolo, anche perché ovviamente tutti leggono il titolo, pochi leggono l'articolo (potremmo sparare un "Giornali, solo il 30% dei lettori legge anche l'articolo oltre al titolo“, ma staremmo sparando anche noi numeri a vanvera). Non che qui l'articolo, confuso e confusionario, risolvesse comunque la situazione.
Siamo andati alla fonte, che è una presentazione fatta dalla Confcommercio emiliana dedicata alle librerie indipendenti. Nella presentazione c'era prima la presentazione di uno studio di Nomisma, che secondo il sottotitoli di Repubblica faceva l'affermazione di cui sopra: ovviamente, invece, non lo fa neanche lontanamente. Lo studio introduceva con una parte di ricerca di mercato basata su dati Istat dai quali si ricavava l'aumento del numero di titoli e anche un leggero aumento del numero di copie vendute.
Dopo Nomisma parla una rappresentante del sindacato dei librai emiliani, Cristina Giussani, che con toni polemici fa un calderone di piccoli editori, self publishing e editoria a pagamento, e alla fine se ne esce con la dichiarazione che sulle novantamila uscite solo trentacinquemila vendono almeno dieci copie.
Affermazione che, ovviamente, non può essere basata su nulla (perché nessuno ha questo tipo di dati, se non i singoli editori per quanto riguarda i propri libri), ma che soprattutto è ancora più assurda del titolo di Repubblica: vorrebbe dire che più del 60 per cento dei libri vende meno di dieci copie.
Nessuna traccia in tutta la presentazione dello stupefacente dato che risalta nel titolo dell'articolo: il nostro sospetto? Il giornalista si è fatto qualche conto sballato a mente sulla base della dichiarazione di Giussani.
Ma per favore. Prima di dire e di scrivere certe stupidaggini magari bisognerebbe fermarsi un attimo e chiedersi: ma ha senso? ma è possibile o è una cosa assurda? E se sembra assurda, ho dati e fonti che la provino?
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