Ogni volta che Alice guarda Netflix, gli algoritmi guardano lei

Alice, una bella bambina bionda e dagli occhi azzurri, si stava annoiando moltissimo in quell’ultimo giorno di vacanza dalla scuola.

Si era ritrovata sul divanetto di una grande sala dedicata al coworking, affollata di persone estranee, tutte prese a parlare ad un microfono e a battere sui tasti dei loro computer portatili, nonostante la promessa di una mattinata in giro per negozi.

Per questo, seduta scompostamente – come “non si addice ad una signorina!” – sbirciava il libro che la sorella stava consultando, ma che era troppo scritto, privo di figure in stile manga, di emoticon che ti strizzavano l’occhio e di meme buffi: quel genere di lettura, lo capirete, che non contribuiva affatto a tener desta la sua attenzione.

– A cosa serve conoscere tutte queste cose?

– Dici gli algoritmi? Fai conto, Alice – le aveva risposto la sorella – di dover cercare un tesoro nascosto in una foresta magica e intricata di parole difficili per poi ritornare a casa in tempo per il tè, scegliendo il sentiero più breve…

Alice sbuffò: – È inutile provarci: non si può immaginare una cosa impossibile.» mettendosi poi a giocherellare con il suo nuovissimo visore dalla cover rosa, alla ricerca di un video su Tik-Tok.

Così, di reel in reel, ipnotizzata dal flusso di informazioni, le parve di cadere vorticosamente in un profondo Metaverso.

– Ahi! Non è giusto: questo prato digitale è duro e la sua erba sintetica punge –. Si lamentò per il brusco atterraggio ma, guardandosi attorno, vide che i pixel luminosi stavano assumendo dinanzi a lei i contorni di una infinita siepe interrotta solo da un cancello di finto legno, oltre il quale un sentiero si inerpicava verso un’intricata foresta.

– Chi ha mai disegnato questa app? È tutto così spaventosamente confuso.

– Quando scelgo un punto di decisione – sbottò un cursore lampeggiante in tono piuttosto sdegnato – esso significa esattamente quello che voglio. Né di più né di meno.

– La domanda è –, rispose Alice intimidita, – se è educato che le strutture digitali abbiano un significato così incomprensibile.

– La domanda è–, replicò il cursore, – chi è che programma l’algoritmo. È tutto qui.

Rendendosi conto di non trovarsi più nell’open space, Alice si rialzò e spazzolò il vestito dai fili di erba.

Un movimento oltre la siepe, lungo il sentiero, proprio al margine della foresta attrasse la sua attenzione: aveva tutto l’aspetto di un Pokemon bianco!

La bambina decise che forse valeva la pena esplorare questo nuovo ambiente: il primo passo da affrontare era quello di aprire quel cancello, troppo alto da scavalcare.

Una tastierina alfanumerica comparve a mezz’aria mettendosi a lampeggiare: – Prego inserire la password…

– Che cosa sciocca. Eccoti la tua password! – rispose Alice, digitando la stringa “1234567”.

L’occhio della tastierina si mise a scrutare la bambina malevolmente di un rosso acceso.

– Quella era la password di ieri e sarà la password di domani. Come dovresti sapere, oggi è la password errata. Prego inserire la password …»

– Non ti capisco! – rispose stizzita Alice.

– Andiamo, è un semplicissimo algoritmo naive: cerca il pattern nel testo della risposta, un carattere alla volta e verifica la corrispondenza.

Non senza qualche esitazione, Alice provò a inserire il primo carattere nella sequenza del codice: – Dunque, vediamo: potrei provare con una “E”…»

L’occhio della tastierina era ancora verde.

– …R-R-A-T-A – Click fece il cancello – Errata! Errata! È stato veramente facile!

Alice oltrepasso dunque il varco nella siepe e si incamminò lungo il sentiero, accorgendosi però di nuove biforcazioni che si aprivano ad ogni passo: – Così non arriverò mai a catturare il mio Pokemon bianco! Ma quale strada devo prendere? Proverò a chiederlo a quel simpatico avatar a forma di gattino: buongiorno micetto, potresti dirmi, per favore, quale strada devo prendere per entrare nella foresta?

– Tutto dipende dal risultato che vuoi ottenere. – rispose l’avatar-gatto sbadigliando e stiracchiandosi.

– Oh. In realtà non ne sono molto sicura… mi basta arrivare alla fine del gioco –, disse Alice.

– Allora non importa quale via sceglierai. – replicò quella bizzarra creatura. – Se solo camminerai abbastanza a lungo percorrendo tutti i sentieri una sola volta.

Alice in qualche modo comprese che tale affermazione non poteva essere contraddetta, ma che non era poi così tanto efficace.

Il gatto-avatar sorrise, anzi, rimase solo il suo sorriso: – Devi solo rilassarti e, ad ogni bivio, fare scelte via, via sempre più accurate, che sostituiscano gradualmente le approssimazioni, fino a percorre la distanza più breve: questo è l’algoritmo del sentiero più corto!

Ciò detto anche il sorriso scomparve e ad Alice non rimase altro che incamminarsi, facendo attenzione, ad ogni nuovo incrocio, di fare un bel respiro e scegliere la direzione che le sembrava più gradevole.

Com’era, come non era, alla fine giunse al margine della foresta ma, si domandò la bambina, in che modo avrebbe potuto trovare il suo Pokemon bianco e uscire dal gioco in tempo per la merenda?

Un vecchio e scolorito cartello attirò la sua attenzione: era una mappa della foresta, distinta in varie partizioni dal nome esotico: array degli alberi sempre verdi, sotto-array dei pini, dei larici, degli abeti…… e così via. Al centro della mappa svettava il disegno di una sequoia grandissima, dallo strambo nome di “Albero Pivot”.

– Ecco, – disse tra sé Alice – quel grosso albero è certamente la via d’uscita! – e si addentrò, non senza un po’ di timore, nel folto della foresta: – Devo solo più trovare le tracce del Pokemon bianco e la strada per la sequoia, per poi arrampicarmi fino in cima…

Senza dubbio questo era un piano eccellente, semplice e davvero ben congegnato. C'era solo una difficoltà: che Alice non aveva la più piccola idea di come realizzarlo in quel labirinto così intricato di piante, rami, foglie, radici e sentieri che si incrociavano tra di loro come in una ragnatela e, anzi, dopo tanto camminare le sembrava di essere sempre al punto di partenza.

Un filo di fumo attrasse allora la sua attenzione: qualcuno stava cucinando qualcosa e, infatti, seguendo col suo nasino la traccia odorosa, Alice arrivò in una piccola radura dove un avatar con un buffo cappello era intento a prepararsi una frittata.

– Buongiorno signore, avete visto per caso un Pokemon bianco passare da queste parti?

– E tu che genere di creatura sei? – rispose l’avatar in tono seccato. – Non vedi che sto eseguendo un algoritmo difficilissimo?

– Ma fare una frittata non è poi così complicato.

– Sbagliato, stranissima creatura! Anche se rompere un uovo è un passo elementare in un algoritmo di cucina, tutto si fa estremamente arduo se sulla ricetta trovi scritto: “aggiungere sale quanto basta. Quali passaggi servano per determinare la quantità necessaria di sale per una omelette?

In effetti, un vecchio ricettario era aperto proprio alla pagina delle frittate e riportava tutta una serie di operazioni semplici, accendere il fuoco, regolare la fiamma, mettere il pentolino sul fornello, rompere il guscio dell’uovo e versare il contenuto nella padella, usare la forchetta per strapazzare il tutto, e concludeva con la frase: aggiungere sale quanto basta…

– … “Quanto basta” è un’espressione ambigua e non può essere scomposta in sotto-operazioni: è una istruzione non elementare alla quale dovrebbe essere associato un opportuno rimando a un'altra sezione del ricettario, che fornisca un sotto-algoritmo apposito!!! – concluse l’avatar rimettendosi poi a trafficare attorno al fuoco e disinteressandosi di Alice.

– Bene – pensò la bambina rimettendosi in cammino – allora anche io cercherò dividere la mia ricerca in passi più piccoli e più semplici: attraverserò la foresta esaminando le tracce e, se non troverò nulla, mi dirigerò verso una zona della foresta dove crescono piante differenti!

Certo, la penombra di quella foresta, i rami contorti, i rumori… insomma non era un reame molto rassicurante dove ritrovarsi: dopo un po’ Alice iniziò a provare una certa inquietudine; oltretutto l’aria era piena di pollini.

Con un potente starnuto, la sua allergia iniziò a farsi sentire: – Eeeetciuuu!

– Chi va là? – appena dietro un grosso tronco comparve un vecchietto con indosso un’armatura sbrindellata, seguito da un omino grassottello che agitava un retino per le farfalle.

– Buongiorno signor cavaliere… Eeeetciuuu! … Io sono Aliceeeetciù!

– Alicciù: che buffo nome per una sì gentile damigella… comunque sia, l’educazione anzitutto: mi presento, sono Al-Khwarizmi e questo è il mio fido scudiero.

– E cosa sta facendo? – Chiese Alice incuriosita dai gesti dell’omino.

– Oh, pofferbacco: cattura i denti di leone: l’ho addestrato a valutare la potenziale minaccia dei semi che portano allergia, quelli inoffensivi li esclude, quelli cattivi li identifica e li blocca… Sai, le istruzioni che ho impiantato nella sua testa dura devono avere caratteristiche ben precise – continuò imperterrito Al-Khwarizmi – per ottenere risposte corrette: una serie di operazioni realizzabili e un numero di passaggi limitato…

Alice lasciò il cavaliere che ancora continuava a parlare di bizzarri concetti come …algoritmi che si combinano tra di loro per trovare i giusti percorsi decisionali e far le predizioni più corrette, di algoritmi concorrenti, di compressione, di ricerca binaria, di moltiplicazione, di machine learning supervisionato, semi-supervisionato, non supervisionato e per rinforzo, di deep learning, di potenziamento del gradiente …

Ormai si era stancata di cercare il Pokemon bianco, perso chissà dove in quella foresta, e di tutti quei discorsi sui passi necessari per risolvere i problemi: voleva solo tornarsene a casa, quando, magicamente, apparve una freccia luminosa che riportava la scritta: “Quicksort”, uscita veloce, con tutta una serie di istruzioni per raggiungere la sequoia “pivot”; Alice allora comprese di essere finalmente sul sentiero giusto…

– … Come ti stavo dicendo, per poter funzionare, gli algoritmi che governano ormai tutto devono avere caratteristiche precise: informazioni definite per ottenere risposte corrette, una serie di operazioni realizzabili e un numero di passaggi limitato. Alice, mi stai ascoltando? – la voce di sua sorella la riscosse dal torpore – Hai sempre la testa nel mondo delle tue tecno-favole, come farai a cavartela nella vita reale!!!

Ma Alice in cuor suo sapeva che le tante cose straordinarie che erano successe nel Paese degli Algoritmi l’avrebbero aiutata a superare i problemi che fino a poco prima le erano sembrati impossibili da risolvere: anzi, cominciava sul serio a credere che per lei non ci fossero cose realmente impossibili…