È estate. Il primo Star Wars è uscito da poco. Al cinema è anche l'anno di Tony Manero e della sua Febbre del Sabato Sera. Nel frattempo, chiuso da qualche parte, Gene Roddenberry, creatore di Star Trek, ha di certo letto del lancio di due nuove sonde chiamate Voyager e probabilmente sta scrivendo il soggetto per il primo film di Star Trek che uscirà nel 1979... ma questa è un'altra storia!
Le due sonde Voyager furono realizzate dal Jet Propulsion Laboratory per sfruttare un particolare allineamento planetario che ricorre solo ogni 176 anni e che avrebbe consentito a un'unica missione di sorvolare in sequenza ben quattro pianeti esterni: Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Tuttavia, arrivare fino a Nettuno avrebbe necessitato un'affidabilità delle sonde di una dozzina di anni, cosa che ai progettisti parve irragionevole. Per questo venne deciso di stabilire una missione quinquennale che avrebbe portato le Voyager solo all'incontro con Giove e Saturno. Lanciate rispettivamente il 20/08/1977 la Voyager 2, e il 05/09/1977 la Voyager 1, che sfruttava una traiettoria più favorevole e che quindi sarebbe arrivata per prima all'appuntamento con Giove, le due sonde si misero in viaggio a una velocità media di circa 50.000 km/h e giunsero al loro primo incontro circa 18 mesi più tardi e 600 milioni di chilometri più lontano. Il 05/03/1979 la Voyager 1 fece il suo volo radente su Giove alla distanza di soli 206.700 km dal gigante gassoso, mentre il 09/07/1979 fu la volta della Voyager 2. Nel complesso, le due sonde inviarono oltre 33.000 immagini di Giove con una precisione, una risoluzione e una brillantezza incomparabili a quelle di nessun telescopio, senza contare le migliaia di misurazioni rilevate dai vari strumenti di bordo. Tra l'autunno 1980 e l'estate 1981 fu poi la volta di Saturno. Le due sonde fecero il cosiddetto flyby il 12/11/1980 (la Voyager 1 a un'altezza di 124.000 km) e il 25/08/1981 (la Voyager 2 a un'altezza di 100.800 km). Come nel caso di Giove, anche per Saturno le Voyager scattarono migliaia di fotografie e fecero l'analisi dell'atmosfera e del campo magnetico. La Voyager 1 scoprì anche tre nuovi satelliti (Atlas, Prometheus e Pandora), permise la rilevazione indiretta di altri tre e, giungendo a soli 6.490 km dalla superficie, svolse interessantissime osservazioni di Titano, unico corpo celeste del Sistema Solare oltre alla Terra a presentare un'atmosfera densa (1.6 bar), simile a quella che potrebbe avere avuto il nostro pianeta milioni di anni fa. Tuttavia, tutte le scoperte fatte dalle Voyager nel sistema di Saturno risultano ben poca cosa rispetto a quanto le due sonde riuscirono a fare riguardo agli anelli, le cui minuziose osservazioni ravvicinate contribuirono in maniera determinante a svelare l'affascinante e fino ad allora impensata complessità della struttura e della composizione del sistema degli anelli di Saturno. L'avventura delle due sonde tuttavia non finì qui come previsto. L'inaspettata funzionalità dei sistemi di bordo convinse gli scienziati a sfruttare ulteriormente l'allineamento planetario e a estendere la missione. Urano e Nettuno divennero i nuovi obiettivi della Voyager 2, mentre poiché la traiettoria della Voyager 1 non consentiva nessun altro incontro ravvicinato, fu lasciato che la sonda si dirigesse fuori del Sistema Solare continuando a fare osservazioni occasionali dell'ambiente interplanetario e delle stelle nel campo dell'ultravioletto. La Voyager 2 invece proseguì il suo viaggio, finché alle 9:59 del mattino del 24/01/1986 si trovò a tu per tu con Urano, a una distanza di soli 81.500 km dal pianeta. Mai nessuna sonda si era spinta così in là. Altre immagini uniche, altre analisi e altre scoperte anticiparono l'ultimo, sensazionale incontro della missione che, nel frattempo, da quinquennale era diventata ultradecennale. Il 25/08/1989 la Voyager 2 incontrò Nettuno e, al termine delle sue osservazioni, venne anch'essa diretta fuori del Sistema Solare. Alla fine degli anni '80, a tredici anni dal lancio, le due Voyager avevano così esaurito entrambe i compiti per i quali erano state costruite, ma mostravano ancora un'operatività sorprendente. Per questo la NASA decise di non abbandonarle al loro destino, ma di seguirle oltre i confini più remoti del Sistema Solare e, dal primo gennaio 1990, alle sonde Voyager fu assegnata una nuova missione, la Voyager Interstellar Mission. La VIM, che dura tuttora, si propone di analizzare i limiti dell'eliosfera, ovvero di quella zona sferica di spazio in cui l'influenza del Sole, in termini delle proprietà dinamiche trasportate dal vento solare (campo magnetico, particelle energetiche, plasma ecc.), cede ai rigori dello spazio interstellare. In pratica ormai da oltre dieci anni le Voyager stanno cercando di stabilire il confine della cosiddetta eliopausa e la speranza degli scienziati è che possano raggiungerla entro due o tre anni e, comunque, prima che le risorse energetiche si siano esaurite del tutto. Per questo tuttavia c'è ancora tempo. Sebbene le risorse energetiche delle due sonde stiano diminuendo, i tecnici prevedono che, con un opportuno razionamento nell'utilizzo degli strumenti e un progressivo abbandono di determinate funzioni, le Voyager potranno comunicare i loro dati alla Terra almeno fino al 2020. Intanto dopo che il 17 febbraio 1998 la Voyager 1 ha sorpassato la Pioneer 10 ed è ufficialmente divenuta l'oggetto più distante nel cosmo mai costruito dall'uomo, attualmente sta dirigendosi verso la costellazione dell'Ofiuco con un'inclinazione di circa 35° rispetto al piano dell'eclittica verso nord. Il 30 agosto scorso si trovava a poco meno di 13 miliardi di chilometri dalla Terra. La Voyager 2, invece, è a una distanza di poco più di 10 miliardi di chilometri su una rotta di circa 48° rispetto all'eclittica in direzione sud, verso le costellazioni del Sagittario e del Pavone. E ogni secondo che passa, quelle specie di 500 del cielo che continuano a funzionare a dispetto dell'età e dei chilometri, si allontanano da noi di 14 chilometri, spostando sempre più avanti il sottile confine tra il conosciuto e lo sconosciuto, spingendosi sempre di più "là, dove nessuno è mai giunto prima..."
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