Un chip nel cervello. È quello che promette Elon Musk e la società Neuralink, nata nel 2016 per che sviluppare interfacce neurali impiantabili. A sentire il patron di Tesla, l’azienda è pronta per innestare il primo impianto di elettrodi in un cervello umano e la documentazione sarebbe già stata inviata all’ente americano che si occupa di autorizzare questo genere di esperimenti.

La società, di cui Musk è uno dei fondatori, è pronta a creare un’interfaccia Cervello-computer (BCI) per aiutare pazienti, con seri problemi di comunicazione, ad esempio, a tradurre l’attività cerebrale in azioni, come la digitazione di parole su uno schermo.

A prima vista sembra fantascienza e a innescare una polemica su quest’annuncio è stato proprio uno scrittore di fantascienza: John Scalzi, il quale ha tuonato: “Allo stato delle cose un’avventura del genere è avventata”.

In un’intervista a Repubblica, l’autore di Morire per vivere (Old Man's War, 2005) ha precisato il suo pensiero, sostenendo: “Mettiamola così: in quanto tempo un cellulare diventa vetusto? Cinque, dieci anni, a dir tanto. La tecnologia si evolve ormai così rapidamente che quanto era moderno ieri, è antiquato oggi. Un chip cerebrale come quello ipotizzato da Neuralink di Elon Musk non solo implica un’operazione invasiva e il possibile rigetto del corpo. Ma deve pure scontrarsi con l’invecchiamento precoce di cui soffre la tecnologia”.

La giornalista di Repubblica fa notare a Scalzi che ad ispirare Musk in questo progetto è stato il "ciclo della Cultura" di Iain M. Banks. Ma Scalzi non si fa prendere di sorpresa e risponde: "Sì, c'è sempre stato uno scambio fra letteratura e scienza. Ma avere in qualche modo il dono di immaginare possibili idee di futuro – e ispirare studiosi che cercheranno di mettere in atto le tue intuizioni – non vuol dire sempre desiderare che quelle cose accadano davvero. Se la fantascienza ha un ruolo, quello è la capacità di parlare alla nostra coscienza. Immaginare le conseguenze delle nostre azioni senza doverne pagare le conseguenze. Offre all'umanità gli strumenti per meglio scegliere dove vuole andare. Personalmente, non voglio andare verso Neuralink".

Sul possibile futuro in questo campo, ancora lo scrittore americano precisa: "Sia chiaro: noi scrittori di fantascienza non siamo in grado di prevedere il futuro. Se lo fossimo, investiremmo nel mercato azionario invece di scrivere libri. Ma sono ottimista. Dopo averle tentate tutte, dopo aver cercato in tutti i modi di sottrarsi alle proprie responsabilità, gli esseri umani finiscono sempre per fare la cosa giusta. Nella scienza come nella politica. Purtroppo, non sempre contemporaneamente".

Da parte sua Neuralink e Musk spiegano che le interfacce neurali consentirebbero a persone paralizzate di usare un computer o un tablet per comunicare, ma prospettano anche il ripristino della vista per chi l’ha persa. Una tecnologia che potrebbe dare speranza a tante persone per poter avvicinarsi ad una vita quasi normale, nonostante le gravi patologie di cui soffrono.

Chi la spunterà? Noi ci limitiamo a una riflessione e ci facciamo aiutare da un altro scrittore: Michael Crichton. Forse qualcuno ricorda un suo vecchio romanzo dal titolo Il terminale uomo (The Terminal Man), pubblicato nel 1972. Ebbene, in quel caso il protagonista Harry Benson soffre di violente convulsioni che sfociano in atti violenti, lesivi per se stesso e per gli altri. Inoltre, dopo aver avuto le convulsioni e commesso una violenza, l’uomo dimentica tutto. Ecco perché diventa il candidato ideale di un esperimento che consiste nell'inserimento di un minicomputer, provvisto di elettrodi, nel cervello per controllare gli scatti di violenza attraverso delle scariche elettriche. L’uomo, però, fugge comincia a commettere dei crimini, comandato dal computer che ha nel cervello.

Ecco, la fantascienza non risponde su cosa sia meglio fare, se ha ragione Elon Musk o John Scalzi, ma ha offerto con ampio anticipo uno scenario su cui riflettere. La domanda a questo punto è: Musc e Scalzi hanno letto il romanzo di Crichton?