Se vediamo la copertina di un libro o il trailer di un film qual è quell’elemento che ci fa capire che stiamo parlando di fantascienza… “per arrivare là” dove l’immaginazione umana non è mai giunta prima? Le astronavi. Ecco il soggetto che più di tutti identifica e caratterizza una storia di fantascienza.
Michele Tetro e Roberto Azzara, per i tipi di Odoya (www.odoya.it), hanno scritto a due mani un bel volume che si intitola Astronavi Le storie dei vascelli spaziali nella narrativa e nel cinema di fantascienza (titolo con il font di Star Trek) e la copertina è dedicata all’Enterprise dell'omonima quinta serie televisiva di Star Trek.
Così, come una piccola enciclopedia, troviamo le astronavi più iconiche e celebri del cinema e della televisione: le Enterprise di Star Trek, il Tardis di Doctor Who, la Discovery di 2001: Odissea nello Spazio, il Millenium Falcon di Guerre Stellari, ma anche la Base Lunare Alpha di Spazio 1999, e altre ancora.
Per ognuna viene fatta un’attenta analisi (dalla storia creativa al loro contesto narrativo) e una “storia” ragionata come se fosse realmente esistita.
Oltre le astronavi
Michele Tetro racconta la storia del desiderio della razza umana, dagli antichi Egizi a Jules Verne, di levarsi in volo. E di come Verne influenzò – con le sue opere che trattavano per la prima volta la conquista della luna basandosi sulla scienza di quel periodo – non solo altri scrittori ma anche futuri scienziati e studiosi da Konstantin Ciolkovskij a Wernher von Braun.
Roberto Azzara estende il concetto di astronave (termine mutuato dall’inglese starship in luogo del più corretto spaceship) alla tuta spaziale (dall’anglofono space suit), elemento identificativo del volo spaziale a bordo di qualsiasi astronave, descrivendo la “scienza” dello studio dalle prime varianti di tute impiegate per voli ad altissima quota dai piloti di jet o di scafandri utilizzati da palombari e sommozzatori, alle prime tute americane e sovietiche – che dovevano proteggere l’astronauta in caso di danneggiamento della propria capsula – a quelle per l’EVA (Extra Vehicular Activity), e la “fantascienza” dalle prime divise in pelle del film danese Himmelskibet, passando da Uomini sulla Luna (uno dei primi film che affrontò il viaggio nello spazio in modo quasi realistico, con vent’anni di anticipo sul primo allunaggio umano), a Barbarella (più che altro famoso per lo spogliarello integrale a gravità zero), fino a quelle più attinenti alla realtà perché successive alle prime missioni spaziali come in 2001: Odissea nello Spazio, Doppia immagine nello spazio, Gravity, Interstellar.
Michele Tetro ricorda l’importanza dell’aspetto iconografico nella diffusione della fantascienza grazie alle realizzazioni degli illustratori italiani come Franco Storchi, Guido Zibordi, Michelagelo Miani, Giorgio Varisco, Tiziano Cremonini (copertinista di Delos e Delos Digital), e Franco Brambilla (principale copertinista di Urania nonché autore di Astronavi fantastiche… e dove trovarle).
In appendice al libro un’intervista al designer Roberto Baldassari, nome noto tra gli appassionati di fantascienza per la realizzazione dei blueprint (schemi tecnici) della Base Lunare Alpha che hanno ricevuto i complimenti e l’ammirazione di Brian Johnson (direttore degli effetti speciali di Spazio 1999 e creatore dell’”Aquila”).
2 commenti
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Le astronavi indubbiamente affascinano gli appassionati di fantascienza.
A volte però le copertine dei libri ne abusano.
Qualche anno fa Mondadori fece uscire ex novo alcuni grandi classici, correlati da relative nuove copertine.
Tutte molto belle e fascinose, fuor di dubbio. Ma vedere astronavi in primo piano anche ne "I reietti dell'altro pianeta" o "Le sabbie di Marte" mi parve un po' una forzatura.
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