Considerando l’espandersi dell’ondata woke e l’attenzione che i produttori di intrattenimento pongono sulle esatte percentuali di protagonisti di sesso maschile, femminile o fluido, classi di età, etnie e/o minoranze, verrebbe spontaneo pensare che She Hulk sia un personaggio figlio di questi tempi.
Niente di più sbagliato, la sua creazione risale al duo Stan Lee/John Buscema nel 1980 rendendola in tutto e per tutto uno dei personaggi creati nel corso dell’espansione degli anni ottanta targati Marvel/Jim Shooter, ovvero dell’ondata di fumetti volti ad accaparrare nuove fette di pubblico, proponendo supereroi diversi, non solo tormentati da superproblemi ma anche impegnati a sperimentare nuovi tipi di approcci narrativi. La prima versione del personaggio ebbe un mediocre successo, quindi la testata venne messa in ghiacciaia e tirata fuori alla fine nel 1989 per essere affidata a John Byrne.
Il fumettista inglese naturalizzato americano era alla ribalta già da diversi anni, e tornava in casa Marvel dopo essere stato con la Distinta Concorrenza dove aveva rilanciato Superman in una delle migliori gestioni del personaggio. La sua intenzione era di rendere She Hulk la Wonder Woman dell’universo di Stan Lee soprattutto considerando l’opportunità che presentava la sua duplice attività di avvocato e supereroe, peraltro vissute entrambi alla luce del sole e non separate come ad esempio avveniva per Daredevil.
La testata si intitolava The Sensational She Hulk e fu un grande successo. Byrne in stato di grazia scelse di rendere la potentissima verde cugina di Bruce Banner un personaggio sexy, spiritoso, problematico e, soprattutto, consapevole di essere la protagonista di un fumetto, permettendole di rompere la quarta parete dialogando (e litigando) con lo stesso Byrne e i lettori.
Come sempre, però, le novità devono pagare pegno prima di essere comprese per il valore che hanno, e successe anche in questo caso, portando all’allontanamento di Byrne per una gestione “più ortodossa” (e pallosa) del personaggio finché l’autore non fece ritorno nel numero 31 e ricominciò tutto come se non fosse mai andato via.
Per noi lettori dell’epoca si trattò di una vera boccata d’aria fresca. E definì di sicuro un nuovo modo di approcciarsi alla “classe di personaggio Hulk”.
L’idea di avere un Hulk intelligente, che se ne frega dell’identità segreta, che sfrutta il proprio metabolismo per permettersi anche qualche eccesso enogastronomico e gioca sulla propria esplosiva fisicità come potenziale attrattiva sono tutti semi che abbiamo visto crescere nella gestione dell’Hulk del MCU interpretato da Mark Ruffalo (per tacere di tutte le evoluzioni di Hulk nei comics). E quando la serie TV She-Hulk: Attorney at Law è comparsa nella lista (infinita) dei progetti Marvel/Disney+ la cosa ha creato qualche aspettativa.
Dopo la visione del primo episodio possiamo tranquillamente dire che il prodotto sembra azzeccato, ovviamente senza dimenticare che gli episodi di apertura delle serie MCU Disney+ sono sempre ben fatti e accattivanti, salvo poi (non sempre) impantanarsi nel corso della serie in sabbie mobili incomprensibili.
L’attrice protagonista Tatiana Maslany (che vi invito a vedere in Orphan Black se non l’avete mai fatto) è ottimamente in parte, e trova (almeno nel primo episodio) nell’Hulk di Mark Ruffalo un ottimo partner.
Qualche lieve dubbio viene dalla CGI della versione verde e gigante dell’attrice, che mi ha ricordato gli "Avatar blu" del film omonimo, con un retrogusto da pupazzone artificiale poco naturale anche nel confronto con il cugino, ma probabilmente è un problema solo del sottoscritto e sono abbastanza sicuro che migliorerà nel corso della serie.
Ovviamente per quanti hanno visto Deadpool il fatto che She Hulk si rivolga allo spettatore potrà sembrare uno scopiazzamento, ma va ricordato che il merito di aver usato per prima questo stratagemma metanarrativo è proprio della gigantessa di giada.
Come dicevamo, la sua vita corre sul doppio binario della professione legale e dell’attività di supereroe, e gli autori della serie non hanno fatto mistero di voler utilizzare un tono comedy/dramedy in merito alle storie. Non si può dire che non sia stuzzicante pensare a situazioni da legal drama come Suits o Boston Legal con una protagonista grande grossa, verde e arrabbiata.
Attenzione, però, perché già solo nel primo episodio ci sono semi per storie meno “urbane” e più “intergalattiche”. L’incidente che provoca il mescolamento del sangue di Hulk e della cugina che muterà proprio per questa ragione è provocato da una astronave proveniente dal pianeta Sakaar (come spiega Hulk nel corso dell’episodio) ovvero il pianeta governato dal Gran Maestro dove si trovavano a combattere Thor e Hulk in Thor: Ragnarok, situazione che fa risuonare nei cervelli di noi Marvel Zombie il titolo Planet Hulk, una famosa saga dei comics che magari potrebbe finalmente concedere al personaggio di Mark Ruffalo un film in solitaria (si, lo so, come se ce ne fossero pochi di film e serie Marvel già messe in produzione!)
Altro punto di forza è che She Hulk rappresenta un personaggio “della vecchia guardia”, abbastanza coevo di Iron Man, Capitan America,Thor e la prima generazione Avengers, e poi (nei comics) è sempre stata molto legata ai Fantastici Quattro e a svariate incarnazioni degli Avengers stessi.
Come dire, una buona promessa di poter seguire l’evoluzione di un personaggio un po’ più classicamente convincente rispetto alle nuove proposte fin qui messe in campo da Kevin Feige e soci.
Il piano pluriennale MCU è stato svelato, e sappiamo che andrà a parare nello scontro degli Avengers con Kang e a seguire le Guerre Segrete, ma il filo narrativo che (se ne avete voglia, beninteso) dovrebbe condurci fino al nuovo epico scontro per ora sembra ancora in lenta via di formazione, sicuramente composto da tanti piccoli fili variegati e multicolori con appena qualche parvenza di coesione.
Forse in qualche modo il MCU sta ricalcando la storia editoriale Marvel trovandosi nel momento delle sperimentazioni e delle valutazioni di nuove trame e personaggi.
Ricordiamo quindi che proprio dopo questo periodo, piano piano, le testate si sedimentarono in alcune grosse famiglie narrative: lo Spiderverso che per ora resta alla Sony, quella urbana di cui Daredevil è la punta di diamante, quella Cosmica con Avengers e Fantastici Quattro, quella Mutante (ancora ferma per motivi contrattuali legati agli attori che tra poco scadranno) e quella Horror di cui abbiamo avuto qualche assaggio con Moon Knight, Doctor Strange e la voce fuori campo di Blade nella scena post credit di Eternals.
C’è quasi da farsi venire un mal di testa titanico, ma ricordiamoci che tutto questo fa parte di una industria ma anche di qualcosa che noi seguiamo per rilassarci, e a quanto pare per qualche settimana potremo farlo seguendo una serie divertente come She Hulk Attorney At Law dove (dopo i titoli di coda del primo episodio) ci viene addirittura tolto il dubbio sulla verginità o meno di Steve Rogers, e cosa vogliamo di più?
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