I
Colonia Spaziale Mars One. Anno della Corporazione 2122
Le astronavi provenienti dai vari angoli delle colonie confederali riempirono i cieli rossastri della colonia su Marte (uno dei dodici insediamenti della Corporazione Coloniale costruiti in tutto il sistema solare al termine delle guerre bio-genetiche e nucleari del XXII secolo, a causa dello spopolamento del pianeta Terra dovuto alle radiazioni e alle epidemie, ma l’unico su un pianeta parzialmente terraformato) per l’annuale appuntamento con la cerimonia della consegna dei diplomi, occasione propizia per rivedere vecchi amici, fare nuove conoscenze e soprattutto per confrontarsi di persona sulle reali situazioni delle altre colonie durante il consueto briefing dei responsabili.
L’ammiraglio Curtright direttore pro-tempore dell’Accademia della Corporazione Coloniale stava ripassando ormai da quasi due ore il discorso finale per i cadetti, come se fosse il primo da quando era a capo dell’Accademia seppure fossero passati almeno due cicli confederali di tempo da allora.
“Carissimi cadetti,
dopo un percorso lungo 5 anni, contrassegnato da una selezione rigida e ricco di momenti di studio, fatica e sacrificio, siete giunti alla fine dell’addestramento dell’Accademia Confederale, nucleo fondamentale per la formazione degli ufficiali che presteranno il loro servizio a favore delle nostre colonie. Indossate sempre con orgoglio la vostra uniforme, rendete onore al vostro operato. Cadetti…A…TTENTI”
– Computer, interrompi la riproduzione – ordinò Odan.
Nei momenti difficili e in periodi di stress eccessivo il tenente coloniale Nexus Odan ascoltava continuamente il diario della colonia Marziana della Corporazione e le parole pronunciate dell’ammiraglio Curtright durante la cerimonia della consegna del suo diploma e il conferimento del grado di ufficiale. Erano passati già dieci anni da quel momento, che avrebbe dato inizio alla sua carriera di ufficiale medico, saltando da una nave all’altra, da un incarico all’altro, superando momenti difficili e godendo dei successi ottenuti, fino ad approdare alla Stazione Spaziale Lunaris, luogo dove la maggior parte dei medici e ricercatori venivano impiegati in mansioni di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie mediche per debellare le innumerevoli malattie e sindromi, per lo più genetiche, riscontrate da quanto avevano lasciato la Terra ed erano nate le colonie. Ma chissà perché eseguire quel rituale lo rilassava, che gli dava la spinta necessaria per andare avanti e lo motivava a capire perché era diventato un ufficiale della corporazione coloniale, per lo più un medico. “Alla scoperta di nuove forme di vita e civiltà fino ad arrivare lì dove nessun uomo e mai giunto prima”, recitava sempre da piccolo, quando guardando il cielo sognava lo spazio.
Fu proprio su Lunaris che tutto ebbe inizio, quando l’ufficiale medico capo della stazione lo chiamò nel suo ufficio.
– Comandante Milton a tenente Odan – esordì l’altoparlante della stazione. – Qui tenente Odan, dica pure Comandante.
– La aspetto nel mio ufficio tra 30 minuti.
– Ricevuto Signore, sarò da lei alle 20.00, Odan chiudo.
Odan finì di sistemarsi e con fare tranquillo uscì dall’alloggio in direzione della sezione medica, interrogandosi sulle possibili motivazioni di quell’insolita chiamata da parte dell’ufficiale medico capo.
Lunaris era una delle colonie più antiche costruite su una stazione spaziale orbitante attorno alla Luna che si occupava di ricerca medico/scientifica. Era stata costruita su 4 anelli e 3 livelli, in modo tale da osservare entrambi le facce lunari, unico modo che le garantiva la possibilità di prelevare le grandi quantità di particelle ionizzanti presenti nello spazio, utili alla ricerca in campo medico per la loro capacità di adattarsi in maniera multiforme alle molecole di ogni genere.
Odan era stato scelto tra molti candidati per la sua ottima preparazione in campo biogenetico e per la capacità di approccio alle situazioni difficili, nonché per gli ottimi risultati raggiunti nelle diverse missioni affidategli durante i suoi incarichi.
Odan arrivò davanti l’ufficio del Comandante e sistemandosi l’uniforme appoggiò il dito sul sensore. Le porte si aprirono davanti a lui, Odan le oltrepassò in direzione dell’ufficiale.
– Tenente Odan a rapporto, Signore – mettendosi sull’attenti.
– Comodo tenente, si accomodi – indicando con aria serena e informale la sedia di fronte a lui.
– Vedo che lei si trova a bordo della stazione già da qualche anno come ricercatore di livello 5, ottenendo peraltro ottimi risultati in campo bio-genetico – disse fissando lo schermo del terminale sulla sua scrivania dove era apparsa la scheda personale di Odan.
– Ho preferito continuare le analisi iniziate sulla colonia Uranix riguardo la sindrome post trapianto genetico, denominata sindrome di swift per via dello scienziato che l’ha scoperta, dovuta al rimescolamento del gene H5 in maniera non lineare che porta rapidamente il paziente al deterioramento cellulare e alla morte – rispose con fermezza.
– Questo tipo di gene muta velocemente, le sue cellule si riproducono come in una mitosi continua e si diffondono capillarmente nell’organismo. Non c’è modo al momento di capire quando avvenga l’inizio del processo, e quale sia l’elemento scatenante.
– L’ho convocata proprio per questo tenente, abbiamo osservato con interesse il suo preziosissimo e minuzioso lavoro di ricerca sin dall’inizio confidando che possa aiutarci in un caso che potrebbe… – fece una pausa per trovare le parole giuste da usare – … essere… atipico – concluse con un’espressione particolarmente dubbiosa.
– In che senso… atipico, signore? – replicò Odan.
– Guardi qui – ruotando il monitor del terminale e indicando l’immagine che aveva sostituito la scheda personale di Odan.
Era un’immagine ingrandita del gene H5 non lineare ma che non riportava nessun segno dei disturbi evidenziati dagli studi di Odan e soprattutto con una particolarità che saltò subito agli occhi del ricercatore: non era stato soggetto a nessun rimescolamento genetico.
– Sorprendente – commentò. – Non ho mai trovato nessun rapporto, nessuna analisi di questo genere, e soprattutto nessun soggetto che ne sia portatore – spalancando gli occhi.
– E non ne potrà mai trovarne Tenente, questo file è secretato a livello 10. Dai numerosi e capillari controlli effettuati e dalle informazioni ricevute dal comando. centrale della Confederazione abbiamo ragioni di credere che si possa trattare di un genoma alieno sconosciuto– la sua espressione assunse un’aria più consona al suo grado e la voce divenne aspra e dura.
– Alieno? – senti un groppo in gola scendere giù come un macigno. Avrebbe voluto continuare dicendo – come, quando, perché io – ma si controllò e, dopo aver respirato profondamente, guardò l’ufficiale e disse: – Se non ho capito male la soluzione per una patologia che affligge la nostra gente. ormai da secoli potrebbe essere all’interno del DNA di una razza aliena sconosciuta?
– Temo proprio di sì – annuì il comandante rimanendo serio e autoritario. – Lei è l’unico abbastanza preparato in materia, che è arrivato ad un punto cruciale della ricerca a cui possiamo affidare questa delicatissima missione, ovvero recuperare il genoma H5 –. Fece una pausa cambiando espressione per incoraggiarlo. – La Corporazione ha bisogno di lei, tenente.
– Lei insieme ad una equipe di scienziati ed una task force dei servizi segreti della Corporazione sarete trasferiti sulle colonie Stellaris Five dove è conservato il genoma per ottenere il maggior numero di informazioni in merito, riuscire ad individuare il soggetto che ne è portatore e coordinare una missione di recupero”, il tonò tornò formale.
– Con tutto il dovuto rispetto Signore, ma io non… – cercò di replicare.
– …Non ci sono ma Tenente – con tono imperativo. – È un ordine. Lei è un ufficiale della Corporazione Coloniale –. Si alzò dalla sedia e avvicinandosi a Odan appoggiò la mano sinistra sulla sua spalla.
– Torni al suo alloggio e si rilassi, più tardi troverà sul suo pad tutte le informazioni sulla missione, se le studi e si presenti domattina si presenti al molo di attracco 6. Può andare tenente – concluse il Comandante, congedando l’ufficiale.
Odan si alzò, salutò militarmente il suo superiore e si allontanò dall’ufficio.
I corridoi della stazione non gli parvero mai così lunghi come in quel momento, ad ogni singolo passo una miriade di pensieri affollarono la sua mente. Fu invaso da sentimenti di dubbio, angoscia, paura, accompagnati da un senso di impotenza nel non potersi rifiutare e dalla consapevolezza di un sicuro quanto inevitabile fallimento ed alle sue inesorabili conseguenze.
Arrivò nei pressi del suo alloggio come un robot, si fermò davanti alla porta e la fissò per qualche istante, aspettando che si aprisse. Stava dimenticando di appoggiare la mano sul sensore, un gesto quotidiano che l’ansia aveva sbiadito e che la rabbia per quell’improvviso ostacolo gli impediva di ricordare.
– Apriti fottuta porta – imprecò sbattendo entrambe le mani contro la porta chiusa.
– Identificazione richiesta – replicò il sistema di sicurezza.
– Dannata tecnologia – commentò, appoggiando il dito della mano destra sul sensore della porta.
L’alloggio, riservato al personale, era situato al secondo livello del primo anello della Stazione, proprio sopra il nucleo principale. Era composto da tre ambienti abbastanza grandi per le sue necessità, un piccolo salotto con una scrivania ed un terminale d’accesso, una stanza da letto e un bagno provvisto di doccia sonica e qualche suppellettile per l’igiene intima. L’oblò offriva la consueta visuale della Luna.
Si diresse al replicatore con aria sconsolata, aveva bisogno di bere qualcosa che lo facesse tranquillizzasse.
– Computer, the cal.. – si fermò con le mani appoggiate al replicatore. – Che diamine… ne ho bisogno – con voce aspra e dura disse: – Scotch, liscio.
Il replicatore in un attimo esegui la richiesta di Odan che, preso il bicchiere, lo bevve tutto in un fiato.
– Computer, un altro – sempre con tono secco e deciso.
Il replicatore esegui nuovamente quanto richiesto e un altro bicchiere dì Scotch si materializzò davanti a Odan. Prese il bicchiere e si recò alla scrivania dove c’era il terminale. Sarebbe stata una lunga notte quella davanti a sé.
Prese il pad e lo avvicinò al terminale in attesa che l’upgrade delle informazioni si trasferisse nello schermo davanti a lui. Poco dopo la stessa immagine che aveva visto nell’ufficio del comandante, arricchita da altre informazioni, apparve sul terminale. Odan incrociò quelle informazioni a con quelle in suo possesso, ottenute dalle ricerche effettuate fino a quel momento. Ebbe ben poco da evidenziare vista la natura Top Secret delle informazioni e non sapendo nulla su quella possibile razza aliena e il modo in cui agisse quel DNA. Il replicatore materializzò diversi bicchieri di Scotch quella notte, come se l’alcool fosse il carburante necessario alla ricerca o forse perché voleva stordirsi a tal punto da dimenticare tutto ciò che stava per succedere.
II
Erano circa le 6.30 quando si svegliò di soprassalto, accorgendosi di trovarsi su una scrivania con la testa china sul terminale con cui aveva cercato di lavorare cercando quante più informazioni possibili sui una razza aliena di cui, fino al giorno prima, non sapeva nemmeno dell’esistenza.
Aveva un’emicrania feroce, forse a causa della stanchezza, delle preoccupazioni per la missione e sicuramente era la ragione più plausibile, per la quantità smisurata di alcol che aveva in corpo.
Cercò di alzarsi ma senza risultato, la testa gli girava così forte che a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti. Ci provò ancora qualche minuto dopo, imponendosi di doverlo necessariamente fare con risultati mediocri ma sufficienti a farlo arrivare al replicatore.
– Com… pu… ter… caffè… terrestre… doppio… nero… bollente… e soprattutto… amaro – chiese al replicatore con una voce dell’oltre tomba.
Il computer replicò una miscela giamaicana collinare, una vera bomba di caffeina. Odan prese il bicchiere con entrambi le mani e se lo portò alla bocca sorseggiandolo.
– Ubriacarsi prima di una missione Top Secret, bel esempio di integrità morale – disse tra sé , prima di essere assalito dalla terribile sensazione di aver dimenticato qualcosa.
– Capo di I Classe Tacker a Tenente Odan – esordì il comunicatore della stazione.
“Dannazione”. La sensazione si tramutò in certezza quando riconobbe la voce del sottufficiale della sezione attracchi, che sembrava provenire dall’oltretomba, e si ricordò dell’appuntamento.
– Qui Odan, arrivo subito capo –. Mandò giù quanto più caffè possibile e si diresse verso la doccia sonica per dare una parvenza di normalità al suo aspetto e indossare l’uniforme. Uscì di corsa dall’alloggio in direzione della sezione attracchi.
Il molo di attracco 6 era un livello e due anelli sotto l’alloggio di Odan ragion per cui camminò con passo veloce per evitare di perdere ancor più tempo di quanto non ne avesse già perso rispetto all’orario concordato per l’appuntamento. Arrivato nei pressi della sezione attracchi, rallentò e riprese fiato per evitare di ansimare all’arrivo al molo di attracco e cercare di mantenere un po’ di decoro. Svoltò l’ultimo angolo di cor ridoio e si ritrovò al molo d’attracco 6. Sistemò l’uniforme e respirando profondamente attraversò le porte che si aprirono automaticamente davanti a lui.
– Tenente Odan a rapporto come previsto – disse, salutando in modo formale e con una voce apparentemente profonda e seria per cercare di camuffare il fiato corto.
– Buongiorno Tenente, abbiamo dovuto accelerare i tempi, il comandante si è raccomandato di arrivare il prima possibile su Stellaris Five, ma come vede – indicando la sala – purtroppo lei non è il solo ad essere in ritardo – concluse con aria affranta il sottufficiale.
– Ne approfitto per aggiornare i report della stazione. Allora, vediamo un po’… – esordi il sottufficiale.
– Nexus Odan, maschio, anni 40, altezza 1,75 cm, peso 80 kg, valori ematici nella norma, sistema endocrino funzionante, nessuna malattia pregressa, grado tenente, ricercatore livello 5, autorizzazioni confermate. Tutto ok tenente, ma… – lo guardò un attimo con aria interrogativa e dubbiosa. – Può togliermi una curiosità?
– Prego, dica pure – disse Odan con aria perplessa e dubbiosa per l’insolita domanda.
– Come mai avete scelto le colonie Stellaris Five, che si trovano decisamente lontano, per organizzare una vacanza delle alte sfere? – replicò il guardiamarina abbozzando un sorriso mentre scorreva al terminale la richiesta arrivata dall’ufficiale medico capo.
Avrebbe voluto dire al sottufficiale che stava sbagliando persona, che da tempo ormai aveva dimenticato il significato della parola vacanza, ma un lampo improvviso gli richiamò alla memoria riguardo il livello di segretezza della missione e del perché nessuno sarebbe stato informato di quanto stava per accadere.
– Semplice guardiamarina – disse con fare tranquillo e discorsivo. – Perché se succedesse qualcosa di poco consono ai nostri gradi nessuno se ne accorgerebbe – fece l’occhiolino all’ufficiale, abbozzando un sorriso.
– Probabilmente – replicò il sottufficiale, ridendo di gusto.
– Devo solo informarla che, per opportune ragioni di sicurezza, che lei capirà certamente e per evitare possibili contagi alle colonie, adesso le somministrerò un vaccino antivirale – puntualizzò il sottufficiale con un’espressione seria.
Odan annuì e si avvicinò. Il sottufficiale prese una siringa e iniettò un composto nelle vene di Odan. – – Buon viaggio tenente – disse sorridendo e strizzando l’occhio mentre il corpo del tenente Odan dopo un breve momento di perdita d’equilibrio stramazzo atterra privo di sensi.
III
Quando Odan si svegliò il cuore gli batteva così forte poteva sentirlo anche qualcuno che si fosse trovato ad un chilometro di distanza da lui, si toccò in tutto il corpo per sincerarsi che tutto fosse apposto e soprattutto fosse al proprio posto ma si accorse che era al buio e non poteva muoversi.
– Computer luci – esclamò ma senza risposta.
Si guardò in giro per cercare un punto di riferimento ma non vide nulla. – Ma che diavolo – ’imprecò Odan con nervosismo, cercando di liberarsi. – Computer, identifica struttura– comandò con fermezza.
Non ebbe risposta.
– Computer, analizza le forme di vita nella struttura – il tono si fece più aspro. Ancora nessuna risposta.
– Computer… – un sibilo familiare simile a quello dell’apertura di una porta interruppe la nuova richiesta di Odan che si voltò per capire da dove provenisse.
Sentì un rumore di passi avvicinarsi. Fu incapace di capire chi o cosa fosse.
– Computer, luci – una frase, pronunciata in un idioma che Odan non riconobbe, echeggiò nell’ambiente. Si accesero le luci e il suo cuore perse un battito. A pochi metri da lui, lo stava fissando un essere umanoide… ma i suoi tratti ricordavano la fisionomia di un rettile.
Accese un dispositivo, lo avvicinò all’orecchio di Odan e disse. – Salve Tarek, ben tornato a
casa.
Questa volta Odan riuscì a capire, quasi certamente grazie al dispositivo dell’essere davanti a lui, cercò di inquadrare la persona che aveva davanti ed il perché lo avesse chiamato con quel nome. Sembrava un militare con i gradi equivalenti a quelli di un comandante, ma con una strana uniforme.
– Casa? Se fossi a casa non mi troverei legato al buio… comandante… – sperando di non aver sbagliato il grado del militare.
– Toshir – fini la frase iniziata da Odan. – Non si agiti è per il suo bene.
– Non mi chiamo Tarek, il mio nome è Odan, Nexus Odan, e sono un ufficiale medico della Corporazione Coloniale Terrestre, matricola 423179_YORK_TETA – replicò a quell’essere con tono deciso.
– Il suo nome è Tarek è fa parte della milizia Kentoniana, proviene dal pianeta Kentos primo al di là della cintura di asteroidi Pragas nella costellazione di Andromeda, tutto quello che crede di essere è frutto del nostro condizionamento mentale necessario per portare a termine la missione”
– Non è possibile – replicò Odan alzando la voce.
– La mia vita, la mia famiglia, i miei studi, il mio lavoro, i miei amici, ricordo tutto perfettamente – disse con voce tremante.
– Quello che lei ricorda lo abbiamo impiantato noi nella sua memoria, insieme a tutte le informazioni sulla missione. Ma qualcosa è andato storto, abbiamo dovuto richiamarla prima del previsto.
– Missione? Quale missione? Sono un semplice ricercatore biogenetico – commentò Odan.
– Da molto tempo il nostro popolo sta osservando i terrestri, la loro cultura, le loro abitudini, la loro attitudine alla guerra, ma anche la loro ottima competenza in campo medico scientifico. Ritenendo utili le possibili scoperte umane in questo settore abbiamo deciso di infiltrarla all’interno della Corporazione Coloniale con l’incarico di monitorare gli sviluppi in campo medico particolarmente quelli riguardanti il campo biogenetico e riportare tutti i risultati al comando centrale dopo 10 anni terrestri. Ma un imprevisto ci ha costretti a sospendere ora la missione dopo solamente 5 anni.
– Ma io … – balbettò cercando le parole giuste –… cosa….
– Cosa sa del progetto H5? – commentò l’alieno.
– Nulla di più di quanto non ci sia scritto negli archivi medici. È lo studio di un gene che viene alterato dal rimescolamento genetico successivamente all’effettuazione di un trapianto, deteriorando le cellule presenti e procurando conseguenze mortali al soggetto. Abbiamo cercato in tutti i modi di capire da dove provenisse l’elemento scatenante ma senza risultato, il gene muta troppo rapidamente per poterlo analizzare nella sua forma originale, basterebbe… – si interruppe fissando il romulano davanti a sé.
– Avere il tassello mancante di questo puzzle, quello più importante – riprese a dire il kentoniano.
– Il gene X … o il paziente zero – disse Odan (o forse adesso sarebbe meglio dire Tarek) sgranando gli occhi e inarcando le sopracciglia.
Il kentoniano annui con aria soddisfatta: – Lei.
– Un nostro contatto sulla stazione Lunaris ci ha informato che, la Corporazione Coloniale Terrestre aveva individuato il genoma in lei ed elaborato un piano per usarlo a scopi bellici e di difesa , piuttosto che medici, inviandola come agente patogeno all’interno della popolazione kentoniana. Questa situazione ci ha costretti a prendere le opportune misure di sicurezza per evitare possibili conseguenze. Abbiamo dovuto mappare i suoi percorsi neurali, riattivare il chip di tracciamento per localizzarla e riportala indietro. Lei è un soggetto Top Secret non possiamo permetterci che cada in mani estranee, con il suo dna possiamo concludere la ricerca della cura per il deterioramento cellulare.”
– Il Capo di I° Classe Tacker – pensò tra sé, – ecco spiegato il perché di tante domande sulla vacanza e il motivo del vaccino.
– Domani sarà sottoposto al ripristino delle sue mappe neurali originarie e tutto sarà finito, tornerà ad essere un vero kentoniano – il kentoniano girò le spalle a quello che ancora per qualche ora sarebbe stato il tenente Odan e si allontanò.
Il silenzio tornò assordante in quella stanza mentre quello che rimaneva di un ufficiale della Corporazione Coloniale Terrestre fissava pensieroso un punto imprecisato alla ricerca di qualcosa o qualcuno che ormai era perso per sempre o forse non c’era mai stato.
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