“I due grandi problemi dell’adolescenza – ha scritto il grande psicanalista Bruno Bettelheim – sono: trovarsi un posto nella società e, allo stesso tempo, trovare sé stessi”. E, aggiungiamo noi, è quella tappa della vita in cui si abbandonano, almeno in parte, i sogni di bambino e si affrontano le sfide della vita, quelle di un giovane che sta per diventare adulto. Ne sa qualcosa Giorgio Brisante, il quattordicenne protagonista dell’ultimo romanzo di Enzo Verrengia dal titolo La spirale dell’estate, pubblicato da Sabir Editore (p. 340, 16 €).
Il titolo del romanzo è già un programma d’intenti. In matematica, la spirale è una curva che si avvolge attorno a un determinato punto centrale o asse, avvicinandosi o allontanandosi progressivamente. Nella storia di Verrengia è Giorgio il centro di una vera e propria spirale di eventi che lo vedranno quasi sempre attore principale. Eventi, in alcuni casi, anche crudi che, tuttavia, serviranno al protagonista per trovare una nuova dimensione di sé stesso, più matura certamente, ma anche completamente diversa da quella che lui immaginava.
Il romanzo si apre con un ampio primo capitolo ambientato verso la fine della Seconda Guerra Mondiale. In un appartamento di Milano s’incrociano tre personaggi: Bruno Lonieri, agente dell’OVRA, la polizia politica fascista, Ebury Neymour Glayson, dell’intelligence inglese, e la marchesa Von Kroler. Qui accade qualcosa che è il prologo alla storia vera e propria, che inizia oltre vent’anni dopo, a Samonia, anonimo e immaginario paesino del Sud Italia, nel 1967. Facciamo la conoscenza con Giorgio Brisante, che sta vivendo un’estate che solo apparentemente è simile alle altre che ha già vissuto nella sua breve vita. Oltre al primo amore, idealizzato nella sua coetanea Claudia, il ragazzo si ritroverà a salvare la vita ad un suo amico e questo evento sarà la miccia di una serie di avvenimenti che lo porteranno a Londra, apparentemente per una gita-premio proprio per aver salvato il suo amico, ma in realtà per svolgere una vera e propria missione segreta per conto del suo prozio, Bruno Lonieri, fratello minore del nonno materno, ma che per lui è sempre stato semplicemente zio Bruno. Suo zio, con la complicità anche del padre del ragazzo, affiderà a Giorgio una missione degna del miglior agente segreto: portare dei documenti a Londra, appartenute a un giornalista, Siro Tonaghi, fuggito in svizzera durante la guerra. Lo accompagneranno, senza conoscere la vera natura del viaggio, due suoi cugini: Marianna e Lorenzo.
Verrengia ci offre un romanzo di formazione pop: il protagonista è un giovane del Sud Italia degli anni Sessanta, idealmente figlio di qui padri e quei nonni che hanno lasciato tutto per trasferirsi al Nord con la simbolica, ma allo stesso tempo concreta, valigia di cartone, per cercare lavoro e una vita migliore. Ma è anche la metafora dell’Italia degli anni Sessanta, di quei ragazzi che, nati poco rima o durante la Seconda Guerra Mondiale, hanno dovuto ricostruire il Paese. Quei baby boomers, come sono stati chiamati, che appartengono alla generazione che è stata la più segnata del 900, che da un lato cercava una propria identità e un posto nell’Italia della metà degli anni Sessanta e dall’altro guardava ad altre nazioni per trovare punti di riferimento culturali e sociali.
Proprio come farà Giorgio, quando lascerà il suo natio paesino per immergersi nei suoni e nei colori di una metropoli come Londra, in cui incontrerà il suo scrittore di spy-story preferito, Ebury Glayson, ma anche agenti doppiogiochisti, sicari del KGB e vivrà altre avventure nella città dei Beatles e dei Rolling Stones, della stilista Mary Quant, inventrice della minigonna, dello scrittore Ian Fleming e del suo James Bond. Alla fine c’è un finale che ha anche un risvolto fantascientifico, ma lasciamo al lettore la sorpresa.
Verrengia confeziona un thriller ricco di colpi scena, senza dimenticare una scrittura sofisticata, ma che allo stesso tempo rende il romanzo altamente leggibile e godibile.
L’autore, del resto, è passato per tutte le forme della scrittura: dai testi teatrali e cabarettisti alle sceneggiature per gli albi a fumetti di Martin Mystère, da un’intensa attività giornalistica e, ovviamente, una ricca Ha pubblicato i racconti comici de La notte degli stramurti viventi, editi in digitale dalla Delos Digital, per la quale ha firmato anche Lo scritto di sangue (2018) e la
trilogia Morte a Venezia (2019), Il mondo finisce a Berlino (2020) e Finale di caccia (2021), nell’ambito del progetto narrativo Spy Game, ideato da Stefano Di Marino. Con lo pseudonimo di Kevin Hochs ha firmato per la collana “Segretissimo” della Mondadori i romanzi di spionaggio Sandblast (2008), Sturmvogel (2011), Targeting (2014) e Watchdog (2015). Ha rivisitato Stevenson, con il romanzo L’eredità di Hyde (Piemme, 2013).
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