L’esordio nel romanzo di fantascienza arriva nel 1987, con il numero 175 della mitica collana Cosmo Argento dell’Editrice Nord, guidata da Gianfranco Viviani. Il titolo è Oberon, l’avamposto fra i ghiacci (ripubblicato da Delos Digital in formato elettronico nel 2018), una classica avventura spaziale ambientata nel nostro sistema solare. Stiamo parlando di Paolo Aresi, scrittore e giornalista (lavora a L’Eco di Bergamo, la sua città, dove è nato nel 1958) e autore di una decina di romanzi, la maggior parte dei quali di science fiction. Del 1995 è Toshi si sveglia nel cuore della notte, un romanzo realistico, dai toni noir. Nel 1998, sempre nella collana Cosmo Argento appare Nella sfida, romanzo che narra del tentativo dell’uomo di conquistare Marte (anche questo ripubblicato da Delos Digital con il titolo Noctis Labyrinthus. Il giorno della sfida). Con Oltre il pianeta del vento, lo scrittore bergamasco vince il Premio Urania nel 2004 e sempre nella collana mondadoriana pubblica nel 2011 il romanzo Korolev. Con Ho pedalato fino alle stelle (Mursia, 2008, due edizioni) torna al romanzo realistico, con un’opera di sentimenti e passione per la bicicletta. Nel 2010 per l’editore Mursia nella collana di letteratura ha pubblicato il romanzo post-apocalittico L’amore al tempo dei treni perduti.
Nel 2019 la Delos Digital ripubblica Korolev con il titolo Il caso Korolev, a cui seguono Korolev: la luce di Eris e La stella rossa di Korolev, quest’ultimo appena pubblicato sia in cartaceo sia in digitale, con degli esclusivi disegni e la copertina di Franco Brambilla. Protagonista della trilogia è Sergej Pavlovich Korolev, il padre dell’astronautica sovietica, che Aresi, nel primo romanzo, spedisce su Marte, dove viene ritrovato un secolo dopo da astronauti americani. Da qui parte l’epopea spaziale immaginata da Aresi, al quale abbiamo posto alcune domande su questa sua ultima fatica letteraria…
Partiamo dall’inizio: Il caso Korolev, è stato pubblicato nella sua prima edizione su Urania nel 2011, in occasione dell’anniversario del primo volo nello spazio, quello del sovietico Jurj Gagarin. Come è nata l’idea di quel romanzo e ci racconti anche le circostanze che lo portarono ad essere pubblicato nella collana mondadoriana?
Il romanzo è nato da un’idea che ha generato un racconto pubblicato da Urania intorno al 2009, dove immaginavo gli ultimi dieci secondi della vita di Korolev a bordo della navicella Sojuz che sta per essere lanciato in orbita segretamente, quasi nessuno sa che lui è a bordo e che non è all’obitorio dell’ospedale di Mosca; in quei dieci secondi, Korolev rivede dieci momenti decisivi della sua vita e poi scatta il lancio. Al lettore viene detto che Korolev è in punto di morte e che ha chiesto ai suoi pochi amicissimi del suo staff di farlo morire nello spazio, il suo sogno. Il razzo parte, il racconto finisce, il lettore immagine la morte gloriosa e segreta del Progettista Capo. Ma poi ho pensato e se, per un improbabilissimo caso, non morisse nello spazio e si inserisse in una traiettoria orbitale marziana? E se addirittura riuscisse a piovere su Marte e a non morire? Da lì ho costruito la storia del primo romanzo, il Caso Korolev, che è abbinata a un racconto “Traiettoria orbitale marziana”, sempre pubblicato da Urania, mi sembra nel 2013. Giuseppe Lippi fu entusiasta prima dell’idea e poi del romanzo che pubblicò senza nemmeno una seconda stesura. Giuseppe disse che il finale era aperto e che si poteva pensare a una continuazione, che io scrissi ed è “Korolev, la luce di Eris”. Lui purtroppo se ne è andato, troppo presto, e Korolev è andato a Delos Digital che ha sposato l’idea della trilogia.
Il protagonista della trilogia di romanzi è Sergej Pavlovich Korolev, il padre dell’astronautica sovietica, colui che è dietro i successi del programma spaziale sovietico fin dal 1957 con la messa in orbita del satellite Sputnik. Vuoi spiegarci chi era e perché lo hai scelto come “eroe” dei romanzi?
Sergej Pavlovich Korolev era un grande uomo, un grande ingegnere sognatore che sacrificò la sua vita nel nome della ricerca. La sua esistenza è essa stessa un romanzo. Quando scoprii la sua storia, mi venne voglia di raccontarla. Le sue vicende familiari, il suo essere orfano (in realtà un finto orfano: la madre gli disse che il padre era morto, in realtà non era vero), il suo internamento nel terribile gulag di Kolyma in Siberia… Il matrimonio con una donna di origine italiana, poi la separazione…
Il lettore, leggendo i tuoi romanzi, inevitabilmente conoscerà un Korolev inedito, privato, visto che del Capo progettista in realtà per molti decenni non si sapeva nulla, considerata la segretezza con cui veniva portato avanti il programma spaziale sovietico. La sua stessa vita è stata un romanzo: era di origini umili, i genitori si sono separati quando era bambino, è stato in prigione per sei anni. Che idea ti sei fatto sul personaggio storico e su quali fonti ti sei basato per renderlo il protagonista dei tre romanzi?
Molte notizie le ho trovato in Internet, poi ho fatto delle chiacchierate con Valentina Tereshkova e con la figlia di Valentina, Alena. Il nipote Andrej, Korolev era suo nonno, nell’intervista di qualche giorno fa, circa due ore di conversazione, ha confermato tutto quello che sapevo. Sergej era un grande uomo, e come ogni uomo con i suoi difetti. Fra parentesi: aveva un debole piuttosto spiccato per le donne. Non era di origini umili: sua madre era un’insegnante, suo padre un ingegnere. Anche il padre “adottivo” era un bravissimo ingegnere elettrico (e ottima persona).
Nel primo romanzo, Korolev, possiamo dirlo senza spoilerare, sopravvive e viene ritrovato su Marte da una missione NasaEsa, l’ente spaziale che ha preso il posto nel futuro di quello americano ed europeo. Ci racconti un po’ come hai immaginato il contesto politico e “spaziale” nel futuro dell’umanità?
Ho immaginato che si ripetessero nei prossimi decenni le logiche dei blocchi e purtroppo mi pare di avere ragione. Da una parte ancora il mondo occidentale, dall’altra Russia e Cina. Vorrei essermi sbagliato, vorrei che il mondo collaborasse tutto quanto. Ma vedo che stiamo andando ancora in questa direzione, anche gli ultimi accordi per lo spazio sembrano confermarlo. Nel mio romanzo “Noctis Labyrinthus” immaginavo che avremmo raggiunto Marte grazie all’iniziativa di un imprenditore, un privato. Nella serie di Korolev ho pensato a iniziative governative. Mi sa che c’avevo azzeccato di più con il Noctis.
Nell’ultimo romanzo, La stella rossa di Korolev, tu racconti di un incontro tra il Capo progettista, quando è solo un ragazzino, e Konstantin Ciolkovskij, il pioniere degli studi sull’astronautica e autore di una famosa equazione per la propulsione dei razzi. A me risulta che Korolev è venuto a conoscenza dell’equazione di Ciolkovskij in età adulta e che non lo conoscesse prima. Sono informato male? O l’incontro è una tua invenzione letteraria? In ogni caso, è a mio avviso uno dei momenti più belli di tutto il romanzo.
È una mia invenzione letteraria, mi piaceva troppo che questi due grandi si incontrassero, uno anziano e l’altro ragazzino, un passaggio del testimone. Non ho notizia di un incontro nella realtà, ma so che Korolev conobbe il lavoro di Tsiolkovski quando era studente a Mosca.
I romanzi, nel loro complesso, sono anche un’epopea spazio-temporale, che va dal 2084, l’anno in cui è ambientato Il caso Korolev, al passato degli inizi dell’esplorazione spaziale e si lancia letteralmente nel futuro e verso altre stelle. Non diciamo oltre, ma tu pensi che ci siano altre civiltà, esseri intelligenti, in altre galassie più o meno vicine a noi? Al di là della legnosa questione “ufo”…
D’istinto ti risponderei di sì, però bisogna ragionarci bene. La vita è apparsa sulla Terra in condizioni che oggi considereremmo proibitive, circa 200 milioni di anni dopo il raffreddamento della crosta terrestre, più o meno quattro miliardi di anni fa. Ma la vita intelligente ha cominciato a evolversi con le diverse specie umane forse circa sei milioni di anni fa, ovvero per passare dal batterio all’intelligenza ci sono voluti quattro miliardi di anni di evoluzione! E ci è andata bene che le condizioni sono rimaste stabili come stella, come atmosfera, come disastri cosmici che non si sono rivelati irreparabili, come follie umane che non ci hanno portato all’autodistruzione…. quindi mi viene da dire che l’intelligenza debba essere un fatto rarissimo nell’universo. Qualcosa di rarissimo e preziosissimo, da proteggere. Forse il paradosso di Fermi, “Ma dove sono tutti quanti?” ha un preciso significato.
Tutta la trilogia di Korolev può essere letta, tra le tante letture che si possono fare, anche come un inno all’esplorazione spaziale, all’affascinante tema del posto dell’umanità nell’infinito universo. Visto che tu sei uno scrittore di fantascienza, ma anche un esperto di astronautica, ci vuoi raccontare l’attuale fase dell’espansione umana al di là della Terra e cosa ci attende nel prossimo e lontano futuro?
Dopo il botto iniziale, la conquista della Luna, abbiamo avuto cinquant’anni di sviluppo “tranquillo”, culminato con la costruzione della Iss, stazione spaziale internazionale. Ci siamo abituati ad avere una casa fuori dall’atmosfera, stabilmente occupata da astronauti. Nel contempo abbiamo mandato in giro sonde un po’ ovunque nel Sistema Solare, da Mercurio a Plutone, siamo atterrati sulle comete e sugli asteroidi. Oggi disponiamo di un’enormità di conoscenze che mezzo secolo fa non possedevamo. Io credo che i prossimi passi saranno principalmente tre: la realizzazione di una stazione spaziale intorno alla Luna e sulla Luna con occupazione stabile del polo sud del satellite; il primo viaggio verso Marte con equipaggio umano e, infine, il lancio della prima sonda verso Proxima Centauri, una piccola sonda che potrebbe viaggiare grazie alla vela sospinta da raggi laser e dalla luce del sole, che la farà accelerare costantemente forse fino al venti per cento della velocità della luce. Il viaggio di andata occuperebbe una ventina di anni, invierebbe sulla Terra informazioni che arriverebbero dopo circa quattro anni (la distanza di Proxima in anni luce). Infine, credo che allestiremo una base umana anche su Marte e cominceremo a verificare la possibilità di sfruttare i minerali degli asteroidi. I tempi: la Luna nel 2025 con il Gateway, stazione orbitale lunare. Marte nel 2028 come primo viaggio, stazione stabile sulla Luna 2030. Viaggio a Proxima Centauri… chissà, magari già verso il 2035.
La domanda che spesso molti si fanno, soprattutto quelli che non conoscono in dettaglio gli obiettivi e le conseguenze anche per l’uomo comune dell’esplorazione spaziale è: perché dobbiamo andare nello spazio e raggiungere nuovamente la Luna o addirittura andare su Marte?
Perché siamo uomini, semplicemente. Perché siamo sempre andati oltre, perché è nel nostro Dna. Perché non vogliamo morire, perché l’intelligenza è troppo preziosa per rischiarla tutta su un unico pianeta che, alla fine, è una fragile culla. Dobbiamo andare oltre per non morire, è una questione evolutiva, ineludibile. L’evoluzione ci spinge oltre, è un fatto direi persino… darwiniano.
Mi interessa la tua opinione su Elon Musk, il multimilionario che ha con la sua azienda SpaceX riportato gli americani in orbita, con un razzo vettore e una navicella americana. È recente la notizia che la Nasa ha scelto la SpaceX per riportare l’America anche sulla Luna. Chi è veramente, secondo te, Musk? Un sincero amante dell’esplorazione spaziale e, per questo anche un po’ sanamente folle? Oppure un imprenditore che sta facendo solo business con l’esplorazione spaziale?
Ho una grandissima stima di Elon Musk, che secondo me è un grande e sincero appassionato della ricerca astronautica. Musk è – a mio avviso – l’erede di Tsiolkovski, Korolev, Von Braun… Oltretutto è un accanito lettore di fantascienza; a Los Angeles ha dedicato le sale ai protagonisti dell’epopea spaziale. L’ho visto commuoversi e piangere in un’intervista quando gli facevano presente che Neil Armstrong e Eugene Cernan erano stati contrari all’iniziativa privata nel settore spaziale. Perché lui è un uomo vero, un uomo di sentimenti e passioni, come tutti i grandi. No, non è uno che cerca il business. Tutto quello che guadagna lo butta dentro a Space X e un po’ anche a Tesla, per sé non tiene quasi nulla. Questo lo so da chi lavora a SpaceX e lo conosce bene.
Per i romanzi si sono fatti spesso i nomi di Arthur C. Clarke, Stanislav Lem, Robert H. Heinlein e altri grandi scrittori della space opera come riferimenti per la tua narrativa. Mi interessa che tu vada a fondo della questione, raccontandoci cosa ti piace della space opera e della fantascienza hard legata all’esplorazione spaziale e anche se ci sono altri autori e romanzi che sono stati una fonte d’ispirazione in qualche modo…
Clarke e Lem sono miei riferimenti precisi, io aggiungo Clifford Simak che è stato sempre una mia stella polare a causa del suo umanesimo e pure Bradbury, per la stessa ragione, sebbene il mio stile non sia certo all’altezza della poesia bradburyana.
Nei romanzi di Korolev i personaggi hanno i nomi di astronauti e cosmonauti, di ingegneri aerospaziali, di scrittori di fantascienza (c’è perfino un omaggio alla fantascienza italiana con nomi quali Falessi e Curtoni). Come mai questa scelta?
I nomi dei grandi della fantascienza e dell’epopea astronautica li ho scelti come omaggio a quelle persone e a tutto un movimento di idee e sentimenti, che porta l’uomo verso il futuro, il migliore possibile, additando il meraviglioso e al contempo raccontando i pericoli che si parano davanti a noi. In questo senso cito il cyberpunk che ha avuto un ruolo fondamentale nel mettere in guardia con drammaticità sui rischi della nuova era digitale con realtà virtuale e via dicendo. La fantascienza è necessaria in questa fase dello sviluppo umano. Necessaria. “Umanizza” in anticipo attraverso letteratura, cinema, serie tv, anche giochi, quello che può accadere (non che “deve” accadere) negli anni a venire seguendo una certa linea di sviluppo.
La domanda finale di quest’intervista non può che essere la seguente: Korolev si ferma con l’ultimo romanzo, La stella rossa di Korolev, o sarà protagonista di altre storie?
Con il terzo romanzo ho risposto a tutte le questioni che avevo aperto, tranne che a una: come possono le creature di Antares (dico così per non “spoilerare”) avere salvato dalla morte o riportato in vita determinate persone terrestri? Come lo hanno fatto? Dopo di che, il terzo romanzo, offre tutte le altre risposte. Ma apre pure altri scenari che potrebbero giustificare delle continuazioni. Ma per adesso non ho in programma un quarto romanzo della serie Korolev. È venuto il tempo di un nuovo romanzo realistico dopo i miei tre precedenti “Toshi si sveglia nel cuore della notte”, “Ho pedalato fino alle stelle”, “La vita a pedali”, “Bergamo dell’altro ieri” (a metà fra il romanzo e la serie di racconti, un po’ come Pian della Tortilla di Steinbeck: anche qui un piccolo mondo riprende vita con i suoi personaggi). Il prossimo sarà un romanzo ambientato a Pompei nell’estate del 1992. Intanto penso, raccolgo idee: la fantascienza ha bisogno di tante buone idee per costruire una buona storia.
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