di
Luigi Pachì
e
Silvio Sosio
philip k. dick non scriveva fantascienza
Ecco qui, adesso è il suo turno. Dopo esserci sentiti dire che 2001 Odissea nello spazio non è un film di fantascienza, che James Ballard non è uno scrittore di fantascienza, che Blade Runner non è un film di fantascienza, ora è il turno di Philip K. Dick. Philip Dick? Non scriveva mica fantascienza. I suoi libri hanno interpretazioni che vanno ben al di là del genere letterario. Noi, la critica ufficiale, sappiamo bene chi era Dick. Voi, appassionati di fantascienza, cosa volete saperne?
Certi personaggi, certi giornalisti, sembrano essere convinti che se un prodotto dimostra una qualche validità artistica non può essere fantascienza. Nella loro mente, è probabile, il concetto di fantascienza è legato a Isaac Asimov o a Guerre Stellari, visti nel modo più deteriore e superficiale possibile.
Il grande equivoco nasce dalla confusione fra linguaggio e messaggio. Il genere fantascienza non è il contenuto, ma il contenitore, il mezzo attraverso il quale l'autore esprime idee, sentimenti, un modo di vedere ciò che gli sta attorno.
Facciamo un esempio. Un critico letterario di un grosso quotidiano apre un file sul suo computer e si trova davanti a una serie di codici html. Per questo critico, il file è una roba da programmatori. Poiché il critico si vanta di non voler sapere nulla dei computer più di quanto non gli serva per scrivere (ed è già qualcosa perché fino all'anno scorso si vantava di non saperlo neppure usare), lo chiude e sta per buttarlo nel cestino. Suo figlio scopre il file, lo apre con Netscape e fa leggere il testo al padre, che lo trova molto interessante. A questo punto, il critico si convince che il messaggio fosse in html solo a causa della bizzarria degli informatici, e se lo salva in formato ASCII, perdendo formattazione, link, immagini e così via.
La fantascienza è un linguaggio, che mette a disposizione dello scrittore un ampio campionario di strumenti per comunicare. Chi legge fantascienza è abituato a dare per scontati, o ad accettare senza discutere, tanti elementi o situazioni che sono caratteristici del genere, e che aiutano chi scrive a trasmettere determinati messaggi in modo diverso e più completo di quanto sarebbe stato possibile fare scrivendo cose diverse. Per fare un esempio, nell'episodio di Star Trek The Next Generation Il diritto di essere (5.17), come anche in La mano sinistra delle tenebre di Ursula K. Le Guin, vediamo posti di fronte a una società di esseri androgini: né uomini né donne, ma entrambe le cose allo stesso tempo. Grazie a questa trasposizione, attuabile solo in un racconto di fantascienza, il lettore viene aiutato a distaccarsi dal suo normale ambiente, nel quale la distinzione fra i sessi è un elemento cardine del modo di vivere, per poter meditare alcune considerazioni su quanto questo elemento influisca sul nostro modo di vedere il mondo e di giudicare le persone.
Il nostro ipotetico critico letterario, una volta che fosse stato costretto a vedere l'episodio di Star Trek o a leggere il libro della Le Guin, sosterrebbe immediatamente che non si tratta di fantascienza. Eppure, il messaggio di questi due prodotti, che non è fantascienza ma è legato profondamente alla nostra condizione umana, non avrebbe potuto essere trasmesso con la stessa efficacia senza usare il linguaggio della fantascienza.
Questa è anche la grande differenza che c'è, ad esempio, fra Star Trek e X Files. Mentre Star Trek usa il linguaggio della fantascienza per esplorare lo spazio interno dell'uomo, X Files usa il linguaggio del genere poliziesco per affrontare temi fantastici. Da questo punto di vista, X Files non può essere considerato fantascienza in senso stretto.
Senza dubbio, Philip K. Dick era convinto di scrivere fantascienza. Così come Gabriele Salvatores era convinto di fare un film di fantascienza quando ha prodotto Nirvana, citando a piene mani lo stesso Dick e William Gibson (ma forse anche Gibson non scrive fantascienza...). Film del quale parliamo in questo numero proponendone diverse interpretazioni. E del resto quale altro genere gli avrebbe permesso un così ardito collegamento fra cyberspazio e buddhismo?
In attesa che i critici scoprano anche Nathan Never, in questo numero parliamo del fumetto bonelliano che da sei anni riscuote grande successo in edicola. Per le interviste abbiamo incontrato Ivan Reitman, regista di molti film di successo spesso vicini al genere fantastico, come Ghostbusters, nonché produttore del nuovo film Space Jam che vede in campo Michael Jordan al fianco di Bugs Bunny.
Torniamo a parlare di Nirvana, il bellissimo film di Gabriele Salvatore, con una serie di interventi molto interessanti che affrontano il film da diversi punti di vista. Poi parliamo di Descent, un videogioco decisamente originale, di Carmilla, una antologia in edicola curata da Valerio Evangelisti, e in uno speciale tracciamo la storia degli alieni nel cinema di fantascienza: una buona occasione per ripensare a tanti bei film del passato.
Ma sta diventando sempre più difficile descrivervi il numero di Delos nelle poche righe dell'editoriale: il materiale che vi offriamo cresce a ogni numero. Ve lo lasciamo scoprire da soli, allora. Al mese prossimo.
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