Delos Veronesi è nato a Bergamo nel 1977. Ha vissuto per tre anni in Cina. Ha scritto vari racconti, presenti in diverse antologie, e due romanzi: Winter, edito da Watson, e Il destino della tigre, su Amazon. In fase di pubblicazione, nel 2019, un nuovo romanzo cyberpunk, per Watson, e un manga action ispirato agli anni 80. È animatore anche del blog Leggere Distopico e recentemente ha assunto la direzione della collana Dystopica per la Delos Digital, essendo anche un noto esperto della narrativa distopica. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare i progetti della collana e qual è il momento che vive la letteratura distopica, anche e forse perché tallonata dal genere solarpunk che sembra a tutti gli effetti il suo contrario.

La prima domanda è da un milione di euro: che cos’è, secondo te, la distopia? 

La distopia è una proiezione delle paure che affliggono il presente. È l’estremizzazione della nostra realtà e varia in base al periodo in cui è stata scritta. A partire dalla paura della tecnologia paventata da Wells, passando per il terrore del totalitarismo emerso a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, fino ad arrivare agli scenari post apocalittici moderni, la distopia ha sempre narrato le ansie societarie.

La distopia è un monito per i lettori, un enorme “what if”. È un concentrato delle nostre ansie, un viaggio eroico di consapevolezza verso uno scenario che dobbiamo evitare

Segnalami un’opera che a tuo giudizio esprime bene il concetto di distopia e spiega il perché? 

Molto difficile sceglierne solo una. Ci sono troppi scenari possibili e per ognuno di essi c’è un’opera di riferimento.

Per gusto personale, anche come romanzo di partenza per chi non è avvezzo al genere, segnalo “Io sono leggenda” di Richard Mathenson.

In “Io sono leggenda” si viene catapultati in una realtà alienante, in un mondo flagellato da un virus che ha lasciato in vita un unico essere umano. Attraverso le pagine si vive l’angoscia della solitudine, il senso di perdita e la lotta continua del protagonista per cercare di sopravvivere un giorno in più del precedente.

Trovare del cibo, riscaldarsi, o semplicemente riempire l’assordante silenzio quotidiano. Ogni paragrafo porta alla luce la terribile condanna di essere l’unico sopravvissuto, lascia aleggiare un disperato desiderio di morire che si infrange con il forte spirito di sopravvivenza insito negli esseri umani.

Cupo e intimista, Io sono leggenda, è un romanzo che non si ferma alla paura dell’estinzione umana o alla disperazione della distruzione. Fa un ulteriore passo avanti e nel finale si interroga sul concetto di normalità e di giustizia. Lascia al lettore il compito di capire cosa distingue un mostro da un essere umano, o quanto sia sottile la linea di demarcazione tra bene e male.

Secondo te il solarpunk è il contrario della distopia? Che rapporto c’è tra i due filoni della fantascienza? 

Il solarpunk è il capitolo due della distopia, parte da ciò che un distopico può aver narrato e tenta di creare qualcosa di buono con quello che resta.

Il processo creativo e le basi di partenza sono comuni, entrambi i generi si interrogano sul futuro partendo da quello che non funziona nel presente. La differenza principale è il messaggio di fondo con cui vengono sviluppati. La distopia è un monito, il solarpunk una speranza.

Perché un lettore di fantascienza dovrebbe leggere opere di distopia? 

Perché le ha sempre lette senza saperlo, ai tempi non le chiamavano così.

La distopia abbraccia ogni genere e, seppur presente in quantità variabile, è sempre stata una degli ingredienti di moltissime storie fantascientifiche.

Al giorno d’oggi, e faccio outing dicendo che non amo questa cosa, sono state create migliaia di definizioni e di generi letterari. Ne esistono troppi, e spesso troppo sovrapponibili.

La distopia cammina per mano con molti generi: cyberpunk, ucronico, post apocalittico etc… e di base ha sempre e solo un messaggio, che non cambia a prescindere dalla storia, quello di mostrare un mondo (una società) in cui nessuno vorrebbe vivere.

Partendo da questa base le storie distopiche seguono diverse strade e creano avventure che vanno dall’eroico al drammatico. Accompagnano il lettore in realtà sempre nuove, rivisitano il presente e seminano la fantasia con ulteriori scenari futuri.

Non ci sono limiti, sono convinto che i lettori possano trovare nella distopia una scelta tale da non rimanerne delusi.

Come è nata l’idea di una collana sulla distopia? 

L’idea della collana Dystopica (fantasia portami via) è nata dal desiderio di dare al pubblico un riferimento preciso e una scelta che vada oltre la manciata di titoli reperibili mainstream. Storie brevi, cariche di emozioni. Racconti e novelle che esplorino le mille sfaccettature della nostra società, piccoli concentrati di distopia che possono essere letti anche da coloro che non amano o non conoscono il genere.

Sono stato credibile? La verità è che, dopo aver ricevuto l’ennesima proposta di pubblicazione, le persone me le inviavano credendomi il titolare della Delos Digital, ho chiesto a Silvio Sosio di pagarmi i diritti di sfruttamento del nome. Lui ha sorriso e mi ha detto che aveva un’idea migliore.

Il risultato? Una collana dedicata alla Dystopia.

Se un autore vuole proporvi un testo, quali consigli daresti per poter essere selezionati? 

Ritmo, leggibilità e, soprattutto, un finale non scontato. Se finisce sempre male è scontato.

Non sono interessato a profondi descrittivi sulla pochezza umana, non voglio proporre al pubblico digressioni sul futuro. La lettura, a prescindere dal testo, deve essere un piacere. Deve essere coinvolgente.

Mi interessano racconti scritti per il pubblico, per essere apprezzati da chi li legge. Salire su un piedistallo a pontificare contro il mondo è la peggior cosa che un autore può fare se vuole essere selezionato da me.

Un altro punto fondamentale è la credibilità. Meglio una storia ambientata a Parma, che racconta di un disastro idrico, che un post apocalittico a Berlino. Perché? Perché sono i piccoli dettagli a rendere verosimile il testo. L’esterofilia spesso cade nel generico e nei luoghi comuni, penalizzando fortemente la credibilità dell’ambientazione e di tutto il testo.

Quali sono i titoli che sono stati pubblicati e raccontaceli un po’… 

Ogni racconto della collana DYSTOPICA esplora scenari diversi, inconsueti e poco conosciuti dal pubblico. L’intento è quello di spaziare fino ai confini dell’immaginabile

Cecità Bianca – Ilaria Pasqua – Ci porta in una claustrofobia societaria, in un’estremizzazione del lavoro e della routine quotidiana in cui non si capisce più la differenza tra uomo e macchina.

Aprire una collana è un passo importante, ho chiesto a Ilaria se si sentiva di prendersi questo impegno e lei, oltre a esserne felice, ha proposto al pubblico un racconto incredibile.

L’Italia non esiste – Stefano Zampieri – È un testo che scava nel mistero di un disastro imminente. Se l’umanità è condannata, l’unico cosa che si può fare è salvarne la memoria. Stefano Zampieri è un filosofo intimista, guarda il quotidiano con disincanto e ha proposto un testo che è piaciuto molto al pubblico.

Nato per essere il numero 1 – Matteo Mancini – Ipotizza un’estremizzazione dello sport, una futura arena in cui i risultati determineranno il dominio religioso sul popolo. L’essere umano non può fare a meno di farsi la guerra, ma quando gli esiti dell’ultimo conflitto hanno devastato il mondo l’unica soluzione è quello di trasferire lo scontro in un luogo circoscritto. Un campo da calcio.

Se esiste un futuro – Stefano Spataro – Immagina un futuro in cui non si può diventare adulti. Se l’adolescenza è il massimo a cui si può ambire, tutta la società che conosciamo deve essere compressa in una manciata di anni. Soldati bambini, tredicenni che partoriscono e diciottenni che vivono i loro giorni chiedendosi quale sarà l’ultimo.

Quali sono, invece, i titoli che pubblicherete nei prossimi mesi? 

Eh… non posso dire molto. Segreto segretissimo!

Nei prossimi mesi affronteremo nuovi scenari e nuove storie, cercando di mantenere alto il senso di meraviglia con cui abbiamo proposto i primi testi.

Verremo trascinati in un ecodisastro italiano, affronteremo un apocalisse tutta italiana e ci immedesimeremo nella vita di persone costrette a vivere come ombre. Ci interrogheremo su un futuro dominato dai social network e indagheremo i rischi di un monopolio energetico tutto italiano.

Questi sono solo alcune delle novità che usciranno nei prossimi mesi, opere uniche di autori che hanno saputo guardare al futuro con occhio critico.

La collana Dystopica non è perfetta, non può esserlo, ma ogni autore lavora duramente per sottoporre al pubblico il suo materiale. Rivede le storie, le editiamo e cerchiamo assieme di trovare il giusto ritmo per ogni trama.

So che ci sarà sempre qualcuno pronto a dirsi insoddisfatto, fa parte del gioco e del gusto personale di ognuno di noi. Personalmente mi sento soddisfatto del lavoro che Dystopia sta proponendo, spero che lo sia anche il pubblico che ci segue.