Di cosa si occupa chi “studia” il futuro? Principalmente, di megatrend. Con questo termine (e con i suoi sinonimi macrotrend o macrotendenze) definiamo le grandi tendenze che orientano l’evoluzione di un sistema – di solito almeno regionale, più spesso globale – dal presente verso il futuro. La comprensione di queste dinamiche è la precondizione di qualsiasi passo successivo: dall’elaborazione degli scenari all’individuazione di fenomeni emergenti o delle wild card (le incognite che possono cambiare l’evoluzione di un megatrend). John Naisbitt coniò questo termine nel 1982, presentando dieci megatrend che a suo avviso avrebbero plasmato la fine del XX secolo, come il passaggio dalla società industriale alla società dell’informazione o l’avvento della globalizzazione. Alcuni hanno effettivamente seguito una traiettoria in linea con le aspettative di Naisbitt; altri meno, ma probabilmente si tratta di tendenze che diventeranno più precise in futuro. Un megatrend non è, ovviamente, una profezia: è piuttosto una proiezione, che parte dai dati del presente (e spesso anche dalle serie storiche, cioè dai dati del passato) per estrapolare una traiettoria di medio-lungo termine. Per rendere robusta la proiezione del megatrend, è importante tenere conto di tutte le variabili che possono modificarlo: variabili politiche, economiche, tecnologiche, ambientali, sociali. Ciò distingue l’analisi dei megatrend dall’analisi dei trend, e il foresight dal forecasting: mentre quest’ultimo si occupa infatti di previsioni più o meno deterministiche, attraverso l’impiego di modelli matematici per individuare la tendenza di un indicatore (per esempio, il PIL), il foresight – di tipo più qualitativo – svolge un’analisi sistemica e multidimensionale, su orizzonti di lungo periodo (tipicamente, oltre i 10 anni).
L’Italian Institute for the Future si occupa di analisi dei megatrend da sempre, e nel 2020 ha pubblicato una Guida ai megatrend globali che offre una sintesi dei nostri studi. In questo articolo non posso andare oltre la sintesi della sintesi: ma può essere comunque utile per avere un’idea di quali sono le grandi tendenze del futuro e dove stiamo andando. I megatrend che analizziamo sono 20: Antropocene, Demografia, Longevità, Urbanizzazione, Diseguaglianze, Ordine internazionale, Unione europea, Digitalizzazione, Intelligenza artificiale, Automazione, Realtà virtuale, Cyberwar, Space economy, Trasporti, Energia, Alimentazione, Turismo, Empowerment, Religioni, Rischi esistenziali.
Preferisco parlare di Antropocene, anziché (solo) di cambiamenti climatici, perché il termine restituisce la complessità di un fenomeno che ha come effetto globale quello di trasformare in modo radicale la biosfera del pianeta, dall’aumento della biomassa legata alle attività antropiche alla scomparsa di migliaia di specie viventi (la cosiddetta “sesta estinzione di massa”). I dati sono impietosi. La concentrazione di gas serra in atmosfera è passata dalle 280 parti per milione (ppm) di CO2 equivalente della metà del XVIII secolo alle 415 ppm attuali: cifre mai raggiunte nella storia planetaria recente, stando almeno ai dati che ricaviamo dai carotaggi del ghiaccio in Antartide. La temperatura globale è aumentata complessivamente di 0,94°C dal 1880, il livello medio dei mari è salito di 25 centimetri e, se l’andamento dovesse restare costante, alla fine del secolo le temperature medie oscilleranno tra i +2,8°C e i +4,8°C con il livello dei mari che supererà il mezzo metro di innalzamento, inondando enormi aree costiere. L’acidità dei mari, infine, aumenterà tra il 100 e il 150% rispetto ai livelli preindustriali. Con un surriscaldamento minimo entro il 2050 si estingueranno tra il 22 e il 31% delle specie viventi.
La Demografia – megatrend per antonomasia – fotografa l’andamento della crescita della popolazione mondiale, oggi prossimo a toccare gli 8 miliardi e che secondo le ultime stime della U.N. Population Division raggiungerà i 10,5-11 miliardi nel 2100, per poi declinare lentamente. Dei 2,2 miliardi di nuovi abitanti attesi entro il 2050, ben 1,3 verranno dall’Africa, che vedrà raddoppiare la sua popolazione nel giro di trent’anni. Il tasso di fecondità nelle regioni dell’Africa sub-Sahariana, infatti, continua ad assumere valori più alti (4,6 figli per donna) rispetto agli altri paesi del mondo, dove la media si attesta a 2,5. Tuttavia è in calo da anni e questo fa ben sperare sulla possibilità che anche il continente africano segua le traiettorie previste dalla teoria della transizione demografica. Prima di allora, comunque, sarà bene mettere in conto che i fenomeni migratori di massa verso i paesi a economia più sviluppata continueranno per decenni.
La scelta di parlare di Longevità anziché solo di invecchiamento riflette la convinzione che il fenomeno non sia necessariamente solo negativo o solo positivo: da un lato, lo spettacolare aumento della speranza di vita media si deve ai miglioramenti continui dalla medicina, che fanno ben sperare per il futuro; dall’altro, non abbiamo ancora trovato il modo di rendere sostenibile una società che invecchia velocemente, dove cioè non siano solo i più giovani a far funzionare l’economia e sostenere gli onerosi sistemi di welfare. Le ultime stime prevedono per il 2050 un totale di due miliardi di over-60 nel mondo, di 426 milioni di over-80 e di 5 milioni di centenari. Ma, al tempo stesso, la percentuale di pensionati rispetto ai lavoratori passerà in Italia dal 37% di oggi al 65% nel 2040. Questo anche senza tenere conto delle ambiziose promesse di quanti ritengono possibile ottenere una radicale estensione della vita (radical life extension) nei prossimi decenni grazie all’ingegneria genetica, alle cellule staminali e alle nanotecnologie.
L’Urbanizzazione è un megatrend di grande interesse oggi, perché la pandemia globale di Covid-19 ci ha portato a ripensare il futuro delle grandi città. È davvero presto per dire che si verificherà un’inversione di tendenza, però è importante sottolineare che la crescita della popolazione urbana, nei prossimi decenni, caratterizzerà in via pressoché esclusiva i paesi emergenti: nel 2025 le megalopoli (città con oltre 10 milioni di abitanti) passeranno da 22 a 36, di cui solo sette nei paesi a economia avanzata. In Europa a crescere sono soprattutto le città intermedie (con meno di 1 milione di abitanti), anche se questo non fa che aumentare lo sprawl (un termine che gli appassionati di fantascienza conoscono bene, e che definisce il consumo di suolo a causa della dispersione urbana, con la crescita di sobborghi e periferie).
Il megatrend delle Diseguaglianze mette in luce proprio questa crescita ineguale, che sembra essere una delle caratteristiche più evidenti del XXI secolo. Se è vero che sempre più persone stanno uscendo dalla povertà (la quota di poveri assoluti è scesa dal 21% della popolazione mondiale nel 2000 all’8% del 2020, e – salvo impatti negativi della pandemia – dovrebbe scendere al 3% nel 2030), è anche vero che stanno aumentando le distanze tra l’1% più ricco della popolazione e il restante 99%. I 2.153 miliardari della lista Forbes 2019 possiedono la ricchezza di 4,6 miliardi di persone; gli otto uomini più ricchi del mondo possiedono l’equivalente della metà più povera del pianeta (3,6 miliardi di persone). Dove potrà condurci tutto questo?
Per Ordine Internazionale intendo l’insieme delle questioni geopolitiche. È difficile stabilire quali fenomeni politici possano costituire megatrend piuttosto che semplici situazioni temporanee. Di certo, tuttavia, esistono delle tendenze preponderanti, come quella che riguarda l’ascesa della Cina – oggi superpotenza mondiale in grado di sfidare l’egemonia americana, al punto da aver aperto una Seconda Guerra Fredda, dalle conseguenze ancora difficili da prevedere – o le transizioni politiche in Medio Oriente, o ancora l’impatto delle forze sovraniste e populiste nei paesi occidentali.
Quest’ultima tendenza è particolarmente rilevante per quanto riguarda l’Unione europea, da tempo ormai caratterizzata da spinte centrifughe: non solo la Brexit, ma anche le tendenze di Polonia e Ungheria a mettere in discussione le regole di Bruxelles, o il freno a mano tirato sul processo di allargamento (in particolare verso i Balcani). Queste spinte sono l’effetto di tendenze strutturali: gli effetti deleteri di una globalizzazione incontrollata che ha portato a un significativo aumento della disoccupazione nelle economie europee; una politica di austerity che non è riuscita a invertire la tendenza alla stagnazione economica dell’eurozona; la sostanziale incapacità di affrontare in modo coordinato la crisi migratoria; la rinascita dei nazionalismi.
Passando al fronte tecnologico, il primo megatrend riguarda la Digitalizzazione. Tutta l’accelerazione tecnologica che stiamo vivendo negli ultimi decenni parte da qui. Alla base c’è la legge per eccellenza della crescita esponenziale, la cosiddetta legge di Moore, secondo cui la capacità di un microcircuito raddoppia ogni 18 mesi circa. È in forza di questa capacità dell’innovazione tecnologica di superare sé stessa a ritmi sempre più accelerati che siamo stati in grado di passare dai computer grandi quanto una stanza ai pc desktop, da questi ai laptop fino ai tablet e agli smartphone. Quali sono le conseguenze da considerare, per i prossimi anni? Almeno tre: la platform economy, cioè la crescita della concentrazione del mercato nelle mani di pochi giganti tecnologici che basano la loro ricchezza non più (solo) sulla produzione di hardware, ma sullo sviluppo di piattaforme digitali che hanno come moneta i dati rilasciati volontariamente dagli utenti; la datacrazia, che ne è la diretta conseguenza, con tutti i relativi problemi di privacy ancora lontani dall’essere efficacemente affrontati; e la gig economy, l’economia dei lavoretti che è la versione deteriore della sharing economy, stimolata dalle grandi piattaforme che rendono possibile per tutti arrotondare gli stipendi con lavori flessibili che però, per molte categorie – i giovani, i disoccupati over-50, i cittadini dei paesi emergenti – diventano l’unica fonte di reddito.
Cosa accadrà, allora, quando gli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale arriveranno ai livelli immaginati dagli autori di fantascienza, con la possibilità di svolgere la maggior parte degli impieghi oggi di pertinenza esclusivamente umana? L’Automazione è la diretta conseguenza della Digitalizzazione e del megatrend dell’Intelligenza Artificiale. Pensiamo a un’IA come GPT-3, rilasciata nel 2020 dalla fondazione OpenAI, finanziata da Microsoft. La sua capacità di sfruttare il machine learning per “apprendere” dall’enorme mole di dati in Rete la risposta giusta da fornire a un quesito posto da un operatore umano, peraltro imitando perfettamente il nostro linguaggio naturale, la rende perfettamente in grado di svolgere lavori che vanno dall’assistenza clienti alla redazione di articoli di giornale, dalle interviste alle diagnosi mediche. Le famose stime di Michael Osborne e Carl Frey dell’Università di Oxford dimostrano che già con le tecnologie attuali il 54% dei posti di lavoro in Europa e negli USA sia a rischio di automazione e in particolare il 58% degli impeghi nel settore amministrativo sia destinato a scomparire per gli effetti dell’innovazione digitale. Il rapporto Labor 2030 (2018) di Bain & Company calcola che entro il 2030 il 20-25% dei lavori negli Stati Uniti sarà spazzato via dall’automazione, pari a circa 40 milioni di posti. E no, i nuovi lavori non compenseranno quelli persi, perché obiettivo dell’automazione è, appunto, automatizzare, vale a dire fare meno degli esseri umani per risparmiare.
C’è poi la Realtà Virtuale, o – per essere più precisi – la realtà virtuale e aumentata (VR/AR): antica chimera della fantascienza, la realtà virtuale è oggi più vicina proprio grazie alla sua ibridazione con la realtà aumentata, che l’ha resa di grande interesse per il business, anche se l’applicazione di AR di maggior successo finora resta Pokemon Go. Ma l’acquisto da parte di Facebook di Oculus Rift ha riaperto il dibattito sulla possibilità che, a breve, Internet entrerà in una nuova dimensione, quella del metaverso (termine coniato da Neal Stephenson in Snow Crash), dove tutto ciò che oggi svolgiamo in Rete (e-commerce, call di lavoro, interazione sui social, gioco ecc.) si trasferirà in un ambiente virtuale 3D completamente immersivo e di crescente realismo.
Il megatrend del Cyberwarfare e dell’Information Warfare è, naturalmente, il lato oscuro di tutto questo discorso. Con la crescita delle attività in rete e la futura estensione dell’Internet of Things (soprattutto grazie al passaggio al 5G), gli attacchi informatici sono destinati ad aumentare in quantità e qualità. L’infiltrazione subita dagli apparati di stato degli USA nel 2020 a opera di hacker vicini al governo russo dimostra quanto la guerra cibernetica oggi faccia sul serio e stia diventando il principale teatro dei conflitti internazionali. Agli attacchi informatici si aggiunge la capacità di manipolare il sentiment dei cittadini attraverso la Rete, diffondendo fake news a mezzo social in modo così pervasivo da riuscire a influenzare gli esiti di elezioni politiche, come potrebbe essere accaduto nel 2016 con le elezioni presidenziali negli USA e con il referendum sulla Brexit nel Regno Unito. Dobbiamo mettere in conto che la prossima wild card dopo la pandemia di Covid-19 potrebbe essere proprio una cyberpandemia in grado di compromettere la stabilità dei principali social network o addirittura della stessa Internet.
La crescita della Space Economy negli ultimi anni ha portato questo settore a diventare, da fenomeno emergente, a megatrend di grande interesse per il futuro. Il successo dei nuovi player privati nell’accesso allo spazio ha aperto una fase nuova, in cui il costo di ingresso in orbita è crollato grazie alla possibilità di riutilizzare i lanciatori e che sta stimolando il mercato dei satelliti, promettendo in futuro di estendersi al turismo spaziale e – a partire dal Programma Artemis con cui gli Stati Uniti contano di ritornare sulla Luna a metà decennio – all’utilizzo economico delle risorse spaziali. A detta delle banche di investimento, il trend di crescita nei prossimi anni sarà a dir poco impressionante, con una filiera che arriverà a valere nel 2050 dai 1000 miliardi di dollari previsti da un report di Goldman Sachs fino ai 2700 miliardi stimati dalle previsioni di Bank of America Merryl Lynch.
Il settore dei Trasporti sta subendo analoghe trasformazioni radicali. Il traffico aereo è stato caratterizzato per decenni da un andamento esponenziale, con 4,5 miliardi circa di passeggeri l’anno pre-Covid, proiettati al raddoppio entro l’anno 2037, con 8,2 miliardi di passeggeri. Non sappiamo ancora come cambieranno le cose dopo la pandemia, ma intanto continuano gli investimenti nello sviluppo della nuova aviazione ipersonica, con l’obiettivo di riportare in auge i vecchi fasti del Concorde in un’epoca di contenimento delle emissioni. Sul fronte dei treni, l’Unione europea si è data l’obiettivo di triplicare la sua rete ferroviaria AV entro il 2030, investendo finora quasi 25 miliardi di euro: dagli oltre 10.000 km attuali si passerebbe a 30.750 km. Grandi investimenti sono in corso in Cina e India, mentre negli Stati Uniti si guarda alla possibilità di adottare il sistema Hyperloop promosso da Elon Musk e oggi in fase di sviluppo da parte di Virgin, che sfrutta la tecnologia dei tubi a vuoto pressurizzati per raggiungere velocità prossime ai 1000 chilometri orari. Ma probabilmente la trasformazione più spettacolare riguarda il mercato dell’automotive, con la crescita dell’elettrico – nel 2040 il numero di auto a propulsione elettrica vendute (60 milioni) sorpasserà per la prima volta quello dei veicoli con motori a combustione interna – e l’introduzione delle auto senza conducente. Quest’ultimo mercato è stato valutato nel 2019 in 22 miliardi di euro e dovrebbe crescere mediamente del 18% l’anno tra il 2020 e il 2025, raggiungendo i 55 miliardi di euro nel 2030. Le principali case produttrici, i top player tecnologici come Alphabet e numerose start-up hanno già investito, tra il 2015 e il 2020, oltre 50 miliardi di dollari nello sviluppo della guida autonoma: il 70% degli investimenti proviene dall’industria dell’automotive (nel 2018 General Motors e la sua controllata, Cruise, leader nel settore della guida autonoma, hanno unito le forze con Honda per portare la piena automazione di guida su scala commerciale entro il 2030, con un investimento di oltre due miliardi di euro).
I megatrend dell’Energia considerano soprattutto lo sviluppo impetuoso delle energie rinnovabili, a partire dal solare, il cui costo è crollato negli ultimi quarant’anni di circa 250 volte, al punto che oggi nei paesi G20 la produzione elettrica da solare costa 10 centesimi di euro per chilowattora contro i 17 centesimi da combustibili fossili, e le previsioni sono di un ulteriore dimezzamento dei costi entro il 2030. Molto dipenderà da cosa accadrà al petrolio: se i prezzi resteranno bassi, la transizione potrebbe richiedere più tempo, ma è anche possibile che il crollo dei prezzi sia dovuto a un calo della domanda causato proprio dalla maggior convenienza delle fonti rinnovabili, cosicché la domanda di petrolio potrebbe non tornare più ai livelli pre-Covid (è la stima, per esempio, di BP). Sul fronte del nucleare, anche se è presto per annunciare la fine dell’era atomica – i piani di dismissione sono lenti tanto quanto quelli relativi alla costruzione di nuove centrali – è abbastanza chiaro che il vecchio sogno degli anni Cinquanta di una transizione mondiale verso il nucleare è tramontato, ed è difficile dire se la ricerca e lo sviluppo della fusione nucleare potrà cambiare radicalmente le cose. Finora, tutte le promesse relative alla fusione si sono scontrate con enormi ostacoli tecnologici e occorreranno ancora vent’anni prima che ITER, il reattore sperimentale in costruzione in Francia, possa produrre energia sufficiente a decretarne il successo.
L’Alimentazione è stata a lungo una preoccupazione dei futurologi: considerando la crescita esponenziale della popolazione, Paul R. Ehlrich e altri neo-malthusiani paventarono tempo fa il rischio di carestie di massa in tutto il mondo. Oggi si produce invece cibo per 12 miliardi di persone a fronte di una popolazione inferiore agli 8 miliardi; ma la distribuzione diseguale fa sì che esista ancora un’ampia fetta del pianeta affetta da malnutrizione, anche se i progressi in questo campo non si fermano: dal 19% del 1990 si è passati all’11% del 2010 e auspicabilmente nel 2030 questa percentuale dovrebbe avvicinarsi a zero. Aumentano invece obesità e sovrappeso, già da tempo una grave piaga per la salute degli occidentali. Il consumo di carne continua ad aumentare, acuendo l’impatto ambientale dell’Antropocene, per cui si cercano soluzioni: dalla carne in vitro al passaggio a diete vegetariane o vegane, che sono sempre più in crescita nei paesi a economia avanzata. Ma anche l’editing genomico potrebbe modificare l’alimentazione del futuro, così come l’introduzione degli insetti nelle nostre diete.
Il Turismo è un megatrend perché dal secondo dopoguerra a oggi è stato caratterizzato da una crescita di tipo esponenziale nel numero di turisti annui nel mondo: 25,3 milioni (1950); 69,3 (1960); 158,7 (1970); 204 (1980); 425 (1990); 753 (2000); 946 (2010); 1,5 miliardi (2019). Le conseguenze dell’overtourism sono oggi ben note: fenomeni di gentrificazione dei centri urbani, gravi impatti ambientali negli ecosistemi più fragili (come le aree montuose e le piccole isole), economia mordi-e-fuggi. La pandemia ha messo uno stop a tutto questo ed è difficile stimare e se quando le tendenze torneranno ad allinearsi con il megatrend. Forse è l’occasione per ripensare l’economia turistica, come stanno già pensando di fare molti paesi, favorendo la destagionalizzazione, il turismo di prossimità e persino l’applicazione della realtà virtuale e aumentata a supporto dell’offerta turistica.
L’Empowerment è un insieme di tendenze complesse che riguardano, in particolare, l’emancipazione femminile, misurabile in termini di accesso all’istruzione e al mercato del lavoro nei paesi emergenti e, per le economie avanzate, di percentuali di donne nei posti decisionali, dai parlamenti ai consigli di amministrazione delle società quotate in borsa. I successi sono graduali e inficiati dal persistere di gap nelle retribuzioni delle donne rispetto a quelle degli uomini, oltre che da una mentalità sessista che ancora limita una totale parità di genere. Ma negli ultimi passi si sono registrati sostanziali passi avanti, in modo analogo a quanto sta accadendo per le comunità LGBT: a partire dal 2013 il numero di paesi che hanno legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso è aumento in modo significativo. Non solo la stragrande maggioranza dei paesi europei (a partire dall’Olanda nel 2001 all’Austria nel 2019, passando per la cattolica Irlanda), ma anche gli Stati Uniti (2015), dopo che solo trent’anni prima il 57% degli americani sosteneva che i rapporti sessuali consensuali tra gay dovessero essere vietati.
Anche le Religioni sono caratterizzate da grandi tendenze, che spesso si associano a tendenze demografiche. L’aumento del numero assoluto di credenti cristiani e musulmani è strettamente legato alle dinamiche di crescita della popolazione in America Latina, in Africa e nel Sud-est asiatico. Tenendo conto esclusivamente di questi sviluppi, nel 2050 le persone affiliate a religioni organizzate passeranno da circa 6 miliardi attuali a 8,1 miliardi, mentre i non credenti caleranno dal 16% della popolazione mondiale odierna al 13%. Islam e Cristianesimo dovrebbero avere 2,8-3 miliardi di fedeli ciascuno, a cui seguiranno 1,4 miliardi di induisti e 500 milioni di buddhisti. Ma è decisamente più interessante chiedersi se nei prossimi trent’anni si verificheranno cambiamenti significativi sia nelle religioni organizzate, sia nell’ascesa delle nuove religioni. Potremmo assistere, per esempio, alla crescita del pentecostalismo tra i cristiani, a conversioni di massa in Cina o persino a uno scisma nella Chiesa cattolica; a nuovi conflitti religiosi o a grandi pacificazioni (per esempio la riunificazione tra cattolici e ortodossi); e all’emergere di religioni “tecnologiche” come il datismo ipotizzato da Yuval Noah Harari.
Infine, i Rischi esistenziali. La definizione raccoglie l’insieme di quelle wild card che potrebbero compromettere la sopravvivenza della civiltà tecnologica o persino della stessa umanità. Qui l’unico megatrend riguarda il fatto che, con l’aumentare della complessità della società umana, aumentano esponenzialmente i rischi: un sistema complesso può crollare anche a causa di variabili apparentemente poco rilevanti, come un virus o un flare solare che frigge i circuiti elettronici di mezzo mondo. Ma altri rischi riguardano le collisioni con asteroidi, l’eruzione di supervulcani, l’avvento di superintelligenze artificiali in grado di realizzare gli incubi di Matrix, la diffusione di agenti patogeni ingegnerizzati, la minaccia di civiltà extraterrestri ostili. Questo senza contare ciò che non sappiamo né possiamo anche solo immaginare: la vera sfida del futuro non riguarderà infatti solo la gestione di tutti questi megatrend e degli scenari che possono generare, ma la capacità di anticipare le incognite a venire che potrebbero compromettere in modo determinante il nostro futuro, quale che sia.
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