Amazing Stories una delle serie TV antologiche è tornata ed ha scelto di farlo attraverso Apple TV. In quanto serie antologica, il punto centrale di Amazing Stories è «fare qualcosa di nuovo ogni settimana», come dichiarato da Edward Kitsis, uno degli showrunner della nuova versione dell'omonima serie del 1985 di Steven Spielberg.
Ritorniamo dopo quasi 35 anni non per ricopiare quanto era stato già fatto da Steven Spielberg, altrimenti non avrebbe alcun senso.
Il percorso preproduzione di questo serial è stato lungo e difficile. La serie originale, creata da Spielberg, ha avuto un buon riscontro per due stagioni a metà degli anni '80. Trenta anni dopo c'è stato un tentativo di riavvio per la NBC, con Bryan Fuller al timone, fermatosi in fase di sviluppo. Due anni dopo, il progetto è stato spostato su Apple, nonostante il progetto di un canale televisivo fosse ancora in fase di sviluppo, con un ordine per una prima stagione di 10 episodi. Fuller abbandonò il progetto pochi mesi dopo e venne sostituito da Hart Hanson (al suo attivo la serie Bones) che venne affiancato nel maggio del 2018 da Kitsis e Adam Horowitz, entrambi provenienti da Once Upon a Time.
Io e Adam» ha detto Kitsis «siamo diventati sceneggiatori grazie ai film di Steven Spielberg, è lui che ci ha spinto a credere che possiamo scrivere storie incredibili che appassionino le persone.
Kitsis e Horowitz hanno anche detto che, poiché «c'è così tanta oscurità nel mondo e quindi c'è tanta oscurità in TV», loro vogliono che il loro pubblico alla fine di ogni episodio si senta «rasserenato e con la voglia di scoprire le altre meraviglie del mondo.»
Sebbene ciascuno dei cinque episodi sia stato progettato come una storia autonoma, gli autori hanno intenzionalmente disegnato un fil rouge tematico tra loro prendendo spunto da Spielberg, che secondo Horowitz, ha sempre voluto «prendere l'ordinario e farlo essere straordinario».
Ogni episodio ti obbliga a confrontarti con qualcosa della tua vita da cui stai scappando o negando e o accetti questa sfida e la incontri e ne esci meglio dall'altra parte, oppure non lo fai, afferma Kitsis.
Ad esempio nel primo episodio, intitolato The Cellar, Dylan O’Brien interpreta un giovane che sta restaurando una casa di fine secolo con suo fratello. Durante una tempesta, il suo personaggio viene rimandato indietro nel tempo fino al 1919, dove incontra una giovane donna (interpretata da Victoria Pedretti) che è una cantante di talento dotata di uno spirito indipendente in notevole anticipo sui tempi.
Questi due avevano bisogno l'uno dell'altro nella loro vita in modo da poter diventare le persone che devono diventare» dice Kitsis. Gran parte dell'episodio è dedicato ai due personaggi che si innamorano, ma il finale è, appunto, sorprendente. «La sfida per noi è stata questa: come sorprendi il pubblico ma mantieni comunque un lieto fine? dice Horowitz.
E a quanto pare i due scrittori si sono impegnati per mantenere queste premesse anche nel resto degli episodi.
Il secondo episodio, infatti, ha come protagonista un falegname di mezza età che si sta riprendendo da un intervento al ginocchio e adora il suo lavoro che ottiene un «anello che da superpoteri» con il quale decide d fare qualcosa di inaspettato.
Il finale di stagione, intitolato The Rift, è ispirato all'omonimo fumetto e vede Kerry Bishe nei panni di una madre la cui vita cambia drasticamente dopo aver appreso che nel suo cortile si aprono fratture spaziotemporali.
«Abbiamo adottato un approccio quasi maniacale nel mettere in ordine di trasmissione gli episodi», afferma Horowitz. In origine The Rift sarebbe dovuto essere il primo episodio, ma a serie finita è stato spostato al finale.
Gli episodi coprono tanti generi diversi, ma il tema centrale è l'ordinario che incontra lo straordinario», dice Horowitz. «Il punto è che la nostra vita quotidiana, il nostro reale, si apre allo straordinario. Dopo Once Upon a Time volevamo prenderci una pausa da un mondo di solo favole.
Se Amazing Stories porta il marchio dell’ottimismo di Spielberg l’altra serie antologica (prodotta nel 2019 e ancora inedita in Italia) The Twilight Zone è di sicuro meno rassicurante.
Ai Confini della Realtà (questo il titolo italiano) è stata LA serie antologica per gli appassionati di fantascienza e la sua prima incarnazione, dovuta a Rod Serling e andata in onda dal 1959 al 1964, è stata vista e rivista in tutto il mondo anche se al suo esordio non è che avesse ricevuto una entusiastica accoglienza.
Le sceneggiature di Serling affrontarono controverse questioni sociali, nascondendole. Ad esempio usò il terrore degli alieni per stigmatizzare il maccartismo, la conformità della società americana, e la paura dell’altro.
Il fautore del primo ritorno di Twilight Zone nel 1985 fu proprio Steven Spielberg che convinse i produttori a rilanciare la serie dopo averne prodotto un film cinematografico nel 1983, la successiva incarnazione fu quella del 2003 con Forrest Whitaker che introduceva i singoli episodi, e, alla fine, si arriva al 2019 quando il ruolo di presentatore passa a Jordan Peele e la serie viene mandata da CBS All Access senza, per ora, trovare un canale di trasmissione al di fuori degli USA.
Scarsa attenzione? Saturazione?
Non è dato saperlo, ma di sicuro, in questi anni le serie antologiche non sono state considerate proprio il prodotto di punta per le piattaforme di intrattenimento. La fidelizzazione dello spettatore funziona meglio sulle serie ad ampio respiro, questo è innegabile, e poi, nel frattempo, il format antologico è stato ripreso e rinnovato (forse anche sconvolto) da Black Mirror (Netflix), che di rassicurante non ha nemmeno il titolo e, anzi, ha aperto anche squarci sul nostro mondo che si potrebbero definire cinicamente profetici.
A seguirla troviamo anche Philip Dick’s Electrical Dreams di Amazon Prime e, perché no, Love Death & Robots, la serie animata di Netflix che mescola tutte le premesse delle serie fin qui nominate con un “aggiornamento” (da decidere quanto efficace) disegnato come fu per Heavy Metal.
Il panorama è variegato e c’è spazio per tutti, questo è sicuro. Molto dipende anche dal momento nel quale determinate serie escono e quello che stiamo vivendo (che sembra preso pari pari da un romanzo di SciFi distopica) di sicuro ci farà operare una selezione sulle storie che vogliamo sentirci raccontare. Tutto quello che possiamo augurarci è che continueremo ad avere voglia quantomeno di storie ben fatte.
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