In realtà lo sappiamo tutti, questo dibattito va avanti da decenni, altalenandosi tra una conferma e una smentita, mettendo al centro del mirino (scusateci il gioco di parole) i videogame come spunti per tutti gli omicidi di massa americani se non metodi di addestramento in previsione del compimento dell'atto.

L'APA, ovvero American Psychological Association ha riportato negli anni diverse analisi sull'impatto dei videogiochi come istigazione alla violenza, arrivando a conclusioni diverse, a partire dal 2005, quando dichiarò senza mezzi termini che i videogiochi erano direttamente collegati ai comportamenti violenti, ma anche proseguendo gli studi fino al 2015 e poi al febbraio scorso, in cui hanno rilasciato lo loro ultima analisi sull'argomento.

I fattori

Così L'APA dichiara che non è possibile collegare il comportamento aggressivo o omicida a un solo elemento e che le precedenti analisi mancavano di inserire alcuni fattori fondamentali: l'età e relativa impressionabilità, l'ambiente sociale, la famiglia, lo stato socioeconomico, il sesso dei giocatori, l'etnia e soprattutto l'uso del termine aggressivo.

Aggressione

Ora, secondo l'associazione è possibili differenziare il concetto stesso di aggressione e non limitarlo solo ai tragici omicidi di massa dei mesi e anni scorsi: l'aggressione può essere uno spintone a scuola, pugni, insulti, morsi, e in alcuni casi un abbassamento dell'empatia e della capacità nei rapporti sociali, ma anche in questi ultimi due casi, l'associazione ritiene che vadano esplorati altri fattori al di fuori del solo utilizzo di videogame.

Il consumo

Per quanto riguarda gli Stati Uniti si parla del novanta per cento di bambini che utilizzano videogame di vario genere, e la percentuale sale al novantasette per cento se si aggiungono i teenager tra i dodici e i diciassette anni. Inoltre, i bambini più giovani di otto anni passano circa sessantanove minuti al giorno giocando con console portatili, cinquantasette sul computer e quarantacinque su giochi mobile, inclusi i tablet. Per l'associazione però i media sono saliti molto velocemente sul carro della demonizzazione dei videogame senza invece analizzare tutti gli aspetti collaterali e soprattutto la sensibilità specifica di ogni utilizzatore.

I risultati

Allo stato attuale per l'APA non è possibile collegare l'utilizzo di videogame violenti a atti estremi come gli omicidi di massa, ma non può nemmeno del tutto esimerli da un condizionamento indiretto nell'abbassamento dell'empatia dei giocatori assidui e soprattutto rimane da analizzare la persistenza del comportamento aggressivo e del calo di empatia una volta terminata la sessione di gioco. Il che li porta alle raccomandazioni: un controllo più severo sui giochi da definire vietati ai minori, un maggior controllo da parte dei genitori e degli insegnanti e soprattutto uno studio più specifico sui minori di dieci anni e delle cause del comportamento aggressivo non legate all'uso dei videogiochi. 

Per finire, l'APA raccomanda il proseguimento dell'analisi del comportamento aggressivo e dell'eventuale condizionamento dei videogiochi, ma in un'ottica più ampia che vada  esplorare il mondo intorno al giocatore, senza contare l'esistenza pregressa di atteggiamenti aggressivi.

In breve, il prossimo Doom Eternal non ci farà diventare tutti come il doomslayer (anche perché ci mancano l'armatura e il BFG 3000), ma sarebbe meglio se genitori e educatori prestassero più attenzione al mondo dei loro figli per prevenire se non altro preoccupanti cali di empatia e di legami sociali.

Voi cosa ne pensate, i videogiochi sono il nuovo diavolo come lo era il rock o solo l'ennesimo capro espiatorio?