Ok, Terminator: Dark Fate è effettivamente uscito la settimana scorsa, ma questa settimana la notizia sui suoi risultati al botteghino è comunque quella più letta, e vale la pena fare qualche considerazione. Siamo ormai abituati, ogni volta che esce un seguito/remake/reboot a leggere discorsi tipo "sono finite le idee?", "perché invece non prendono un po' di romanzi di fantascienza e traggono film da quelli?", eccetera. In realtà film e serie tratte da romanzi ce ne sono sempre di più in effetti, e non ci sentiamo neanche di condannare a prescindere l'idea di lavorare su idee già esistenti: dopotutto quando si va a teatro non è che si esclama "ma ancora Amleto? sono finite le idee?". La ripetizione, la continuazione, la riproposizione in chiave diversa sono sempre esistite nello spettacolo e nell'arte. Non li ha inventati James Cameron.
E tuttavia, crediamo ci siano anche delle lezioni da apprendere. Una lezione piuttosto chiara, ci sembra, è che certi serial semplicemente non-fun-zio-na-no. Non è che riprendendo quell'attore o quel produttore cambi qualcosa. Certe idee, proprio, non hanno abbastanza succo per essere diluite all'infinito. Ora, il primo Terminator era bello. Il primo Alien era bello. I rispettivi secondi, e già è stato un caso raro, erano persino più belli dei primi. Questo forse ha tratto in inganno. Perché tutto il resto che è venuto dopo semplicemente era noia.
E se nemmeno la magia di James Cameron riesce a fare il miracolo (ma lo stesso vale per Ridley Scott) forse si potrebbe anche mettersi la mano sul cuore e staccare la spina, evitando ulteriore accanimento terapeutico.
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