La giovane regista indiana Arati Kadav, laureata in scienzie dell'informazione e ingegneria presso l'Indian Institute of Technology di Kanpur ha raccontato in una intervista all'Huffington Post India di avere sempre avuto una grande passione per la fantascienza, citando autori come Ted Chiang e Jorge Luis Borges tra i suoi preferiti, nonché visti come più simili alle filosofie indiane rispetto alla fantascienza occidentale.
Così la Kadav lasciava il suo lavoro presso la Microsoft per realizzare il suo primo corto, Time Machine, una sorta di favola su un giovane scienziato che costruiva una macchina del tempo usando pezzi di cartone e articoli da cancelleria.
Ma la Kadav mirava più in alto, verso lo spazio, con il film Cargo.
Spiritualità e fantascienza
Non esistono esseri umani nel mondo immaginato dalla regista. Ambientato ai giorni nostri ma con una tecnologia molto più avanzata, la Terra è abitata dagli Homo Rakshasa, discendenti da demoni della mitologia indiana descritti sempre come mostri assetati di sangue, con non poche somiglianze peraltro con la mitologia classica (diciamo omaggiata dagli anglosassoni) occidentale sui vampiri, in quanto non solo sono succhiasangue, ma possono volare, svanire e hanno il potere dell'illusione chiamato Maya, ovvero di cambiare dimensioni e forme e diventare qualsiasi animale (tipo un pipistrello potremmo dire).
Le cose cambiano
Ma gli Homo Rakshasa sono sofisticati, svegli, confusi e complessi come gli esseri umani e sviluppano poteri al raggiungimento della pubertà.
Ed ecco entrare in scena le astronavi: in orbita intorno alla Terra e guidate da un piccolo equipaggio, accolgono i deceduti che vengono teletrasportati da loro, li curano, cancellano la loro memoria e li rimandano sulla Terra.
Quello che più colpisce è la capacità della regista di aver saputo creare un mondo così iperdettagliato, dai termini scientifici alle macchine, da sembrare reale, oltre a diventare un perfetto connubio tra le mitologie indiane e la fantascienza.
E la sua forza è stata nel creare una storia umana, divertente, con una complessa storia di sfondo e soprattutto, sempre sorprendente.
Non è stato un pic-nic
La Kadav aveva gettato le basi di Cargo già nel 2017 e la preproduzione era andata avanti per sei mesi prima che il film fosse cancellato. Il motivo fondamentale, in India come nel resto del mondo, era che nessuno aveva fiducia in una regista donna, ancora di più se esordiente. Così lei decise di contattare persone di cui si fidava e che si fidavano di lei, creando una produzione composta di interamente di personaggi della troupe alle prime armi: il direttore della fotografia, il tecnico agli effetti speciali visivi, il compositore della colonna sonora, il montatore, erano tutti al loro primo film.
La regista paragona Cargo a Gravity, uno dei suoi film preferiti, anche se ammette che sicuramente aveva un milionesimo del loro budget per realizzare il suo film.
Infine la Kadav dice che la fantascienza aveva avuto una serie di false partenze in patria, così ha voluto raccontare una storia nella quale chiunque in India potesse riconoscersi e unirla alla fantascienza.
Dopo essere stato presentato al Mumbai Film Festival nell'ottobre di quest'anno, Cargo è previsto in uscita in India in un punto indefinito del 2020, vi terremo al corrente di una eventuale distribuzione internazionale o del più probabile arrivo su Netflix e vi lasciamo con il primo teaser trailer:
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