Bloody Sunday di Paul Greengrass, Orso d'Oro a Berlino ex-aequo con Spirited Away di Hayao Miyazaki, è sicuramente una delle migliore pellicole nelle sale italiane, un film non bellissimo, ma che ha il pregio di mettere alcuni puntini sulle i e, forse, restituire un po' di spirito critico al pubblico italiano addomesticato a sorbirsi frattaglie cinematografiche come Star Wars e The Time Machine, e chi più ne ha più ne metta. E' d'obbligo ricordare che il Concorso berlinese si è aperto con un film molto atteso, Bloody Sunday per l'appunto, film molto discusso e preceduto dalla fama di un premio al Sundance di Robert Redford.

Bloody Sunday, deve esser visto come un documentario dove agli attori veri si mescolano alcuni protagonisti reali dei fatti narrati; il film racconta la drammatica giornata del 30 gennaio 1972, quando i soldati britannici spararono sui dimostranti a Derry, Irlanda del Nord: quel maledetto giorno 13 furono le vittime innocenti che rimasero a terra, per lo più adolescenti, mentre moltissimi furono i feriti e incalcolabili le conseguenze politiche sul processo di pace. Dopo i tragici eventi del 30 gennaio 1972, l'IRA è oggi famosa, nel male e nel bene, nella memoria degli irlandesi e in tutti quanti hanno memoria per la storia contemporanea. Il film, coprodotto dall'americana Hell's Kitchen e finanziato anche dagli inglesi (strano, molto strano!), è una ricostruzione dei drammatici avvenimenti di quel giorno: la pellicola è sì una ricostruzione "storica" ma è palesemente schierata e militante.

Il colore della pellicola è volutamente denaturato e il serrato montaggio alternato, quasi a scattare istantanee degli accadimenti tengono lo spettatore con il fiato sospeso e incollato alla poltrona. La preparazione della manifestazione pacifica per i diritti civili organizzata da un deputato protestante, ma votato alla causa dei cattolici, seguace di Martin Luther King e pacifista (il James Nesbitt di Lucky Break) innesca la furia degli inglesi, che nel film sono descritti senza mezze misure come dei carnefici facisti.

L'ordine dato al corpo inglese dei parà è quello di andarci giù duro usando proiettili veri al posto di quelli di plastica: nonostante fosse chiaro che le vittime non erano armate se non, in qualche caso, di sassi, i militari inglesi hanno aperto il fuoco senza guardare in faccia nessuno; da notare che a tutt'oggi nessun militare è stato processato per i fatti Londonderry, anzi quanti hanno partecipato alla crudele inumana operazione militare sono stati promossi per meriti sul campo di battaglia e persino decorati, insomma c'è di che rabbrividire, poco ma sicuro.

Il film racconta il 30 gennaio 1972 dall'alba al tramonto, dall'arrivo di migliaia di soldati nelle strade della città assediata, fino allo scontro violento tra le truppe scelte del reggimento di parà britannici e la folla di dimostranti. Il tutto è visto e analizzato attraverso lo sguardo di quattro uomini, Ivan Cooper, un idealista leader del movimento per i diritti civili, Gerry Donaghy, un ribelle cattolico di diciassette anni, il brigadiere Patrick MacLellan a capo dell'esercito britannico a Londonderry e un giovane radio operatore dei parà.

Bloody Sunday racconta un episodio drammatico della storia europea, un episodio che in molti hanno dimenticato o che hanno preferito dimenticare per ragioni di convenienza: l'episodio ha innescato una guerra civile che dura da quasi trenta anni. Il film sembra quasi perorare la causa dell'IRA, non è imparziale, e purtroppo questa è una pesante tara della pellicola che la invalida non poco all'occhio attento del pubblico e della critica.

Sicuramente il 30 gennaio 1972 è ancora una ferita rimasta aperta nel cuore e nella memoria cattolica irlandese, una ferita così grande che forse il governo inglese sarà costretto ad aprire una nuova inchiesta, per quel che può valere e significare. La prima inchiesta, aperta subito dopo i tragici eventi di quel 30 gennaio, portò ad assolvere l'esercito inglese; e se è vero che la storia si ripete, allora è già tutto detto.

La colonna sonora del film è Sunday, Bloody Sunday degli U2, una canzone-manifesto che si sente solo durante lo scorrimento dei titoli di coda quasi a significare che l'Irlanda non dimentica e che non è disposta a perdonare così come è più che mai decisa a continuare la sua battaglia... forse con ogni mezzo possibile! Stranamente la pellicola è finanziata anche da parte degli inglesi: con questo finanziamento al film di Greengrass, gli inglesi forse credono di riparare alle violenze che commisero? Se così fosse, quello degli inglesi è un riscatto morale, etico e umano davvero magro, molto magro, una buffonata per dirla tutta.

Come già evidenziato il film di Paul Greengrass non è imparziale: quello che poteva essere un capolavoro, è invece una drammatica testimonianza di parte, drammatica ma comunque di parte.