Negli ultimi anni, due romanzi esplicitamente fantascientifici opera di autori non di genere, si sono imposti all'attenzione del grande pubblico grazie alle trasposizioni cinematografiche: il primo è Non lasciarmi (2005) del premio Nobel Kazuo Ishiguro da cui Alex Garland ha tratto la sceneggiatura per il film di Mark Romanek; e il secondo è Il racconto dell'ancella, romanzo del 1985 a cui è ispirata la serie TV di successo di Hulu.
Se ne parlo insieme non è unicamente per il successo delle rispettive trasposizioni anche fuori dal fandom (che ha avuto anche una ricaduta sulle vendite dei romanzi); ma soprattutto perché credo che entrambi siano esemplificativi dell'approccio diverso e in alcuni casi virtuoso degli scrittori non di genere quando affrontano tematiche fantascientifiche.
Si tratta in entrambi i casi di opere di confine tra la distopia e l'ucronia.
Il mondo di Non lasciarmi è il nostro passato (anni '80-'90 del Novecento) come sarebbe stato se gli esperimenti sulla clonazione umana avessero permesso di generare una riserva di organi da sostituire all'occorrenza, prolungando l'aspettativa di vita ben oltre i cento anni. Un'utopia che mostra la sua faccia terribile non appena ci rendiamo conto che Ishiguro ha adottato il punto di vista dei cloni, i donatori il cui unico scopo nella vita è quello di sottoporsi a quattro-cinque interventi prima di «completare il ciclo».
Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood è ambientato Repubblica di Galaad, originatasi dalla disgregazione degli Stati Uniti, un'oligarchia di fondamentalisti cristiani in cui le donne hanno un ruolo subordinato di mogli, serve o ancelle: queste ultime sono strumenti di procreazione per le famiglie dei Comandanti; una volta ingravidate e partorito l'erede del Comandate possono essere assegnate a una nuova famiglia, con tutti gli onori di donne fertili in una società sempre più sterile. Pur essendo ambientato in un vicino futuro, il fittizio saggio che chiude il romanzo colloca l'esistenza di Galaad in un passato ormai concluso e oggetto di analisi storica, di cui la narrazione dell'ancella costituisce un raro documento.
Non mi dilungo oltre sulle trame di questi bellissimi romanzi, molto diversi per epoca, tematiche e approccio narrativo, eppure accomunati dal fatto che gli autori non sono etichettati come scrittori di fantascienza: se la Atwood ha scritto anche altri romanzi di genere, Ishiguro ne ha preso le distanze in diverse occasioni.
Ciò che qui ci interessa è proprio capire quali novità questi romanzi possono portare alla fantascienza: a mio modo di vedere sia Il racconto dell'ancella che Non lasciarmi ribaltano la relazione tra società e personaggi.
Il classico racconto distopico ci descrive una società oppressiva contro cui l'eroe –spesso suo malgrado – si trova a combattere, e alla fine vincere o soccombere. Il personaggio principale, vittorioso o sconfitto, è comunque protagonista della Storia con la maiuscola, la sua vicenda personale entra in conflitto con quella collettiva.
Niente di tutto questo nei romanzi di Atwood e Ishiguro, i cui protagonisti sono tra le tante vittime cadute tra le maglie della Storia, e la cui ribellione al limite può essere individuale, mirare a una piccola conquista personale più che alla distruzione di un regime la cui solidità non può essere scalfita.
Kathy e Tommy, i giovani protagonisti di Non lasciarmi, si illudono che il reciproco amore possa prolungare per un poco le loro vite comunque condannate, differendo di qualche anno le donazioni di organi. Uno spunto che un autore di fantascienza young adult avrebbe saputo sfruttare per una lotta in cui la forza dell'amore vince sul regime oppressivo; i cloni sono anche loro esseri umani e hanno il diritto di vivere quanto chi nasce con la riproduzione sessuata.
Invece la riflessione di Ishiguro si muove su un piano diverso: non c'è nessun diritto di vivere, tutte le vite in fondo sono condannate alla morte, i cloni quanto i «normali», ciò che cambia non è tanto la durata ma come quella vita viene vissuta. Kathy e Tommy hanno sprecato gran parte del loro tempo, non hanno saputo esprimere i sentimenti che provavano finché non è stato troppo tardi, e questo sentimento è alla base del tono dolente che percorre il romanzo fin dalle prime pagine.
È un monologo senza speranze, quello di Kathy H., in cui fin dall'inizio ci viene annunciato che il tempo è finito, e quella che stiamo leggendo è una storia conclusa: per quanto ci affezioneremo ai protagonisti, soffriremo e gioiremo con loro, non potremo mai cambiare il finale.
Quello di Ishiguro è un approccio sottilmente realistico alla distopia; molti si sono chiesti perché in quelle condizioni nessuno si ribelli oppure pensi al suicidio, sorprendendosi di un atteggiamento che è comune alla maggior parte dell'umanità: tutti subiamo ingiustizie, viviamo sofferenze e delusioni, vediamo morire le persone che amiamo e infine «completiamo il ciclo»; eppure quanti di noi si ribellano a questa condizione, quanti hanno solo la semplice intuizione che le cose potrebbero andare diversamente? La maggior parte dell'umanità accetta la vita così come viene, e ci meravigliamo se i cloni di Ishiguro fanno lo stesso?
La situazione di Difred ne Il Racconto dell'ancella è diversa: al contrario dei protagonisti di Non lasciarmi, lei è vissuta nel nostro mondo, negli Stati Uniti democratici; aveva un lavoro, una casa, una relazione con un uomo divorziato da cui è nata una bambina. Nulla poteva farle sospettare che di punto in bianco avrebbe perso tutto. La vicenda del romanzo si svolge appena un anno dopo il colpo di stato, le ancelle non solo ricordano la loro vita passata, ma ne sono appena state strappate. Per questo, a differenza dei cloni di Ishiguro, non credono che quella che conducono sia l'unica vita possibile; se obbediscono, se si sottomettono alla cattività e agli stupri legalizzati è solo per paura, se non provano a fuggire o si tolgono la vita è solo nella speranza di rivedere i figli che sono stati loro sottratti (le ancelle sono donne che hanno già dato prova, nella vita precedente, di essere fertili). Su tutte loro incombono gli Occhi, il capillare sistema di spie che potrebbero nascondersi anche tra le stesse ancelle, al punto da renderle diffidenti l'un l'altra e rendere molto difficile l'organizzazione di una rivolta. Del resto, chi ci prova è punita in una pubblica lapidazione per mano delle stesse ancelle.
Come si vede, qui l'aspetto distopico è in un certo senso più tradizionale, essendo affidato a un regime di polizia, mentre nel romanzo di Ishiguro la coercizione è interiorizzata nella stessa natura umana dei cloni.
Ma anche la narrazione della Atwood si discosta dai meccanismi del romanzo distopico, presentandosi come un diario intimo di una donna che soffre per la propria condizione, cerca con i pochi mezzi che ha di liberarsi, ma soprattutto ricorda il passato felice, in cui non ha saputo cogliere i germi della catastrofe, ora evidenti.
La Atwood sembra dirci che ciò che oggi diamo per scontato, libertà, democrazia, parità di diritti, sono in realtà conquiste molto fragili; da un giorno all'altro potrebbero esserci sottratte, e allora non avremo armi per difenderci, se abbiamo sottovalutato tutti i segnali, chiuso gli occhi di fronte alle quotidiane ingiustizie e al progressivo allentarsi del pensiero democratico.
Un regime totalitario non è qualcosa che appartiene al passato o ai paesi ancora «non civilizzati», potrebbe esserci imposto qui, domani, se rinunciamo a combatterne oggi i suoi propugnatori.
Un aspetto di grande attualità del romanzo, che ricordo scritto negli anni Ottanta del secolo scorso, è che alle radici del regime di Galaad c'è la catastrofe ambientale; guerre, inquinamento, crollo demografico sono gli argomenti su cui i Comandanti fondano la loro propaganda e giustificano la coercizione sui corpi femminili.
Come abbiamo visto, i problemi sollevati da Il Racconto dell'ancella e Non lasciarmi sono complessi e di grande attualità. Se il primo ci invita a riflettere sulla labilità delle conquiste civili e quanto facilmente si possono perdere in un'epoca di crisi, il secondo ci chiede, tra l'altro, a quanta umanità saremmo disposti a rinunciare in nome del prolungamento delle nostre vite.
Tuttavia entrambi i romanzi hanno un approccio intimista alla problematica fantascientifica, tipico di autori che non scrivono fantascienza. Non è un caso se, dal punto di vista stilistico, entrambi gli autori adottano un monologo interiore affidato a una voce femminile accorata, dagli accenti elegiaci.
Siamo abituati a pensare il nostro genere come « letteratura di idee » e sotto questo etichetta vanno molti dei capolavori della SF; ma non dobbiamo dimenticare che il romanzo è anche e soprattutto storia di individui e riflessione sull'esistenza umana « in quella trappola che è diventata la storia » citando Milan Kundera. Ecco cosa ci ricordano autori come Atwood e Ishiguro, grazie alla loro prospettiva esterna, che si rivela sempre più interessante in un'epoca in cui la tecnologia immaginata dalla fantascienza è realtà, incide sulle nostre vite di ogni giorno.
È salutare, di tanto in tanto, spostare lo sguardo dalle idee agli esseri umani e riflettere sull'impatto che quelle idee possono avere nella vita di ciascuno di noi.
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