L'idea del Complotto contro l'America è contenuta in germe in uno dei romanzi più noti di Philip Roth, Pastorale Americana:
E, naturalmente, il rapimento Lindbergh a Hopewell, nel New Jersey, il sequestro e l’assassinio del bambino di Charles A. Lindbergh, il famoso aviatore transatlantico: anche questo episodio viene sensazionalmente rievocato dai giornali, che ripubblicano dettagli vecchi di trent’anni sulla domanda di riscatto, sul cadavere martoriato del piccino, sul processo Flemington, ristampando estratti da giornali dell’aprile 1936 sull’esecuzione sulla sedia elettrica del rapitore e assassino, un carpentiere immigrato di nome Bruno Hauptmann […] L’eroe Charles Lindbergh: filonazista, filohitleriano, e un cosiddetto eroe nazionale di questo paese.
Potrebbe stupire il lettore della saga di Zuckermann lo sconfinamento di Roth nei territori del fantastico e della fantascienza, ma a ben vedere non è la prima volta; il Complotto contro l'America infatti è solo l'ultimo di una serie di romanzi che poco hanno a che vedere con il realismo: dove collocare infatti Operazione Shylock e La controvita?
Tuttavia con il Complotto l'autore di Newark scrive un'opera di fantascienza vera e propria, un'ucronia sugli Stati Uniti filonazisti nella migliore delle tradizioni.
La diramazione da cui prende le mosse la storia alternativa è l'elezione presidenziale del 1940: a contrastare l'amato Roosevelt si candida un eroe nazionale, altrettanto amato, la cui vicenda famigliare ammanta di un aspetto tragico. Charles Linbergh, antisemita, « filonazista e filohitleriano » viene dunque eletto per il Partito Repubblicano.
Ma se le premesse non sono nuove, fin dall'incipit il romanzo mostra la sua alterità:
La paura domina questi ricordi, un’eterna paura. Certo, nessuna infanzia è priva di terrori, eppure mi domando se da ragazzo avrei avuto meno paura se Lindbergh non fosse diventato presidente o se io stesso non fossi stato di origine ebraica.
Il complotto contro l'America non è infatti una semplice storia alternativa, quanto piuttosto un'autobiografia alternativa, un'ucronia prettamente individuale e famigliare. È la storia della famiglia Roth se questa si fosse svolta non nell'America democratica e antinazista, ma in un regime collaborazionista; è la storia di Philip stesso, quella che gli sarebbe toccata se invece di crescere da libero cittadino del Nuovo Mondo, avesse condiviso il destino degli ebrei del Vecchio Continente.
Vittime da sempre di pregiudizi, le famiglie ebree di Newark vengono gradualmente private dei diritti, fatte oggetto di ostruzionismo e infine costrette a traslocare smembrando la comunità e indebolendo ogni capacità di resistenza.
I ricordi alternativi di Roth sembrano intessuti del senso di colpa dell'ebreo americano che negli anni più bui ha vissuto la sua giovinezza spensierata, sfuggendo alle terribili persecuzioni dei propri fratelli europei. Certo gli ebrei americani hanno combattuto il nazismo, molti sono morti nella guerra insieme a milioni di soldati di ogni nazionalità, ma la generazione di Roth è stata anche quella che ha vissuto il sogno americano, quella delle seconde e terze generazioni di immigrati che hanno costruito la loro fortuna in America, i tanti Seymour Lebov che hanno vissuto il sogno americano mentre nella loro terra d'origine tutto crollava.
Sul finire della sua vita, Roth torna indietro e prova a calarsi nei panni di chi non ha avuto la sua stessa fortuna; abbandona per una volta il suo alter ego Nathan Zuckermann per vivere, almeno nell'immaginazione, le persecuzioni antisemite sulla sua stessa pelle e su quella delle persone che ama.
Roth ha un rapporto controverso con l'autobiografia. Quella scritta nel 1988 I fatti è tutto meno che un'opera prettamente biografica: se pesiamo che si apre con una lettera a Zuckermann in cui l'autore si scusa di non attribuire, per una volta, i « fatti » della propria vita al suo alter ego, e si chiude con una lettera di Zuckermann che gli rimprovera di essere meno autentico quando scrive di sé.
Sebbene Il complotto si legga benissimo autonomamente, l'esperienza è più ricca per chi conosce alcune opere dell'autore (oltre ai Fatti, almeno Il lamento di Pornoy), perché potrà rileggere alcuni episodi già noti, rielaborati nel nuovo contesto.
Eppure, se si trattasse solo di un'autobiografia alternativa, ci troveremmo di fronte a un'opera autoreferenziale. Per capire la grandezza di questo romanzo, che lo pone ai vertici della produzione di Roth, dobbiamo tornare a Pastorale americana. Dopotutto, i due romanzi non raccontano forse, da prospettive diverse, la perdita del Paradiso promesso e lo sprofondamento del sogno americano nell'incubo?
Attraverso la lente distorta dell'ucronia Roth non ci mostra solo la terribile cecità sua e di un'intera generazione che ha prosperato mentre altrove il mondo crollava; sembra dirci anche che il sogno americano è costruito interamente su quella cecità.
Lindbergh è il simbolo di un'America che non è molto migliore della Germania nazista o dell'Italia fascista, il germe di quel male che da noi ha trovato terreno fertile in Hilter e Mussolini, ma che sarebbe potuto germogliare altrove, se solo gli eventi fossero stati appena appena diversi; quello che crediamo il faro di tutte le libertà sarebbe potuto essere il luogo dell'orrore.
Non so se Roth avrebbe definito Il complotto contro l'America un romanzo di fantascienza, anche se dubito che abbia potuto ignorare l'esempio dickiano (oltre alla Svastica sul sole, ricordo almeno un episodio di Ubik in cui un tassista filonazista elogia i discorsi di Lindbergh); ma in questo caso le intenzioni hanno poca importanza: noi lettori sappiamo che proprio la prospettiva fantascientifica permette all'autore-narratore di spostare costantemente la riflessione da ciò che è stato a ciò che sarebbe potuto essere, rivelandoci qualcosa che nessun romanzo realistico sulla seconda guerra mondiale potrà dirci con altrettanta forza: che potrebbe succedere ovunque.
In questo preciso momento storico – nel mondo fuori dalla realtà per dirla con Isaac Asimov – mentre assistiamo impotenti alla negazione di diritti di categorie sempre più ampie, quando siamo tentati di dire che non potrà succedere più, sarebbe il caso di ripeterci questo messaggio.
E magari rileggere Il complotto contro l'America con occhi nuovi.
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