Poteva la Marvel Comics farsi sfuggire l'occasione di avere un eroe portabandiera che si chiamasse Captain Marvel? No di certo, e così nel 1967, Stan Lee e Gene Colan diedero alle stampe il primo numero della serie dedicata a Captain Marvel, un alieno Kree di nome Mar-Vell inviato sulla terra per spiarne le difese e prepararne, forse, l'invasione e la conquista.
La scelta del momento fu anche dettata dalla temporanea sospensione della testata DC dedicata a Captain Marvel (l'eroe che ora conosciamo come Shazam e che tra poco apparirà anche al cinema) il che permise una furbesca manovra di uscita e registrazione della testata da parte di mamma Marvel, non scevra di conseguenze anche legali e processuali.
Il primo Captain Marvel vestiva una tuta bianca con elmetto verde e pistola a raggi che riecheggiavano molto la fantascienza avventurosa di Buck Rogers o Flash Gordon, ma ben presto nelle sue storie comparvero i problemi di coscienza, antimilitarismo e, perché no, di cuore, con un triangolo quasi quadrilatero in cui Mar-Vell e Una (la sua amata Kree) vengono messi in crisi da una “certa” Carol Danvers che flirta con l'identità umana di Mar-Vell (lo scienziato dottor Lawson), nonché dalla concupiscenza di Yon Rogg, superiore di Mar-Vell nei confronti di Una.
A poco a poco, Captain Marvel diventa il protettore della Terra fino a subire una metamorfosi dei poteri e del costume, assumendo quello nero e rosso e finendo intrappolato nella zona negativa dalla quale però riesce a fuggire solo quando Rick Jones, il giovanotto intraprendente e senza poteri dell'universo Marvel, unisce i braccialetti (chiamati Nega Bande) che ha trovato grazie alla Suprema Intelligenza Kree e messo ai polsi.
E qui, ammettiamolo, il paragone tra Billy Batson e Shazam ci sta tutto.
Questa incarnazione di Mar-Vell riuscirà a scontrarsi una volta e per tutte con Yon Rogg (che lo odia sopra ogni essere vivente) provocando una deflagrazione tale da ucciderlo, investendo allo sptesso tempo Carol Danvers del potere cosmico, trasformandola in Ms. Marvel.
E fin qui stiamo parlando della gestione di Roy Thomas e Gil Kane, quando, ad un tratto, arriva Jim Starlin.
Attenzione, stiamo parlando del vero architetto dell'Universo Galattico Marvel, di colui che nel giro di una ventina di storie porrà le basi sulle quali poggeranno tutte le saghe Marvel di argomento galattico negli anni a venire.
È Jim Starlin il papà di Thanos, il titano follemente innamorato della Morte al punto da voler annientare la vita nell'universo pur di conquistare l'amata. Le sue storie sono di quanto più psichedelico si possa trovare in ambito galattico nei fumetti dell'epoca, e non sfigurano né con la gestione di Ditko del Dottor Strange né con lo Steranko di Nick Fury o Capitan America (ovviamente tutta la produzione di Jack “The King” Kirby è la sorgente d'ogni cosa), in quel felicissimo periodo in cui i fumetti sono diventati vera Pop Art.
La genesi di Thanos è comunque il cardine sul quale Starlin poggia tutto il suo cosmo, tanto da utilizzare il titano anche quando prenderà le redini di un altro campione galattico: Adam Warlock (sempre dopo la gestione Roy Thomas/Gil Kane, che coincidenza!), ed è tuttora il titano ad essere uno dei personaggi per il quale è universalmente apprezzato, uno dei cattivi più affascinanti dei fumetti che, se pur forse ispirato al Darkseid che Kirby poco tempo prima aveva ideato per la DC nel suo capolavoro del Quarto Mondo, ha poi percorso strade autonome che lo hanno portato a definire un personaggio estremamente sfaccettato e problematico.
Ma Starlin è anche colpevole di aver ucciso il Protettore dell'Universo, ucciso in maniera definitiva e irrimediabile, e non per mano di un Titano, ma per un cancro.
Se non avete mai letto la Morte di Capitan Marvel è ora di farlo, o magari, di rileggerla.
Perché è una di quelle storie scritte e disegnate in stato di grazia, che mantengono inalterato il valore e la fascinazione della prima volta.
Omettendo volontariamente di parlare degli epigoni più o meno felici di Marvel (Monica Rambeau, Genis-Vell, Phyla-Vell e Noh Varr) occupiamoci di chi davvero prenderà il manto del Protettore: Carol Danvers alias Ms. Marvel.
Una delle supereroine più contraddittorie della Marvel Comics, potente, forse anche troppo, ma femmina in un mondo di maschi, non dotata dell'ironia della She Hulk di Byrne, e quasi sempre vista come “eroina collaterale”. Questa sua condizione l'ha costretta ad attraversare mille vicende, indossare tanti contraddittori costumi (che nulla avevano da invidiare alle supersexy eroine mutanti di Jim Lee) e ondivagare tra essere una outsider alcolizzata, un consapevole supereroe, una entità cosmica, legarsi ad un gruppo piuttosto che ad un altro fino a trovare la sua definitiva dimensione nel gruppo dei Vendicatori dei quali diventa leader.
Ma è nel 2012 (probabilmente in previsione del suo ruolo nel MCU) che viene finalmente insignita del titolo di Captain Marvel e di una testata personale che restituisce all'universo fumettistico un eroe degno del nome e del ruolo, introducendo allo stesso tempo un personaggio femminile forte e perfetto per i tempi nuovi.
È questo il personaggio dal quale viene mutuato quello del MCU, e anche se le sue origini vengono rimescolate e adattate alle esigenze cinematografiche, non possiamo che apprezzare di avere in lei il primo gradino che porterà i film ad aprirsi alle avventure galattiche che fino ad ora sono state solo accennate.
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